ROMA, mercoledì, 24 giugno 2009 (ZENIT.org).- Con l’articolo che oggi pubblichiamo, viene sospesa per i mesi di luglio e di agosto la rubrica Spirito della Liturgia. La pausa estiva offrirà un tempo di valutazione sul breve percorso sin qui svolto ad experimentum e di riflessione sull’opportunità di riprenderlo. Ci auguriamo, quindi, che il nostro congedo di oggi sia solo un arrivederci a settembre.
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don Mauro Gagliardi
I precedenti articoli pubblicati in questa rubrica hanno illustrato i tre aspetti fondamentali – o poli tematici – degli scritti liturgici di J. Ratzinger, aspetti che sono stati individuati dallo stesso Autore nella prefazione al volume Theologie der Liturgie (Teologia della Liturgia), il primo edito della nuova collana delle sue Gesammelte Schriften (Scritti raccolti). I tre poli tematici sono: il rapporto tra liturgia cristiana e culti delle altre religioni, la relazione tra il culto dell’Antico e del Nuovo Testamento, e il carattere cosmico della liturgia cristiana. Vorrei presentare la solennità odierna, della Natività di san Giovanni Battista, alla luce di questi tre ambiti.
La figura di san Giovanni è davvero sui generis, perché segna il passaggio tra Antico e Nuovo Patto: egli è contemporaneamente l’ultimo profeta e il primo santo. È l’unico cui venga riconosciuto il titolo di Precursore di Cristo; l’unico del quale si celebrino due ricorrenze liturgiche: la Natività ed il Martirio (29 agosto). Sant’Agostino lo ha sottolineato con enfasi: «La Chiesa festeggia la natività di Giovanni, attribuendole un particolare carattere sacro. Di nessun santo, infatti, noi celebriamo solennemente il giorno natalizio; celebriamo invece quello di Giovanni e quello di Cristo» [1]. Cerchiamo ora di capire meglio il motivo di questa speciale devozione che la Chiesa ha sempre nutrito nei confronti del Battista, attraverso i suddetti poli tematici.
1) Il rapporto tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Il racconto evangelico della Presentazione al Tempio di Gesù – un atto liturgico dell’antica legge (cf. Levitico 12) – ci introduce nell’illustrazione di questo aspetto. Luca narra l’episodio al cap. 2, vv. 22-40 del suo Vangelo. La tradizione esegetica ha messo in collegamento il testo lucano con l’oracolo di Malachia 3,1: «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate, l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate». Il messaggero che prepara la via è certamente il Battista. Appena viene il Precursore, «subito» il Signore entra nel suo tempio. Siccome tra Giovanni e Gesù vi è una differenza di età di appena sei mesi (cf. Luca 1,26), si può ben dire che, subito dopo la nascita del Precursore, il Signore Gesù è entrato nel tempio, come narra Luca nell’episodio della Presentazione. Va infatti ricordato che nel tempio, all’epoca in cui vi viene presentato Gesù Bambino, non c’è più la Presenza divina, mancando l’arca dell’alleanza dal luogo chiamato «Santo dei santi». Così scrive Giuseppe Ricciotti: «Nel Tempio di Salomone [c’]era stata l’Arca dell’Alleanza; ma, distrutta questa, il “santo dei santi” del nuovo Tempio rimase una stanza misteriosamente oscura e vuota. Pompeo Magno, che vi penetrò nel 63 av. Cr., vi trovò nulla intus deum effigie vacuam sedem et inania arcana (Tacito, Historiae, V, 9). Nel “santo dei santi” entrava soltanto il sommo sacerdote un solo giorno all’anno […]; secondo una tradizione rabbinica (Joma, V, 2) il sommo sacerdote entrato colà, deponeva il turibolo su una pietra alta tre dita che ricordava il posto ove anticamente era stata l’Arca» [2]. Nessuna sorpresa, quindi, che il profeta Malachia, che scrive certamente in un periodo in cui è venuto meno l’entusiasmo per l’edificazione del secondo tempio, auspichi un ritorno del Signore nel tempio. La figura del Precursore anticipa questo ritorno e prepara il passaggio dal culto antico a quello nuovo, nel quale Gesù stesso si definirà come tempio del nuovo culto in Spirito e verità (cf. Giovanni 2,19-21; 4,21-23). Prosper Guéranger ha commentato: «Giovanni sta per nascere e, sebbene sia ancora incapace di parlare, egli deve sciogliere la lingua di suo padre [Zaccaria]. Egli deve porre fine a quella mutezza alla quale l’anziano sacerdote, che è figura della vecchia legge, è stato costretto dall’angelo» [3]. Nella stessa linea interpretativa, il Sacramentario gelasiano presenta la seguente orazione: «O Dio onnipotente ed eterno, che nei giorni del beato Giovanni Battista hai portato a compimento le istituzioni della legge e gli annunci dei santi profeti, fa’, te ne preghiamo, che cessando le figure ed i simboli, ci parli con la sua manifestazione la stessa Verità, Gesù Cristo Nostro Signore».
