La Chiesa sia più presente tra gli zingari

Monsignor Vegliò inaugura l’Incontro dei Direttori Nazionali di questa pastorale

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di Roberta Sciamplicotti

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 1° marzo 2010 (ZENIT.org).- Favorire “una maggiore partecipazione alla vita e alla ricchezza della Chiesa” da parte degli zingari e, viceversa, “farla maggiormente presente in mezzo a loro”. E’ questo l’obiettivo dell’Incontro dei Direttori Nazionali della Pastorale degli Zingari in Europa, che si svolgerà in vaticano dal 2 al 4 marzo.

L’evento è organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e verrà aperto dal presidente del dicastero, monsignor Antonio Maria Vegliò, che interverrà sul tema “Sollecitudine della Chiesa verso gli Zingari: situazione e prospettive”.

Nuova ecclesiologia

Dal Concilio Vaticano II, sottolinea il presule, è nata una “rinnovata ecclesiologia”. A questo proposito, ricorda tre eventi, iniziando dalla “storica visita” di Papa Paolo VI all’accampamento degli zingari a Pomezia (Roma) il 26 settembre 1965, in occasione del loro pellegrinaggio internazionale.

Quella visita, spiega monsignor Vegliò, mostrò agli zingari “la sollecitudine della Chiesa, nel cui seno non ci devono essere ineguaglianze riguardo alla stirpe, alla nazione o alla condizione sociale”.

Quest'”opera d’amore” fu ripresa da Papa Giovanni Paolo II, che il 12 marzo 2000, “con un gesto storico di riparazione, un atto intensamente evangelico di coraggio e di umiltà, chiese solennemente perdono per le colpe commesse dai figli della Chiesa nel passato; colpe che continuano, purtroppo, a proiettare le loro ombre anche nel presente”.

Tre anni prima, del resto, il 7 maggio 1997, Papa Wojtyła aveva elevato alla gloria degli altari un martire gitano, lo spagnolo Ceferino Giménez Malla, “riconoscendo così alla sua etnia la possibilità della santità”.

Esame di coscienza

L’eredità del Concilio e del Magistero Pontificio, spiega monsignor Vegliò, richiede “un ‘esame di coscienza’ sulla nostra fedeltà alla vocazione e missione nella Chiesa, la quale è di tutti, e particolarmente dei poveri”.

Ciò, osserva, “ci obbliga a verificare la nostra capacità di essere accoglienti, ascoltatori, servitori con il dovere di condannare ogni forma di discriminazione e di intolleranza, di violazione dei diritti e di disprezzo della dignità umana”.

Oggi, riconosce il presidente del dicastero vaticano, “gli zingari non sono più lasciati soli come in passato”, visto che “numerose organizzazioni internazionali e nazionali, zingare e non, operano per la loro promozione umana, sociale, culturale e religiosa”, “il Consiglio d’Europa, l’Unione Europea e il Parlamento Europeo emanano numerose risoluzioni e raccomandazioni atte a tutelare i loro diritti fondamentali, nonché danno vita a vari programmi che offrono ai giovani Rom, Sinti e Viaggianti molteplici opportunità di formazione professionale e di sviluppo integrale”, si moltiplicano le proposte di collaborazione culturale internazionale e aumentano le “iniziative volte alla inclusione sociale”.

Moltissimi zingari, però, “sono, purtroppo, tuttora esclusi da tali benefici”, denuncia.

“Molti sono costretti a vivere in condizioni di povertà e altri trovano difficoltà a raggiungere il cuore della Chiesa a causa di preconcetti e stereotipi, talmente radicati nella società da non permettere sviluppo e maturazione di atteggiamenti di apertura, accoglienza, solidarietà e rispetto. Inoltre, fenomeni di razzismo, xenofobia, antiziganismo, troppo spesso ostacolano una pacifica, umana e democratica convivenza”.

Allo stesso tempo, riconosce, non si possono dimenticare “responsabilità e atteggiamenti negativi degli zingari stessi nei confronti degli ambienti in cui vivono”. Per questo, “è necessario ricordare” che anch’essi “devono assumere i doveri propri di tutti i cittadini del Paese dove permangono”.

Cultura e comunione

“Per spianare la strada che porta a una vera cultura e a una auspicata spiritualità di comunione”, osserva monsignor Vegliò, bisogna lasciarsi guidare da “un amore ricco di intelligenza e dall’intelligenza piena di amore”, come scrive Papa Benedetto XVI nell’Enciclica Caritas in Veritate (n. 30).

“La riconciliazione, la ricerca di comprensione delle situazioni concrete della vita, lo sforzo comune di rispettare e osservare le regole e norme di coordinamento e di integrazione racchiuse e riaffermate nei consessi internazionali, sono principi validi nelle relazioni Chiesa-Zingari e Zingari-Società civile nell’Europa odierna, in fase di trasformazione e crescita”.

Solo così, infatti, si potranno aprire “vie di speranza, nella prospettiva di un concretizzarsi dell’interesse e della mobilitazione degli organismi internazionali e nazionali in favore degli Zingari nelle nuove strategie europee e nei processi di cambiamento”.

Il presule auspica anche che le trasformazioni in atto “contribuiranno ad arrestare fenomeni e atti di razzismo, antizingarismo e di discriminazione, e creeranno una nuova ‘coscienza europea’ che consenta a Rom, Sinti e altri gruppi viaggianti, di riaffermare la propria identità e diversità culturale, nell’ottica di un inserimento civile nei rispettivi Paesi”.

Conclude quindi il suo intervento sottolineando la necessità di “portare ai nostri fratelli e sorelle zingari questo messaggio: anche noi, oggi, come una volta Paolo VI, altro non chiediamo dal punto di vista pastorale se non che ‘accettino la materna amicizia della Chiesa’”.

Gli zingari nel mondo sono circa 36 milioni, la metà dei quali vive in India. In Europa sono tra i 9 e i 12 milioni, diffusi soprattutto nell’Est europeo. In Italia rappresentano lo 0,16 % della popolazione nazionale.

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ZENIT Staff

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