di Anita S. Bourdin
ROMA, martedì, 2 marzo 2010 (ZENIT.org).- Per il Cardinale Stanislaw Rylko, padre Matteo Ricci SJ è “una figura tra le più significative della storia dell’umanità”: un saggio e un missionario che “getta le basi di uno sviluppo della conoscenza reciproca e del dialogo tra Oriente e Occidente”.
Sottolineando l’attualità di padre Ricci, ha aggiunto che il suo esempio “indica chiaramente la rotta da seguire per vincere la sfiducia e preparare il terreno in vista di una collaborazione effettiva e duratura”.
Il Cardinale Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, è intervenuto a Parigi all’UNESCO sul tema “Padre Matteo Ricci e il dialogo tra fede e cultura” nel colloquio del 16 febbraio sul tema “Al crocevia della storia: il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) tra Roma e Pechino”.
“Uomo di scienza e missionario, in un’epoca di grande fermento culturale ed economico, a cavallo tra i secoli XVI e XVII, Matteo Ricci getta le basi di uno sviluppo della conoscenza reciproca e del dialogo tra Oriente e Occidente, tra Roma, centro della cristianità, e Pechino, dove da più di due secoli regnava la grande dinastia Ming”, ha ricordato il porporato.
Matteo Ricci ha anche un’“attualità innegabile e permanente”, perché “ha saputo sviluppare un dialogo basato sull’amicizia, nel rispetto degli usi e dei costumi, nella conoscenza dello spirito e della storia della Cina”.
“E’ questo atteggiamento, privo di pregiudizi e di ogni spirito di conquista, che permise a questo gesuita europeo di stabilire con il popolo cinese una relazione di fiducia e di stima – ha osservato il Cardinale Rylko –. Non è un caso che la sua prima opera in lingua cinese venne dedicata al tema dell’amicizia. Questa raccolta di cento massime sull’amicizia, tratte dai classici greci e latini, suscitò grande stupore tra i cinesi, che ammiravano la saggezza e la ricchezza spirituale di quest’uomo giunto dall’estremo Occidente”.
Com’è accaduto? “Si impegnò pienamente a imparare la loro lingua e approfondì lo studio dei classici confuciani, al punto da essere considerato un esperto pari, se non superiore, agli eruditi cinesi che accorrevano a conoscerlo e a parlare con lui. Divenne cinese tra i cinesi, adattandosi in tutto ai loro costumi e adottando – dopo dieci anni di attenta analisi e di conoscenza della loro realtà – il profilo e lo stile di vita dell’erudito, cioè di quella categoria di persone che orientava e guidava la società cinese in linea di continuità con la filosofia e la tradizione confuciane”.
Allo stesso modo, favorì anche un vero “scambio culturale proficuo (…) su tutti i fronti dell’essere umano”: “dalla cartografia all’astronomia, dalla filosofia alla religione, dalle matematiche alle mnemotecniche, passando per gli orologi meccanici, la pittura e la musica: non c’è campo del sapere umano che non rappresentasse un terreno fecondo di contrasto e arricchimento reciproco tra i cinesi e quest’uomo che la Provvidenza, secondo i suoi stessi amici eruditi cinesi, aveva inviato per dare ancora più lustro alla dinastia Ming e per far partecipare i cinesi al progresso che la scienza e la tecnica avevano raggiunto durante il Rinascimento europeo”.
Per questo, ha aggiunto il Cardinale Rylko, ciò che conforma la sua “attualità permanente” è il suo “desiderio di apportare al grande popolo cinese l’annuncio evangelico come coronamento di questo ricco itinerario culturale e sociale”.
Ha così elaborato “una nuova strategia che si potrebbe riassumere nella parola ‘inculturazione’: un’ottica in cui la cultura del popolo cinese non è più un ostacolo da superare, ma una risorsa per il Vangelo”, ha spiegato.
“Questa originalità del metodo” di Matteo Ricci “è nata da una visione della fede che non si oppone né alla scienza, né alla ragione, né alla cultura, ma entra in armonia profonda e sostanziale con loro”, ha affermato ricordando il messaggio di Benedetto XVI a monsignor Claudio Giuliodori, Vescovo di Macerata, in occasione di questo IV centenario della morte del missionario gesuita.
“La sua opera intellettuale e spirituale ha avuto come fine ultimo quello di impiantare nelle coscienze e nella cultura cinese i germi della novità e la pienezza della Rivelazione cristiana. Sapeva che il maggior dono che i cristiani possono offrire ai popoli dell’Asia è annunciare Gesù Cristo, che risponde alla loro profonda ricerca dell’Assoluto e svela le verità e i valori che garantiscono uno sviluppo integrale”, ha spiegato il Cardinale Rylko, citando anche l’Esortazione Apostolica di Giovanni Paolo II Ecclesia in Asia (n. 20).
“Ambasciatore di amicizia e di verità, quattrocento anni dopo la sua morte si erge ancora come un esempio folgorante di apertura universale e di capacità di costruire ponti tra le civiltù e le culture, rendendosi – come messaggero del Vangelo – l’artefice del vero bene e dello sviluppo autentico dei popoli”, ha concluso il Cardinale.