CITTA' DEL VATICANO, martedì, 30 giugno 2009 (ZENIT.org).- All'indomani della concelebrazione nella Basilica Vaticana, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza gli Arcivescovi metropoliti che nella solennità dei Santi Pietro e Paolo hanno ricevuto il pallio.

L'incontro si è svolto martedì mattina, 30 giugno, nell'Aula Paolo VI alla presenza dei familiari e dei fedeli delle diocesi di provenienza dei 34 presuli.



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Cari Fratelli nell'Episcopato,

cari fratelli e sorelle,

dopo le celebrazioni della solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, è per me un vero piacere incontrare, in udienza speciale, tutti voi, Arcivescovi Metropoliti che ieri nella Basilica Vaticana avete ricevuto il Pallio ed accogliere anche i vostri familiari ed amici che vi accompagnano. Si prolunga così la gioia della comunione vissuta nella festa dei due grandi Apostoli, in cui ho potuto imporvi il Pallio, simbolo dell'unità che lega i Pastori delle Chiese particolari al Successore di Pietro, Vescovo di Roma. Rivolgo il mio cordiale benvenuto a ciascuno di voi, che provenite da ogni continente, mostrando in modo significativo il volto della Chiesa cattolica diffusa in tutta la terra.

Mi rivolgo innanzitutto a voi, amati Pastori della Chiesa che è in Italia. Saluto Monsignor Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze, Monsignor Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Siracusa, e Monsignor Domenico Umberto D'Ambrosio, Arcivescovo di Lecce. Siamo all'inizio dell'Anno Sacerdotale: sia pertanto vostra cura essere pastori esemplari, zelanti e ricchi di amore per il Signore e per le vostre comunità. Potrete così guidare e sostenere saldamente i sacerdoti, vostri primi collaboratori nel ministero pastorale, e cooperare in modo efficace alla diffusione del Regno di Dio nell'amata terra d'Italia.

Sono lieto di accogliere i pellegrini francofoni venuti per accompagnare i nuovi Arcivescovi metropoliti a cui ho avuto la gioia di imporre il pallio. Desidero innanzitutto salutare Monsignor Ghaleb Moussa Abdalla Bader, Arcivescovo di Algeri (Algeria), Monsignor Pierre-André Fournier, Arcivescovo di Rimouski (Canada), Monsignor Joseph Aké Yapo, Arcivescovo di Gagnoa (Costa d'Avorio), Monsignor Marcel Utembi Tapa, Arcivescovo di Kisangani (Repubblica Democratica del Congo), e Monsignor Philippe Ouédraogo, Arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso). Porgo i miei cordiali saluti anche ai vescovi, ai sacerdoti e ai fedeli dei vostri Paesi, assicurandoli della mia fervente preghiera. Il pallio è un segno di comunione particolare con il Successore di Pietro. Che questo segno sia anche per i sacerdoti e per i fedeli delle vostre diocesi un invito a consolidare sempre più un'autentica comunione con i loro Pastori e fra i membri della Chiesa!.

Estendo affettuosi saluti agli Arcivescovi Metropoliti anglofoni ai quali ho imposto il pallio ieri: Arcivescovo Paul Mandla Khumalo di Pretoria (Repubblica Sudafricana); Arcivescovo J. Michael Miller di Vancouver (Canada); Arcivescovo Allen Henry Vigneron di Detroit (Stati Uniti d'America); Arcivescovo Anicetus Bongsu Antonius Sinaga di Medan (Indonesia); Arcivescovo Philip Naameh di Tamale (Ghana); Arcivescovo Timothy Michael Dolan di New York (Usa); Arcivescovo Vincent Gerard Nichols di Westminster (Regno Unito); Arcivescovo Robert James Carlson di Saint Louis (Usa); Arcivescovo Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij di Bangkok (Thailandia); Arcivescovo George Joseph Lucas di Omaha (Usa); Arcivescovo Gregory Michael Aymond di New Orleans (Usa) e Arcivescovo Patabendige Don Albert Malcolm Ranjith di Colombo (Sri Lanka). Porgo il benvenuto anche ai loro familiari, parenti, amici e fedeli delle rispettive Arcidiocesi, che sono giunti a Roma per pregare con loro e per condividere la loro gioia in questa lieta occasione. Il pallio si riceve dalle mani del Successore di Pietro e viene indossato dagli Arcivescovi come segno di comunione nella fede e nell'amore e nel governo del popolo di Dio. Inoltre ricorda ai Pastori le proprie responsabilità secondo il cuore di Gesù. A tutti voi imparto con affetto la mia Benedizione Apostolica quale pegno di pace e di gioia nel Signore.