2) Il rapporto con altre religioni. La figura di san Giovanni è centrale per il cristianesimo, ma è importante anche per altre religioni. «Egli fu, infatti, un predicatore giudeo, contemporaneo di Gesù, ma riconosciuto dai cristiani come precursore del Cristo. In quanto tale, Giovanni divenne un personaggio di primo piano nell’immaginario religioso non solo del cristianesimo, […] ma anche di quelle altre religioni che, nelle loro fasi costitutive, furono in contatto col cristianesimo» [4]. Nella nostra prospettiva, ciò che ci sembra importante sottolineare è ovviamente il ruolo di Indicatore, svolto da Giovanni in quanto profeta che rimanda a Cristo. Stante l’universale ricerca di verità, l’universale ricerca del vero Dio, nascosta e persino stravolta nei vari culti religiosi dell’umanità, il ruolo del Battista è qui esattamente quello di Indicatore. Cristo è «la luce del mondo» (Giovanni 8,12) e «degli uomini» (Giovanni 1,4); Giovanni Battista è l’uomo «mandato da Dio» (Giovanni 1,6), senza la cui missione la vera Luce sarebbe rimasta sconosciuta (cf. Giovanni 1,8). Von Balthasar individuava l’essenza del proprio pensiero teologico facendo riferimento al «dito di Giovanni Battista» (Johannesfinger), raffigurato in un celebre dipinto di M. Grünewald [5]: la teologia di Balthasar voleva cioè essere un rimando incessante all’Agnello di Dio crocifisso per noi. La liturgia non può essere da meno e la solennità odierna lo ricorda: la liturgia cristiana è un potente Indicatore di Cristo ai popoli, come il Battista. Secondo Sacrosanctum concilium 2, la liturgia ha un duplice effetto: da un lato, edifica i credenti nel tempio santo del Signore e conferisce loro la forza necessaria per annunciare Cristo; dall’altro, per coloro che ne sono al di fuori, la liturgia sacra mostra la Chiesa come «signum levatum in nationes», un vessillo innalzato sulle nazioni: espressione che si incontra in Isaia 11,12 e che era stata usata dal concilio Vaticano I per definire l’aspetto visibile e sociale della Chiesa [6]. Il Vaticano II applica qui alla liturgia ciò che il Vaticano I diceva in generale della Chiesa. I fedeli delle altre religioni vengono attratti dal segno-Chiesa e dal segno-liturgia, soprattutto quando l’una e l’altra appaiono in modo tale da facilitare simile attrazione.
3) Il carattere cosmico. La figura di san Giovanni risulta essere ancor più significativa per il carattere cosmico della liturgia cristiana. «Il parallelo con Gesù, con lo sfasamento di sei mesi esatti fondato su Luca 1,26, portò a considerare la festa di san Giovanni un “natale d’estate”, erede di feste solstiziali pagane come il “natale d’inverno”. Fu facile vedere nel corso dell’anno la realizzazione della profezia di Giovanni 3,30 [“Lui deve crescere; io invece diminuire”] giacché dopo il natale di Giovanni [24 giugno] le giornate “diminuiscono”, mentre dopo quello di Gesù [25 dicembre] “crescono”. Le feste dei due
concepimenti, anticipate ciascuna di nove mesi rispetto ai rispettivi natali, caddero nei pressi degli equinozi, sacralizzando il calendario astronomico» [7]. Questo intreccio tra una figura della storia salvifica – Giovanni – e i ritmi cosmici (l’una e gli altri guidati dallo stesso Dio) ha trovato nella devozione e nella liturgia della Chiesa un fruttuoso sviluppo. In particolare, si è inserita la presenza del Battista in un momento penitenziale di grande importanza, il Confiteor della Messa. Nella forma oggi detta «straordinaria», ossia la Messa secondo l’usus antiquior, il testo del Confiteor nomina, assieme alla Vergine Maria, san Giovanni Battista, san Michele arcangelo e i santi apostoli Pietro e Paolo. La menzione del Battista in quella preghiera è legata innanzitutto al carattere eminentemente penitenziale del ministero di san Giovanni, quindi principalmente ad una ragione fondata sulla storia salvifica [8]. Ma la compresenza di san Michele arcangelo e dei santi Pietro e Paolo ha fatto supporre anche una motivazione basata sull’astronomia: nel precedente calendario liturgico, infatti, san Michele aveva una sua solennità propria (prima dell’unificazione con gli altri due arcangeli) al 29 settembre, mentre i santi Pietro e Paolo si celebravano, com’è ancora, il 29 giugno. Queste