Benedetto XVI: Matteo Ricci amò la Chiesa e il popolo cinese

Telegramma del Papa al Vescovo di Macerata per un convegno sul missionario

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ROMA, domenica, 7 marzo 2010 (ZENIT.org).- Padre Matteo Ricci nutrì sempre un profondo amore per la Chiesa e per il popolo cinese. E’ quanto ricorda Benedetto XVI in un telegramma inviato al Convegno internazionale “Scienza, ragione, fede. Il genio di padre Matteo Ricci”, svoltosi a Macerata in occasione dei 400 anni dalla morte del missionario gesuita.

Nel messaggio a firma del Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, letto durante le tre giornate di studio conclusesi questo sabato, il Papa esprime “vivo apprezzamento per la significativa manifestazione, volta a far conoscere la straordinaria opera culturale e scientifica di padre Matteo Ricci, nobile figlio di codesta terra, come pure il suo profondo amore alla Chiesa e lo zelo per l’evangelizzazione del popolo cinese”.

In una lettera inviata nel maggio scorso sempre a monsignor Claudio Giuliodori, Vescovo di Macerata, in occasione dell’inizio delle celebrazioni per il IV centenario ricciano, il Papa aveva sottolineato del gesuita l’“innovativa e peculiare capacità” di “ricercare la possibile armonia fra la nobile e millenaria civiltà cinese e la novità cristiana”

Il Pontefice aveva poi evidenziato la “strategia pastorale” del gesuita, che rimase in Cina 28 anni, e “la profonda simpatia che nutriva per i cinesi, per la loro storia, per le loro culture e tradizioni religiose”, che “ha reso originale e, potremmo dire, profetico il suo apostolato”.

Nato a Macerata il 6 ottobre 1552, il futuro “Apostolo della Cina” entrò a diciotto anni nella Compagnia di Gesù a Roma, maturando ben presto un’autentica vocazione missionaria.

Nel 1577 chiese di essere destinato alle Missioni d’Oriente e a tal fine partì per il Portogallo, tappa di preparazione all’apostolato orientale; imbarcatosi a Lisbona con 14 confratelli, il 13 settembre 1578 approdò a Goa, in India, dove era sepolto San Francesco Saverio.

Trascorse alcuni anni in terra indiana, insegnando materie umanistiche nelle scuole della Compagnia, prima dell’ordinazione sacerdotale ricevuta a Cochin, luogo in cui celebrò la prima Messa il 26 luglio 1580.

Si stavano intanto avvicinando i tempi della nuova destinazione: il Visitatore delle Missioni d’Oriente Alessandro Valignano trasmise a padre Ricci l’ordine di recarsi a Macao per studiare la lingua cinese e prepararsi ad entrare in Cina, allora impenetrabile agli stranieri.

Il tanto atteso ingresso ebbe luogo il 10 settembre 1583. Padre Matteo e il confratello Michele Ruggieri raggiungono Zhaoqing, dove iniziano a costruire la prima casa e la prima chiesa, completata nel 1585. La piccola comunità gesuita si trasferì poi a Shaozhou, Nanchang e Nanchino, per entrare finalmente a Pechino il 24 gennaio 1601.

Ben accolto dall’imperatore Wanli della dinastia Ming, padre Ricci fu elevato al rango di Mandarino, ricevuto alla corte del Celeste Impero, ospitato da alti funzionari civili e militari. “Farsi cinese con i cinesi”: questo l’innovativo metodo di evangelizzazione di padre Ricci, che seppe adattarsi agli usi e tradizioni locali, per essere più vicino a coloro ai quali annunciava il Vangelo.

La via dell’ “inculturazione” scelta dal gesuita, unita alla pratica instancabile della carità, seppe dare i suoi frutti, con le conversioni di importanti dignitari e di esponenti di ceti modesti, colpiti dal grande rispetto del missionario per il Confucianesimo e per il patrimonio culturale cinese.

Grande ammirazione destarono anche le conoscenze scientifiche del Ricci, che portò in Cina la matematica e la geometria dell’Occidente, insieme ai grandi apporti del Rinascimento nel campo della geografia, della cartografia e dell’astronomia.

Oltre ad insegnare in lingua cinese numerose discipline scientifiche ed umanistiche, lasciò un gran numero di scritti, quali il “Trattato sull’amicizia”, il “Mappamondo cinese”, il Trattato “Genuina nozione del Signore del Cielo”, “Sommario della dottrina cristiana”, “Christianità nella Cina”, “Commentari” e “Lettere dalla Cina”, contribuendo in modo decisivo alla fondazione della moderna sinologia e alla diffusione della conoscenza dell’Occidente in Cina e in tutto l’Oriente.

“Li Madou” – questo il nome cinese di padre Ricci – si spense a Pechino l’11 maggio 1610. In deroga alla tradizione di non consentire l’inumazione in Cina agli stranieri, l’imperatore concesse un terreno per la sua sepoltura, come estremo tributo alla sua scienza e al suo amore per i cinesi.

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ZENIT Staff

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