Saluto cordialmente gli Arcivescovi metropoliti di lingua spagnola venuti a Roma per la solenne cerimonia dell'imposizione del pallio: Domingo Díaz Martínez, di Tulancingo; Manuel Felipe Díaz Sánchez, di Calabozo; José Luis Escobar Alas, di San Salvador; Carlos Osoro Sierra, di Valencia; Victor Sánchez Espinosa, di Puebla de los Ángeles; Carlos Aguiar Retes, di Tlalnepantla; Ismael Rueda Sierra, di Bucaramanga, e Braulio Rodríguez Plaza, di Toledo, come pure i familiari, gli amici, i sacerdoti e i fedeli delle loro rispettive Chiese particolari che li accompagnano. Cari fratelli nell'Episcopato, che le croci di seta nera ricamate sul pallio vi ricordino che dovete configurarvi ogni giorno di più a Gesù Cristo! Seguendo le sue orme di Buon Pastore, siate sempre segni di unità in mezzo ai vostri fedeli, consolidando i vostri vincoli di comunione con il Successore di Pietro, con i vostri Vescovi suffraganei e con tutti coloro che collaborano alla vostra missione evangelizzatrice. In questo Anno Sacerdotale appena iniziato, portate nel profondo del cuore i vostri presbiteri, i quali si aspettano da voi un rapporto cordiale, come padri e fratelli che li accolgono, ascoltano e si preoccupano di loro. Sotto la protezione di Maria Santissima, Regina degli Apostoli, che è tanto venerata nelle terre da cui provenite, il Messico, il Venezuela, El Salvador, la Colombia e la Spagna, pongo le vostre persone e le vostre comunità diocesane.

Accolgo con gioia i familiari e gli amici dei nuovi Arcivescovi metropoliti del Brasile, che sono venuti per accompagnarli nell'imposizione del pallio, segno di profonda comunione con il Successore di Pietro. In questa comunione rivolgo un particolare saluto a Monsignor Sérgio da Rocha, di Teresina; Monsignor Maurício Grotto de Camargo, di Botucatu; Monsignor Gil Antônio Moreira, di Juiz de Fora, e Monsignor Orani João Tempesta, di São Sebastião do Rio de Janeiro. Trasmettete i miei saluti ai presbiteri e a tutti i fedeli delle vostre arcidiocesi, affinché, uniti nella stessa fede di Pietro, possano contribuire all'evangelizzazione della società. Quale pegno di gioia e di pace nel Signore, imparto a tutti la mia Benedizione.

Saluto Lei, Monsignor Mieczyslaw Mokrzycki, Arcivescovo di Lviv dei Latini, e quanti la circondano in questo momento di viva comunione ecclesiale. Ancora una volta, Le sono grato per il servizio che ha reso alla Chiesa, quale collaboratore mio, e, prima, del mio venerato predecessore Giovanni Paolo II. Lo Spirito del Signore La accompagni nel ministero pastorale a favore dei fedeli affidati alle Sue cure, ai quali invio un cordiale saluto.

Saluto cordialmente i polacchi qui presenti. In particolare saluto il nuovo Metropolita di Szczecin-Kamień, Arcivescovo Andrzej Dzięga, il quale ieri ha ricevuto il pallio e i fedeli provenienti da questa Metropoli. Nell'anno Sacerdotale il pallio sia anche per i presbiteri un simbolo e una sfida per costruire la comunione con il proprio vescovo, tra loro e anche con i fedeli. Implorando per voi tutti i doni della Divina carità, di cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo.

Cari fratelli e sorelle, l'odierna memoria dei Protomartiri di Roma sia stimolo per ognuno di voi a un amore sempre più intenso verso Gesù Cristo e la sua Chiesa. Vi accompagni la materna assistenza di Maria, Madre della Chiesa, dei santi Apostoli Pietro e Paolo e di san Giovanni Maria Vianney. A tutti e a ciascuno la mia benedizione.