date – come quella del Natale del Signore, che come si è detto va considerato in stretta relazione con la Natività del Battista – cadono in prossimità dei solstizi e degli equinozi, che segnano l’inizio delle stagioni. L’equinozio di primavera cade il 21 marzo e il 25 si celebra la solennità dell’Annunciazione a Maria, ossia dell’Incarnazione del Verbo [9], sebbene sia stato ipotizzato anche un riferimento alla Pasqua. Il solstizio d’estate cade il 21 giugno, molto vicino alla Natività del Battista e non lontano dalla solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo. L’equinozio d’autunno è il 23 settembre, piuttosto prossimo alla solennità di san Michele. Infine, cade il 21 dicembre il solstizio d’inverno, in corrispondenza del Natale del Signore [10]. Tutto ciò può suonare strano all’odierna sensibilità neopositivista, ma non lo era affatto in passato: siccome Cristo è il Sole di giustizia, era ritenuta cosa ovvia che il sole di questo mondo, anche nel suo moto (apparente) attorno alla terra, manifestasse la presenza di Cristo e della sua opera di salvezza. Il riferimento al Battista ed ai cicli cosmici ci rimanda allora ancora a Cristo, come scrive Guéranger: «L’eterna Sapienza decretò che allo stesso modo in cui il sole che sorge è annunciato dalla stella del mattino, e prepara la sua venuta con la temperata brillantezza dell’aurora, così Cristo, che è Luce, doveva essere preceduto quaggiù da una stella, il suo Precursore» [11].
Tutto ciò, oltre a costituire una declinazione dei tre poli tematici segnalati da Ratzinger, spiega la grande devozione della Chiesa nei confronti del Battista. Moltissime chiese nel mondo sono a lui dedicate e, tra queste, spicca ovviamente la cattedrale del Vescovo di Roma, San Giovanni in Laterano, madre di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe [12]. Il Battista, in quanto battezzatore di Cristo, possiede inoltre il patronato sul sacramento cristiano del battesimo e quindi accompagna la rinascita divina di tutti i nuovi figli della Chiesa. Non a caso, il rito del battesimo prevede l’invocazione del suo nome tra le litanie prescritte, subito dopo quello della Madre di Dio. La Chiesa, si può dire, cresce di numero sotto l’influsso della sua intercessione.
Note
[1] Agostino di Ippona, Discorso 293, 1: PL 38, 1327. [2] G. Ricciotti, Vita di Gesù Cristo, § 47: qui nell’ediz. Mondadori, Milano 2007, pp. 54-55. In realtà, non si trattava di Pompeo Magno, ma di suo figlio, Gneo Pompeo, che agiva sotto la direzione del padre. [3] P. Guéranger, L’Année liturgique. Le temps après la pentecôte, H. Oudin, Paris – Poitiers 19039, III, p. 287. [4] E. Lupieri, «Giovanni Battista», in C. Leonardi – A. Riccardi – G. Zarri (ed.), Il grande libro dei Santi, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1998, II, p. 858. [5] Cf. M. Albus (ed.), «Geist und Feuer. Ein Gespräch mit Hans Urs von Balthasar», Herder Korrespondenz 30 (1976), p. 73. Cf. H.U. von Balthasar, «Il Battista», in «Tu hai parole di vita eterna», Jaca Book, Milano 1992, p. 28. [6] Concilio Vaticano I, Dei Filius, cap. 3: DS 3014. [7] E. Lupieri, «Giovanni Battista», cit., p. 860. Così anche Guéranger, cit., p. 302. [8] «Giovanni non parla mai né di espellere i Romani, né intende mai sovvertire le strutture sociali o allontanare gli Erodiani. Egli è assertore di una sola cosa: il peccato deve essere allontanato»: R. Schneider – C.P. Thiede, «Giovanni Battista», in Nuovo Dizionario Enciclopedico Illustrato della Bibbia, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2005, p. 468. [9] Bisogna ricordare che per gli antichi la data dell’equinozio di primavera era il giorno VIII dalle calende di aprile, quindi il 25 marzo: cf. Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XVIII, 246. [10] Cf. M. Stanzione (ed.), San Michele. L’archistratega di Dio, Segno, Tavagnacco (UD) 2006, pp. 71-76. [11] P. Guéranger, L’Année liturgique , cit., p. 284. [12] Com’è noto, la Basilica lateranense è dedicata innanzitutto al Santissimo Salvatore e poi anche ai due san Giovanni: Battista ed Evangelista. Il titolo completo è: Archibasilica Sanctissimi Salvatoris et Sancti Iohannes Baptista et Evangelista in Laterano omnium urbis et orbis ecclesiarum mater et caput.