ROMA, venerdì, 19 marzo 2010 (ZENIT.org).- “Il sogno di allargare le generazioni dei politici cristianamente ispirati passa attraverso la capacità di educare e formare al senso della cittadinanza e dello Stato, della legalità e dell’impegno nella società civile”. E’ quanto ha detto il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), il Cardinale Angelo Bagnasco, intervenendo giovedì a Milano a un incontro organizzato da Comunione e Liberazione e incentrato sul tema “L’avventura educativa”.
Nel suo discorso il porporato ha affermato che “l’appello alla partecipazione e alla passione, merce troppo rara nel nostro attuale contesto, se non vuol essere solo retorico, chiede energie e risorse da destinare all’educazione delle giovani generazioni”.
Giovani generazioni, ha osservato, “che, se hanno ricevuto, dandola per scontata, la democrazia, troppo spesso non sembrano in grado di abitarla e viverla in riferimento ai valori fondamentali della giustizia, della libertà e della pace”.
“Conosciamo i limiti e gli errori della condizione umana, ma ciò non può oscurare l’esperienza secolare della comunità cristiana”, ha poi continuato.
“A volte, a fronte di tante situazioni di violenza vecchie e nuove – ha continuato il Cardinale – al mondo ancora così lacerato da squilibri e ingiustizie, a forme d’involuzione culturale, potremmo chiederci: quanto ha inciso il cristianesimo nell’elevazione dell’umanità, quanto efficace è stata ed è la predicazione della fede?”.
Citando l’ “emergenza educativa”, tema degli Orientamenti pastorali della Cei per questo decennio, Bagnasco ha sottolineato che “la questione pedagogica va di pari passo con la questione antropologica” e che è necessario “allargare la razionalità”, come indicato dal Papa, cioè educare e lasciarsi educare a quel “pensare in grande” che Antonio Rosmini “amava spesso evocare di fronte alle piccinerie del proprio ambiente e ai riduzionismi di ogni genere che la cultura diffusa gli offriva e gli offre”.
“Ci troviamo di fronte – ha spiegato il Presidente della CEI – ad una specie di esilio della parola in un mondo disorientato”; ad un’epoca di “frammentazione del sapere”.
Ecco quindi, ha concluso, che occorre vincere il “dubbio radicale” e la “disperazione epistemologica” partendo dalla consapevolezza che “l’emergenza educativa sta nell’urgenza d’insegnare e imparare a pensare, oltrepassando quella modalità diffusa e superficiale propria non solo di quanti apprendono, ma anche spesso di quanti insegnano”.