Nella pastorale degli zingari, integrazione ma senza omologazione

Il Segretario generale del CCEE a un Incontro in Vaticano sull’argomento

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

 

di Mirko Testa

ROMA, mercoledì, 3 marzo 2010 (ZENIT.org).- La Chiesa deve sviluppare una pastorale specifica per gli Zingari, promuovere azioni educative volte ad approfondirne la conoscenza

E’ quanto ha detto martedì padre Duarte da Cunha, Segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopale d’Europa (CCEE), all’Incontro dei Direttori Nazionali della Pastorale degli Zingari in Europa, in corso in Vaticano fino al 4 marzo sul tema “Sollecitudine della Chiesa verso gli Zingari: situazione e prospettive”.

All’inizio del suo intervento il Segretario generale del CCEE ha messo in luce i tanti pregiudi e le paure legati agli zingari, nati spesso dall’ignoranza ma alcune volte anche dai loro atteggiamenti e che portano anche a una loro marginalità.

Tuttavia, ha avvertito, “se vivere isolato non è buono, non significa che si debba essere completamente assorbito dalla cultura dominante. In realtà, però, molte misure promosse dai diversi enti pubblici sono di tendenza omologanti”.

“Si pensa al ‘diverso’ come ad un problema e si preferisce o allontanarli o forzarli ad essere come tutti gli altri“, ha detto.

In questo ambito, la Chiesa cattolica ha “la possibilità di integrare il diverso, con culture e addirittura tradizioni e riti propri, in una stessa unità di amore dove ognuno e ogni comunità mantiene e ravviva la sua identità propria”.

A questo proposito, ha però sottolineato, “se si vuole veramente aiutare ed evangelizzare, si deve amare ed educare all’amore per potere integrare senza assorbire. Soltanto così i Roma si sentiranno allo stesso tempo pienamente inseriti nella società, e riconosciuti e valorizzati per quello che hanno di proprio“.

Istruzione ed educazione

Parlando poi delle questioni più importanti ha affrontato quella dell’educazione: “Senza una certa istruzione e senza l’aiuto di scuole sarà difficile rompere con un certo ciclo di povertà che, però, non significa rompere con lo stile di vita tradizionale“.

A suo avviso, le scuole potrebbero persino “essere un mezzo per approfondire tante cose, come, per esempio, la musica, d’accordo con la specificità della comunità. Infatti in alcuni casi si è visto come la povertà possa essere vinta con una maggiore istruzione senza che per questo vi sia una negazione delle tradizioni“.

Tuttavia, è giusto, nel rispetto del principio di sussidiarietà, difendere “la libertà e la responsabilità dei genitori, che sono anche i più competenti a educare nell’amore. Quindi ogni aiuto educativo, come le scuole, deve essere sempre in conformità con i principi e valori dei genitori e della loro tradizione”.

Per quanto riguarda, invece, l’educazione e la formazione della fede, per il Segretario generale del CCEE, “le parrocchie possono e devono […] intraprendere azioni speciali per i Roma“.

“Vi sono, comunque, anche alcuni vantaggi per i bambini rom di entrare nei gruppi di catechismo insieme agli altri bambini, perché l’essere insieme, non significa omologare e può aiutare sia gli uni che gli altri ad essere amici e a vincere i detti pregiudizi“, ha osservato.

Una pastorale di amicizia

Padre Duarte da Cunha ha quindi invitato a rifuggire da “una logica di assistenza”, per “promuovere, anche nel campo della pastorale, la collaborazione con gli stessi Roma, specialmente con alcuni dei loro capi“.

“C’è un linguaggio, un modo di fare e una struttura gerarchica che deve essere rispettata se si vuole veramente aiutare senza assorbire“, ha spiegato.

“Sarà anche interessante che ci siano vocazioni consacrate tra gli Zingari, oppure catechisti e leader cristiani di origine rom“, ha continuato. E infatti, “alcuni gruppi religiosi, non necessariamente cattolici, hanno visto la loro influenza tra il popolo Rom crescere proprio perché ci sono pastori rom”.

Di pari importanza anche il fatto di avere “sacerdoti, religiosi o altri operatori pastorali dedicati esclusivamente o almeno con un incarico chiaro nei loro confronti”, dotatati di “gusto ed entusiasmo contagiante” e desiderosi di entrare nella vita concreta del gruppo dei Roma attraverso “una sincera amicizia”.

Questo non significa però lasciare tutto all’improvvisazione e anzi, nel rispetto del percorso di ogni parrocchia, occore che “i pastori ed i consigli pastorali diocesani e parrocchiali siano attenti a tutte quelle persone che sono in transito o che acquisiscono una dimora permanente e sono di una etnia specifica”.

La vita di fede e dei sacramenti

Padre Duarte da Cunha ha quindi evidenziato la “grande sensibilità religiosa” di questi popoli legata spesso “al profondo senso di famiglia e di rapporto con gli antenati”, capace quindi “in un mondo secolarizzato e individualista come il nostro” di portare “una prospettiva di vita in cui Dio non è rimandato ad un cielo distante”.

“A questo proposito – ha aggiunto –, si vede come in tanti paesi, per valorizzare e alimentare la religiosità dei Roma si organizzano pellegrinaggi che sono per loro una esperienza fondamentale e che fortificano sia la dimensione religiosa che la fede propriamente detta. É quindi importante promuovere questi momenti e avere l’appoggio dei santuari“.

Per quanto riguarda gli aspetti legati alla celebrazione liturgica, ha continuato, “la Chiesa dovrebbe essere in grado di inculturarsi, senza fare fantasie liturgiche” e allora “perchè non integrare alcuni aspetti della cultura Rom nelle celebrazioni in cui essi partecipano, come ad esempio l’utilizzo di strumenti musicali?”.

“In alcuni paesi questo si fa già e con grande successo – ha poi concluso –. Questo avrà ancora più ragione di essere per le occasioni speciali nelle quali partecipa tutta la famiglia come per il battesimo dei bambini o i funerali”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione