di Antonio Gaspari
ROMA, mercoledì, 17 marzo 2010 (ZENIT.org).- Si è svolto a Roma, il 16 marzo, presso l’Auditorium Parco della Musica, il convegno sul tema “Metodo e verità scientifica” organizzato dall’Ufficio per la pastorale universitaria in collaborazione con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).
L’iniziativa si inserisce nel programma della settimana culturale dedicata alla scienza e alla tecnologia (dal 14 al 21 marzo), organizzata dall’Ufficio per la pastorale universitaria con il coinvolgimento di tutti gli atenei della Capitale attraverso una serie di convegni e incontri.
A conclusione del convegno il prof. Piergiorgio Picozza, Ordinario di Istituzioni di Fisica Nucleare e Subnucleare dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, ha affermato che “la ricerca della verità è infinita” ed è “più preziosa del suo possesso”.
Al convegno è intervenuto il prof. John D. Barrow, del Center for Mathematical Sciences of Cambridge, il quale ha mostrato la forza delle immagini nell’esporre un’idea scientifica ed in particolare come l’arte può manifestare il pensiero dello spirito.
Il prof. Conrad Wolfram, della Wolfram Research statunitense, ha illustrato la forza della matematica, linguaggio che unisce la mente dell’uomo alla realtà della natura.
Secondo il prof. Picozza, “dopo un primo istante in cui domina l’emozione della scoperta arriva il momento della riflessione sul ruolo dell’uomo in questo universo in cui noi ci sentiamo soli o solitari guidati unicamente dalla nostra intelligenza”.
I professori Luciano Maiani, Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Paolo Blasi dell’Università degli Studi di Firenze e Giandomenico Boffi, dell’Università di Chieti-Pescara, hanno descritto, con accenti diversi, il lungo e difficile cammino compiuto dall’umanità per elaborare un metodo scientifico che le permettesse di avvicinarsi alla conoscenza della verità.
“Ma cosa è la conoscenza, cosa è la verità? – si è chiesto il prof. Picozza -. Come conosciamo ciò che noi conosciamo? Come comunica l’Uomo con l’universo? Il poeta, l’uomo di fede, il filosofo, il teologo, lo scienziato cercano di entrare in contatto con l’universo con l’arte, la religione, la filosofia, la scienza. Quale genere di conoscenza potranno produrre? Cosa significa il termine Verità Scientifica?”.
Una risposta l’ha data il fisico Stephen Weinberg, affermando che “lo sforzo di comprendere l’universo è una delle poche cose che solleva un poco la vita dell’uomo sopra il livello della farsa e dà ad essa qualcosa della bellezza della tragedia”.
“Lo scienziato comunica con l’universo mediante i 5 sensi – ha ricordato il prof. Picozza -, mediante gli strumenti che sono dei prolungamenti dei nostri sensi, mediante l’elaborazione teorica”.
“Ma procedendo in questo modo non si può affermare di conoscere direttamente il mondo esterno, come invece si può dire dei nostri pensieri, delle nostre sensazioni”, ha aggiunto.
Allora – ha chiesto il docente di Fisica – cosa ci comunica lo scienziato? E ancora, lo scienziato “procede per modelli sempre più raffinati o tende a scoprire la realtà?”.
Per il prof. Picozza una risposta la dà Albert Einstein quando scriveva: “La Scienza può essere creata solo da coloro che sono integralmente convinti delle aspirazioni verso la verità e la comprensione. Senza la convinzione che con le nostre costruzioni teoriche è possibile raggiungere la realtà, senza la convinzione nell’intima armonia del nostro mondo, non potrebbe esserci scienza”.
E l’astronomo ed astrofisico Edwin Hubble aggiunse “Alcune volte, attraverso una forte, irresistibile esperienza di mistico intuito, un uomo conosce, al di là dell’ombra del dubbio, che egli è stato al contatto con la realtà che si trova dietro il mero fenomeno. Egli ne è completamente convinto entro se stesso, ma egli non può comunicare questa certezza. E’ una rivelazione personale. Egli può essere nel giusto, ma a meno che noi non condividiamo la sua estasi, non lo possiamo sapere”.
Il ‘Metodo Scientifico’, che nella tradizione corrente vede Galileo come il primo ad averlo formulato nella sua completezza, per il prof. Picozza “sembra essere una delle vie più utili per estrarre la verità dall’errore”.
“La forza del metodo scientifico – ha sostenuto il docente di Fisica – sta proprio nella sua capacità di scoprire l’errore e di restringere così le possibilità dove la verità può essere trovata”.
“Forse – ha commentato il prof. Picozza – dobbiamo rassegnarci a che la nostra ricerca della verità non abbia mai fine, ma sempre con la certezza che la scienza continuerà inesorabilmente ad avanzare verso il mistero dell’esistenza del cosmo, il mistero dell’esistenza dell’uomo”.
“L’esperienza più bella che ci è dato di avere – ha scritto Einstein – è il mistero della vita; il sentimento profondo che troviamo alla radice della vera arte e della vera scienza. E’ il sapere che esiste qualcosa che ci è impenetrabile, è il conoscere le manifestazioni dell’intelligenza più profonda e della bellezza più sublime, accessibili alla nostra ragione unicamente nelle loro forme più primitive”.
“E’ forse questa la conoscenza che può essere prodotta dalla filosofia, dall’arte, dalla religione?”, ha concluso il prof. Picozza.