Anche noi siamo trasfigurati in Cristo

di padre Piero Gheddo*

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ROMA, lunedì, 1° marzo 2010 (ZENIT.org).- Gesù sale sul monte Tabor con Pietro, Giacomo e Giovanni per pregare. Il Vangelo dice che, “mentre pregava, il suo volto cambiò aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante”. Domenica è stata la festa della “Trasfigurazione” di Gesù davanti a tre discepoli. Nella vita quotidiana, egli era un uomo come gli altri, certo affascinante, faceva miracoli e parlava come nessuno aveva mai parlato; ma insomma, un uomo come gli altri, almeno nell’aspetto esterno. Oggi invece, sale sul monte, si isola dal mondo e dagli altri uomini, e mentre pregava rifulge in lui la luce accecante della sua divinità. I tre discepoli ne sono affascinanti e Pietro dice: “Signore, è bello per noi restare qui con te”. Il Vangelo commenta: “Non sapeva quello che diceva”. Cioè era talmente eccitato e pieno di gioia, che avrebbe voluto restare sul monte e non tornare più alla pianura nella vita quotidiana.

Che senso ha per noi questo brano del Vangelo? Molti significati. Gesù voleva dimostrare la sua divinità, voleva preparare gli Apostoli alla sua Passione e morte, ma indicava una realtà diversa da quella di tutti i giorni che essi conoscevano. Fermiamoci a riflettere su quest’ultimo significato della Trasfigurazione. Gesù era uomo ed era Dio, viveva una vita umana come tutti noi, ma era anche e sempre unito al Padre e alla realtà soprannaturale della sua natura divina. Ecco, cari fratelli e sorelle, anche la nostra vita è così. Noi viviamo in questo mondo in mezzo alle realtà terrene, fra gioie e dolori, successi e insuccessi, giorni lieti e giorni tristi, esaltazioni e depressioni. Ma poi abbiamo anche una vita soprannaturale, perché Dio ci ha creati “a sua immagine e somiglianza”. Noi non siamo come gli animali che hanno solo una vita materiale e istintiva, siamo anche uomini spirituali e Dio, lo sappiamo, è purissimo spirito, in lui non c’è nulla di materiale. La nostra vita spirituale è partecipazione alla vita divina attraverso il Battesimo, l’Eucarestia, la preghiera, i Sacramenti, l’osservanza della Legge di Dio.

Insomma, la mia vita di uomo si svolge su due piani, come quella di Gesù: la vita materiale di tutti i giorni e la vita spirituale e soprannaturale, che ci trasfigura in Dio, ci fa contemplare Dio e vivere la vita di Dio, che è poi la vera vita, quella che tutti vivremo dopo la nostra morte, nei “verdi pascoli” del Paradiso. Ecco, Gesù ha voluto dare ai suoi Apostoli un’immagine concreta della vita divina, non solo quella di Dio, ma anche la nostra se viviamo in Dio. Anche noi possiamo trasfigurarci in Dio, cioè vivere una vita serena, felice, realizzata, cioè realizzare il Regno di Dio non su questa terra, ma almeno in noi, se viviamo non solo la nostra vita materiale, tutti volti ai beni di questa terra, ma la vita spirituale in Cristo.

Ricordo che quando Giovanni Paolo II visitò la città e diocesi di Genova nel 1985, diede ai fedeli, e soprattutto ai giovani ai quali parlava, un’esortazione meravigliosa che mi è rimasta impressa nel cuore: “Vi invito – diceva – a fare della vostra vita un vero capolavoro”. Bello ed esaltante questo progetto di vita! Eppure care sorelle e cari fratelli, quante persone sono scoraggiate, depresse; quanti pensano e dicono: “Io non sono nulla, non valgo nulla, la mia vita non ha più nessun significato…”. Ho fatto centinaia di voli aerei. Si parte fra nubi e pioggia, un’atmosfera plumbea che invita alla tristezza, al pessimismo. Poi, quando l’aereo si alza sopra gli 8-9.000 metri, ecco il sole sfolgorante, ecco la trasfigurazione dell’atmosfera in cui viviamo. Siamo passati, seppur in piccola misura, dalla terra al cielo, all’atmosfera quotidiana in cui viviamo piena di pessimismo, all’atmosfera divina piena di luce e di gioia, in cui dovremmo vivere ogni giorno della vita.

Forse qualcuno pensa: questo è impossibile nella mia piccola vita. Vi racconto un esempio che ho studiato bene. Dieci anni fa ho scritto la biografia di un grande missionario del Pime, il beato padre Paolo Manna (1882-1952), che veniva da una buona famiglia di Avellino. Come sacerdote nel Pime, è partito per la Birmania nel 1895 ed è tornato tre volte in Italia perché ammalato di tubercolosi e in quel clima caldo umido e con scarse possibilità di nutrimento e di medicine, rischiava di morire a 28-30 anni. A 34 anni si ritrova in Italia ammalato e umiliato, senza più possibilità di andare in missione. Scriveva al superiore: “Sono un missionario fallito e inutile a tutti, vedo molto fosco il mio futuro”. La tubercolosi oggi in Italia non esiste quasi più, ma nel Novecento era una malattia grave che portava alla morte.

Padre Manna poteva intristirsi, chiudersi in se stesso e diventare un peso per sé e per gli altri. Invece era un prete molto devoto, pregava molto. Va in pellegrinaggio a Lourdes e chiede alla Madonna non la grazia della guarigione, ma di fare la volontà di Dio e di essere ancora utile alla Chiesa e alle missioni. Infatti, tornato a Milano, il superiore gli propone di andare nella redazione della stampa del Pime come aiutante e in poco tempo dimostra tutta la sua intelligenza e passione missionaria diventando direttore di “Le Missioni Cattoliche” (1908), fonda la Pontificia Unione missionaria del Clero (1917) ed è eletto superiore generale del Pime (1924-1934). Padre Manna è stato il missionario italiano più rappresentativo del Novecento per il suo pensiero e le sue molte iniziative, e beatificato da Giovanni Paolo II il 4 novembre 2001.

Anche la sua vita è stata trasfigurata in Cristo. Da “missionario fallito e inutile a tutti” a beato e, speriamo, santo della Chiesa universale. Nelle testimonianze per il so processo di beatificazione si legge questa frase di un confratello: “Lo si vedeva trasfigurato dall’amore di Dio e del prossimo e dalla passione missionaria di portare Cristo e tutti i popoli”.

Care sorelle e cari fratelli, tutti noi siamo un “progetto di Dio” da realizzare. Non siamo mai pessimisti sulla nostra vita e sul nostro futuro. Anche noi siamo un progetto di Dio da realizzare, se facciamo la volontà di Dio e seguendo le ispirazioni dello Spirito Santo. Fin che il Signore ci dà vita, siamo sempre in cammino per essere trasfigurati in Cristo. E’ la grazia che chiediamo al Signore Gesù.

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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di “Mondo e Missione” e di Italia Missionaria, è il fondatore di AsiaNews. Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente. Dal 1994 è direttore dell’Ufficio storico del Pime e postulatore di varie cause di canonizzazione. Insegna nel seminario pre-teologico del Pime a Roma. E’ autore di oltre 70 libri.

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ZENIT Staff

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