ROMA, martedì, 16 giugno 2009 (ZENIT.org).- Il rabbino Rivon Krygier dichiara di essere stato “illuminato” dal dialogo con i cristiani in questa intervista raccolta da Sylvain Sismondi per il settimanale della Chiesa cattolica a Parigi, Paris Notre-Dame, e inserita nel suo dossier sul dialogo fra ebrei e cattolici nella capitale francese.
Oggi sono numerosi gli ebrei impegnati nel dialogo con i cristiani. Quali sono le loro motivazioni? Cosa pensano di Gesù? La rivista ha pubblicato l'intervista con uno di loro, il rabbino Rivon Krygier, responsabile della comunità “Massorti” (“tradizionale”) Adath Shalom (Assemblea della Pace).
Lei è ebreo. Per quale motivo il dialogo con i cristiani è importante per voi?
Rivon Krygier: Siamo nell’era della globalizzazione. Non possiamo ignorarci a vicenda. Le religioni ed i credenti devono imparare a conoscersi e a dialogare. L’attualità ci dimostra ogni giorno quanto peso abbiano i rischi dei conflitti religiosi. Per evitarli, per liberarci dei nostri pregiudizi, è assolutamente necessario dialogare. Credo inoltre che tutti noi siamo consapevoli che esiste una certa relatività della verità. Non si tratta di indifferentismo o di relativismo… Diciamo semplicemente che in ogni religione esistono autentici tesori spirituali e che possiamo arricchirci con la spiritualità dell’altro grazie al dialogo. Le spiritualità ci illuminano e ci aiutano a comprendere meglio la nostra stessa religione, nel costruire la fraternità universale insita nel progetto stesso delle nostre rispettive religioni.
Nella vostra fede ebraica, qual è il contributo del dialogo con i cristiani?
Rivon Krygier: Ci dà un grande contributo e in tutti i campi. Le faccio un esempio: lo studio dei Vangeli e il dialogo con dei cristiani mi hanno spiegato molto della mia tradizione. In realtà, il cristianesimo, nella sua memoria o nel suo culto, ha conservato molto delle tradizioni ebraiche, che sono state completamente abbandonate nell'ebraismo che continuava ad evolversi. Penso, ad esempio, alla vigilia pasquale, che tradizionalmente, nella Chiesa, durava tutta la notte. Di fatto, era una tradizione ebraica fondamentale, che in seguito è stata abbandonata e dimenticata. Oggi il pranzo pasquale deve terminare assolutamente prima di mezzanotte. Il cristianesimo ci permette spesso di ritrovare le nostre radici! Ma si dice che è il cristianesimo che trova le sue radici in questo dialogo.
Voi non riconoscete Gesù come il Messia e il Figlio di Dio. Qual è la vostra opinione in merito?
Rivon Krygier: Per me, il problema di sapere o no se si tratta di un ritorno o della prima venuta del Messia atteso, è una faccenda di scarsa importanza. Per quanto mi riguarda, il giorno in cui verrà, sia che si chiami Shimon o si chiami Gesù, io non sarò deluso! Su questo punto, i cristiani devono capire che gli ebrei hanno una spiritualità messianica che è loro propria. Ciò non riguarda l’incontro con colui che si chiama Gesù. Le condizioni e la funzione della venuta messianica sono pensate e vissute in modo diverso. Noi non siamo “imperniati” sul Messia, ma ci preoccupiamo, innanzitutto, di rivedere il nostro comportamento e la guida del mondo attraverso la realizzazione della volontà divina. Ma alla fine, vi è una convergenza.
Cosa suscitano in voi i Vangeli e la vita di Gesù?
Rivon Krygier: I Vangeli costituiscono una visione ricca, una riflessione sull'ebraismo. Confesso che quando leggo certi passaggi, sono molto emozionato per la profondità e l’umanità del messaggio spirituale. Si risente veramente l'ebraismo di Gesù, il suo modo di interpretare e di vivere la fede ebraica, alla scuola dei grandi profeti. Per me, ebreo, Gesù incarna un uomo dedicato alla redenzione e alla salvezza. Egli ha voluto affrettare la venuta del regno di Dio e vi si è dedicato nell’intero arco della sua esistenza. Il fatto è che non vi è riuscito, a prescindere dal giudizio che viene dato. Allo stesso tempo, egli ha effettivamente permesso a milioni di non ebrei in tutto il mondo di legarsi alla stirpe di Israele e alla fede del monoteismo universale secondo la promessa fatta ad Abramo. E’ un fatto acquisito che Gesù abbia veramente dato vita ad un movimento spirituale di portata superiore, fondamentalmente rispettabile (anche se ci si rammarica per il disaccordo durato troppo a lungo fra ebrei e cristiani…) e partecipe del messianismo.
A Parigi ed ancor più nel resto della Francia, pochi ebrei sembrano interessarsi al dialogo con i cristiani. Perché?
Rivon Krygier: Siamo realisti. In generale, i credenti che si interessano alla religione o alle convinzioni degli altri sono pochi. E gli ebrei non sfuggono alla regola. Vi sono altri fattori importanti che non facilitano il dialogo. Innanzitutto gli ebrei sono numericamente molto meno numerosi dei cristiani. E’ quindi normale che siano meno rappresentati nei luoghi del dialogo. Inoltre, molti ebrei non sono praticanti o non si interessano da vicino alla religione. Per quanto riguarda coloro che hanno un’esigenza spirituale, essi provano più spesso il bisogno di approfondire innanzitutto la propria tradizione. Inoltre le comunità ebraiche sono anche sparse e non sono ben organizzate come la Chiesa e ciò non favorisce gli incontri formali con le altre comunità. Infine, credo che quando iniziamo a dialogare, tutti noi dobbiamo superare i nostri pregiudizi e i nostri stereotipi. Ne ho fatto esperienza io stesso. Per me, il cristianesimo era una religione superficiale, basata solo sullo stato affettivo, una fede irrazionale, che implicava il diniego del corpo, ecc. Grazie al dialogo, non solo scopro grandi ricchezze spirituali, ma anche uomini e donne esemplari nella loro fede e nelle loro azioni, dei “giusti” secondo il nostro modo di dire. La loro fede e la mia non sono rivali, ma protese, mano nella mano, verso il regno di Dio.
[© Parigi Notre-Dame, numero del 21 maggio 2009]