Intervento della Santa Sede alla Commissione sullo Status della donna

Luci e ombre della condizione delle donne

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CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 10 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’intervento pronunciato l’8 marzo, nel palazzo dell’Onu a New York, nell’ambito della 54ª  sessione del Comitato sullo Status della donna, dall’Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York.

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Signor Presidente,

mentre questa commissione si accinge a una verifica dopo quindici anni della realizzazione della Dichiarazione e della Piattaforma di Azione di Pechino e dei risultati della ventitreesima sessione speciale  dell’Assemblea Generale, la mia delegazione augura a Lei e al suo Ufficio una sessione produttiva per il  bene di tutte le donne del mondo.

Dagli interventi che si sono susseguiti in questi giorni nell’ambito del dibattito generale, sembra che la valutazione non sia del tutto positiva: include alcune luci, ma anche molte ombre inquietanti.

I progressi ottenuti rispetto alla condizione delle donne nel mondo negli ultimi quindici anni includono, fra l’altro, miglioramenti nell’educazione delle giovani, la promozione delle donne quale chiave per lo sradicamento della povertà e per la promozione dello sviluppo, l’aumento della partecipazione alla vita sociale, riforme politiche volte a rimuovere forme di discriminazione contro le donne e leggi specifiche contro la violenza domestica.

In particolare, fra i numerosi eventi paralleli, alcuni hanno sottolineato il ruolo indispensabile svolto dalla società civile, in tutte le sue componenti, nell’evidenziare la dignità delle donne, i loro diritti e responsabilità.

Comunque, le donne continuano a soffrire in numerose parti del mondo.

La violenza, sotto forma di aborto di feti femminili, di infanticidio e di abbandono, è una realtà che non può essere ignorata. La discriminazione nell’assistenza sanitaria e nell’alimentazione si verifica  nella vita di giovani donne e la malnutrizione le colpisce molto più che i ragazzi, arrestando la loro crescita mentale e fisica. Le ragazze costituiscono ancora la maggioranza dei minori non scolarizzati e, con le donne di 15 anni e oltre, rappresentano i due terzi della popolazione illetterata mondiale.

È triste che tre quarti dei malati di Hiv/Aids siano ragazze e donne tra i 15 e i 24 anni. La proporzione di donne affette da Hiv sta aumentando in Asia, in Europa dell’Est e in America latina. Nell’Africa sub-sahariana, il 60% di tutti gli adulti e tre giovani su quattro affetti dal virus sono di sesso femminile.

Fra quanti, ogni anno, sono vittima di traffici attraverso i confini internazionali il 50% è costituito da minorenni e circa il 70% da donne e ragazze. Per la maggior parte, questo traffico è finalizzato allo sfruttamento sessuale a fini di lucro. In tutto il mondo, ragazze e donne sono vittimedi violenze fisiche, sessuali e psicologiche, che includono lo stupro come strumento  di guerra in varie parti del mondo, per non parlare dell’abuso economico.

Le ragioni di questa situazione precaria sono varie. Le analisi di questi giorni tendono a individuarle soprattutto, e non senza un buon motivo, in dinamiche culturali e sociali nonché in ritardi e lentezze delle politiche. Tuttavia faremmo bene a guardare anche a principi, priorità e politiche di azione presenti nelle organizzazioni internazionali, ovvero, a quel sistema di motivazioni, valori, orientamenti e metodologie, che guida l’opera delle Nazioni Unite sulle questioni femminili.

La parità  fra donne e uomini nell’educazione, nell’occupazione, nella tutela legale, nei diritti politici e sociali è considerata nel contesto dell’eguaglianza di genere. La realtà dimostra che l’uso di questo concetto, come suggerito nelle Conferenze del Cairo e di Pechino, e di conseguenza sviluppato in vari circoli internazionali, è sempre più guidato ideologicamente e, di fatto, ritarda il progresso autentico delle donne. Inoltre, documenti recenti contengono interpretazioni di genere che dissolvono ogni specificità e complementarità fra uomini e donne. Queste teorie non cambieranno la natura delle cose, ma, di certo, stanno già offuscando e ostacolando ogni serio e tempestivo progresso nel riconoscimento della dignità e dei diritti delle donne.

Quasi tutti i documenti di conferenze o comitati internazionali, o risoluzioni, riescono a collegare il raggiungimento dei diritti personali, sociali, economici e politici a una nozione di salute e di diritti riproduttivi e sessuali, che è violenta verso i nascituri e dannosa per i bisogni integrali di donne e di uomini in seno alla società. Tuttavia, nello stesso tempo, solo raramente si menzionano i diritti politici, economici e sociali delle donne, come impegno e condizione ineludibili. Questo è particolarmente doloroso data la diffusa mortalità materna nelle regioni in cui i sistemi sanitari sono inadeguati. Una soluzione rispettosa della dignità delle donne non ci permette di trascurare il diritto alla maternità, ma ci impegna a promuovere quest’ultima investendo nei sistemi sanitari locali e migliorandoli, fornendo servizi essenziali di ostetricia.

Signor Presidente,

quindici anni fa, la Piattaforma di Azione di Pechino proclamò che  i diritti umani delle donne sono parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani universali. Questa non è solo la chiave per comprendere la dignità intrinseca delle donne e delle giovani, ma anche per far sì che sia un realtà concreta in tutto il mondo.

La Santa Sede riafferma i suoi impegni per migliorare la condizione delle donne. In occasione della Conferenza di Pechino, la sua esortazione a istituzioni cattoliche affinché adottassero una strategia concertata e urgente rivolta alle ragazze e alle giovani donne, in particolare a quelle più povere, ha prodotto, nel corso di questi ultimi anni, risultati significativi e resta un impegno forte per realizzare e promuovere questo compito in futuro.

[Traduzione dal testo originale in inglese a cura de “L’Osservatore Romano”]

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ZENIT Staff

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