Nuovi dettagli degli affreschi di Giotto rivelati con i raggi ultravioletti

La scoperta potrebbe cambiare la direzione degli studi sull’artista

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di Carmen Elena Villa

FIRENZE, mercoledì, 10 marzo 2010 (ZENIT.org).- I raggi ultravioletti hanno rivelato dettagli finora sconosciuti degli affreschi di Giotto situati nella Cappella Peruzzi della Basilica di Santa Croce a Firenze.

Si tratta dei dipinti che narrano episodi della vita di San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista che risalgono al 1320, in cui in precedenza si poteva apprezzare solo una pallida ombra.

Grazie a questa scoperta, i restauratori hanno potuto ammirare volumi, decorazioni e dettagli di sorprendente naturalismo, che rendono queste opere ancor più preziose. Questo fatto potrebbe rappresentare una pietra miliare negli studi sul celebre artista del XIII e XIV secolo.

La perdita dei dettagli delle opere di Giotto presenti in questa Cappella è dovuta ai tanti restauri che hanno subito. Nel XVIII secolo gli affreschi sono stati coperti con calce, nel XIX sono stati riscoperti dal pittore e restauratore Gaetano Bianchi, che ha ridipinto le parti danneggiate.

In un terzo restauro realizzato nel 1958 sono state eliminate le parti che erano state aggiunte da Bianchi, il che ha indebolito le figure e ha fatto sì che si vedessero in modo molto tenue. Ora, grazie ai raggi ultravioletti, è possibile contemplarle com’erano in origine.

Le tappe della scoperta

La scoperta è frutto di un progetto avviato nel 2007 dal Museo Opificio delle Pietre Dure di Firenze, dall’opera di Santa Croce e dalla The Getty Foundation di Los Angeles per una diagnosi sugli affreschi di Giotto presenti nella Basilica di Santa Croce.

“Molti dettagli dell’opera originale giottesca”, ha detto in alcune dichiarazioni alla stampa Cecilia Frosini, coordinatrice della ricerca, “sono andati persi alla normale visione: Giotto decise di realizzare il dipinto a secco per ottenere effetti diversi rispetto a quelli realizzabili con la tecnica dell’affresco”.

La Frosini ha spiegato che in origine i materiali impiegati erano “solitamente utilizzati per dipinti su tavola e che nel tempo non hanno tenuto; le loro tracce in combinazione con alcuni pigmenti sono state scoperte solo coi raggi UV”.

L’équipe che lavora alla ricerca è composta da 34 persone tra storici dell’arte, restauratori e ricercatori. Si pensa che la diagnosi durerà ancora due anni e mezzo sia nella Cappella Peruzzi che nella Cappella Bardi, anch’essa nella Basilica di Santa Croce.

Fino a questo momento, i nuovi dettagli scoperti sono visibili solo con gli ultravioletti, ma la continua esposizione a questi raggi potrebbe deteriorli ulteriormente. L’unico modo di condividere la scoperta con il pubblico potrebbe essere la digitalizzazione di queste immagini, che permetterebe ai visitatori di godere di una Cappella virtuale.

Si sa poco della vita di Giotto, i cui dipinti sono caratterizzati dalla rappresentazione tridimensionale dello spazio, dal recupero del naturalismo dell’immagine della figura umana e dall’introduzione di una dimensione affettiva.

Nella Basilica gotica di San Francesco ad Assisi, l’artista dipinse uno dei suoi capolavori, le principali scene della vita di San Francesco: la conversione, l’abbandono dei beni, un momento di estasi, la canonizzazione…

Giotto passò così dallo stile bizantino a uno più realistico e innovatore. Raggiunse il suo massimo splendore in risposta agli incarichi di Papa Bonifacio VIII.

Seppe rappresentare non solo persone, cose e paesaggi, ma anche, per la prima volta, lo stato psicologico dei personaggi attraverso gli atteggiamenti e le espressioni del volto.

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ZENIT Staff

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