Biotecnologie vegetali tra prudenza e diritto

Convegno all’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”

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di Antonio Gaspari

ROMA, domenica, 21 marzo 2010 (ZENIT.org).- Si è svolto giovedì 18 marzo a Roma il convegno sul tema “Biotecnologie tra sviluppo, bioetica e diritto” organizzato dall’Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma in collaborazione con l’Università Europea di Roma (UER).

Presentando il convegno padre Paolo Scarafoni, Rettore della UER, ha spiegato che la Chiesa cattolica è molto attenta a tutto ciò che riguarda le persone, il loro sviluppo e la loro alimentazione.

Citando la lettera Enciclica Caritas in veritate, padre Scarafoni ha ricordato che il Pontefice, nel capitolo dedicato alla crisi alimentare mondiale, ha scritto che “potrebbe risultare utile considerare le nuove frontiere che vengono aperte da un corretto impiego delle tecniche di produzione agricola tradizionali e di quelle innovative, supposto che esse siano state dopo adeguata verifica riconosciute opportune, rispettose dell’ambiente e attente alle popolazioni più svantaggiate”.

“Le biotecnologie vegetali – ha precisato il Rettore della UER – si collocano tra profitto e carità e possono essere una speranza tecnologica per lo sviluppo dei popoli”.

La UER – ha ricordato poi – e prima ancora l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” hanno sollevato la discussione sulle biotecnologie vegetali già dieci anni fa nella prima edizione del Master di Scienze Ambientali.

Monsignor Lorenzo Leuzzi, Direttore della Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma, ha illustrato come tale convegno si collochi nel programma della settimana culturale dedicata alla scienza e alla tecnologia (dal 14 al 21 marzo) e miri ad approfondire il rapporto tra metodo e verità scientifica, tra natura e cultura.

Per monsignor Leuzzi bisogna considerare con raziocinio e saggezza le implicazioni della variazioni genetiche in agricoltura, senza tralasciare il piano antropologico e quello culturale.

Il prof. Alberto Gambino, coordinatore del centro Dipartimentale per la Ricerca della UER, ha affermato che il convegno in oggetto è una dimostrazione di quanto siano libere e aperte di vedute le Università di ispirazione cristiana come la UER.

Il prof. Francesco Sala, ordinario di Botanica e direttore dell’Orto Botanico presso l’Università degli studi di Milano, ha risposto ai tanti dubbi che sono stati sollevati circa l’utilizzazione di piante geneticamente migliorate (Gm).

Ha spiegato come prima del 1999, quando tutti gli studi e le sperimentazioni sono state bloccate, i ricercatori italiani erano tra i migliori al mondo.

Tra le piante Gm di ideazione italiana figura il pomodoro San Marzano che ormai quasi distrutto dai parassiti era stato ingegnerizzato e pronto alla nuova produzione.

Il prof. Sala ha dimostrato come sia dal punto di vista scientifico che da quello sanitario, le piante Gm siano migliori di quelle tradizionali.

Un risultato riconosciuto anche dalla Unione europea, la quale pur essendo notoriamente critica, ha condotto uno studio dal 1986 fino al 2001, finanziato con 70 milioni di euro, con 400 centri di ricerca pubblica coinvolti, i cui risultati affermano che “le piante Gm sono pari se non migliori di quelle tradizionali”.

Il prof. Giuliano D’Agnolo, già Direttore del Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze dell’Istituto Superiore di Sanità e attuale vice presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita, ha mostrato gli enormi avanzamenti apportati dalle biotecnologie nel campo della medicina.

Sono attualmente presenti nel mercato più di 230 farmaci sviluppati per via biotecnologica, dalla produzione dell’insulina fino ai nuovi farmaci anti tumorali.

La ricerca sui geni ha fatto compiere passi da gigante alla conoscenza scientifica, anche se persistono molti luoghi comuni e cattive percezioni di tale ricerca.

Il prof. D’Agnolo ha infatti sconsigliato di prestarsi all’analisi del proprio genoma con l’idea di conoscere a quale malattie si è predisposti, perchè sul piano della realtà non è affatto verificato che le predisposizioni diventino malattie.

Il prof. Giuseppe Bertoni, Direttore dell’Istituto di Zootecnia presso l’Università Cattolica di Piacenza, ha mostrato quanto sia necessario sviluppare piante geneticamente selezionate al fine di aumentare e migliorare la produzione e ridurre la superficie utilizzata.

Il docente della Cattolica di Piacenza ha ricordato che su una superficie delle terre emerse: di 148.647.000 kmq, solo l’11,5% del totale è coltivata.

Dalla terra coltivata e da quella destinata agli allevamenti l’umanità produce una quantità tale di derrate alimentari che sfamano la quasi totalità (sei miliardi e 500 milioni) delle persone che popolano il pianeta Terra.

Nel 2025 le proiezioni prevedono una popolazione mondiale di 8 miliardi di persone. A questo proposito, il prof. Bertoni ha spiegato che non sarà possibile scegliere sistemi di produzioni arretrati o biologici, perchè questo significherebbe utilizzare almeno la metà della superficie emersa, tagliando boschi ed erodendo terreni.

Bertoni ha spiegato anche come con le piante Gm aumenti la disponibilità e diminuisca il prezzo.

Padre Gonzalo Miranda, ordinario di Bioetica presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ha precisato il senso del principio di precauzione, che è virtuoso solo se favorisce lo sviluppo e la responsabilità, altrimenti diventa dannoso e irresponsabile.

Il prof. Andrea Stazi docente di Diritto privato comparato presso la UER, ha illustrato l’evoluzione delle diverse legislazioni nazionali ed europee in merito agli OGM, chiarendo come la sentenza della Corte di Stato del 19 gennaio scorso confermi il diritto degli agricoltori che desiderano coltivare i prodotti già autorizzati in sede europea.

Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra, l’associazione di agricoltori che intendono coltivare mais OGM, ha illustrato le ragioni delle sue richieste, precisando che attualmente gli agricoltori italiani sono penalizzati perchè impediti a coltivare con le sementi migliori.

“I raccolti sono falcidiati da diabrotica e piralide, (due parassiti molto resistenti) – ha spiegato Dalla Libera – la produzione e la produttività calano, la qualità si riduce, stiamo aumentando le dosi fitofarmaci e parte del nostro mais non viene accattato nei mercato internazionali”.

“Non capiamo perchè ci viene impedito di trovare una giusta soluzione utilizzando sementi Gm, autorizzate dall’Europa e coltivate negli altri paesi?”, ha chiesto Dalla Libera.

Il vicepresidente di Futuragra ha concluso affermando di voler mettere a disposizione i suoi campi con sementi OGM a scienziati e altri agricoltori come prova sperimentale per una migliore produzione di mais.

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ZENIT Staff

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