[Traduzione del testo originale plurilingue a cura de “L'Osservatore Romano”]

Iraq: controversie per l'ipotesi di una patria per i cristiani

KÖNIGSTEIN, martedì, 30 giugno 2009 (ZENIT.org).- In Iraq è scoppiata un’accesa controversia sul progetto di nuova Costituzione per il Kurdistan iracheno che potrebbe garantire ai cristiani una patria nel nord del Paese.

La proposta è stata condannata da 50 deputati del Parlamento iracheno in vista di un referendum previsto al riguardo nella regione autonoma curda il 25 luglio.

Il deputato Ossama al-Nujaifi, ricorda un comunicato inviato dall’associazione caritativa cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) a ZENIT, ha attaccato violentemente l’idea affermando che la Costituzione del Kurdistan è incompatibile con quella federale e che darebbe al Parlamento del Kurdistan iracheno più poteri che al Parlamento nazionale di Baghdad.

Il documento riconosce formalmente il gruppo etnico “caldeo siriaco assiro”, al quale appartengono molti cristiani, così come il diritto di regolamento autonomo in zone in cui un gruppo etnico rappresenta la maggioranza.

Parlando ad ACS, fr. Bashar Warda ha affermato che la Costituzione proposta “assicurerebbe alle minoranze pieni diritti: culturali, religiosi…”

“Sarebbe garantita l’autonomia – ma solo se la si chiede, non verrebbe data automaticamente”, ha aggiunto.

Opinioni contrastanti

Non tutti i cristiani iracheni sostengono l’idea di una patria cristiana. Se gruppi come il Movimento Democratico Assiro hanno chiesto un territorio cristiano in Kurdistan – vedendolo come l’“ultima speranza” per i cristiani perseguitati del Paese –, altri temono che questo porti all’isolazionismo.

Parlando ad ACS nel 2008, l’Arcivescovo Jean Sleiman, leader dei 5.000 cattolici iracheni di rito latino, ha infatti affermato che qualsiasi piano che preveda un’enclave cristiana nel nord implicherebbe la creazione di “un ghetto”.

Secondo fr. Warda, le opinioni variano “da Vescovo a Vescovo, da luogo a luogo, da chiesa a chiesa. L’atteggiamento della Chiesa siriaca è diverso da quello della Chiesa caldea”.

“Non si può contare sul fatto che un’unica voce faccia capire qual è la decisione della Chiesa – non si può prendere un punto di vista in rappresentanza di tutti i cristiani”.

Per il religioso, il modo migliore per risolvere le divergenze d’opinione è il processo politico.

La nuova Costituzione è già stata approvata dal Parlamento curdo il 24 giugno, ma deve essere ratificata dal referendum pubblico.

Il ritiro delle truppe USA

Quella dei diritti dei cristiani è una delle questioni all’ordine del giorno nel momento particolarmente delicato che l’Iraq sta vivendo per il ritiro delle truppe statunitensi, a sei anni dal conflitto che ha portato alla fine del regime di Saddam Hussein e a una guerra civile che ha provocato moltissime vittime.

Il Vescovo ausiliare di Baghdad, monsignor Sleimon Warduni, ha confessato alla “Radio Vaticana” che “ciò che aspettiamo è la pace, è la sicurezza, perché abbiamo veramente sofferto tanto: tanti i morti, tantissimi i feriti, tanti orfani e tante vedove e specialmente tanta immigrazione”.

Questa situazione, ha spiegato, “diminuisce non solo il numero, ma anche la forza dei cristiani”, che “un tempo erano milioni e purtroppo adesso sono migliaia”.

“Questo ci fa male. Però, le nostre speranze sono nel futuro e cominciano da oggi, perché è una bella cosa che gli iracheni custodiscano l’Iraq – ha riconosciuto –. Certamente, le truppe degli alleati hanno fatto il possibile, ma adesso spetta agli iracheni”.

Attualmente, ha osservato, “è una festa grande nazionale, perché comincia la libertà vera degli iracheni, perché possono guidarci e risolvere da soli i loro problemi”.

“Si sente un’aria di gioia in tutti quanti, anche se c’è qualcuno che non è d’accordo, perché teme che le violenze aumentino e così via. Noi, però, aspettiamo questa libertà vera, democratica, perché sia concessa a tutti, come pure i diritti a noi cristiani, perché a volte sentiamo che sono calpestati”.