SS. Corpo e Sangue di Cristo: il Caleidoscopio che salva la vita

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di padre Angelo del Favero* 

 

ROMA, venerdì, 12 giugno 2009 (ZENIT.org).- “Il primo giorno degli azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: ‘dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?’. (…) Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala già pronta; lì preparate la cena per noi. (…) Venuta la sera, egli arrivò con i dodici.

Ora mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: “In verità vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà”. Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: ‘Sono forse io?’. Egli disse loro: ‘Uno dei dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!’.

E mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: ‘Prendete, questo è il mio corpo’. Poi prese un calice e rese grazie. Lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: ‘Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti (…)’” (Mc 14,12.17-19.22-25).

Ho voluto aggiungere e sottolineare i versetti omessi dal Lezionario odierno perché mi sembra impossibile comprendere l’istituzione del Sacramento dell’amore “estremo” di Gesù, omettendo il racconto del  tradimento.

E’ proprio a questo, infatti, che Gesù volge anzitutto il suo sguardo introducendo con un solenne “Amen” (tradotto con “In verità”) l’annuncio del mistero dell’Eucaristia, mistero d’amore del suo Cuore che si lascia trafiggere da un amico  per liberare lui e tutti noi dall’inimicizia del peccato.

Con questo “Amen”, il Signore non intende semplicemente un “ascoltatemi bene”, ma dichiara apertamente il consenso della sua volontà: bere fino in fondo il calice che non i discepoli (“dove vuoi che andiamo a preparare la pasqua?”), ma il Padre gli ha preparato, accettando l’imminente glorificazione della croce.

Amen” perciò equivale a “Eccomi...avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38).  Per Gesù, ora, questa parola è il tradimento di Giuda.

Il Signore volontariamente porge la guancia al bacio dell’amico omicida (come non pensare, con timore e tremore, anche alle nostra labbra che si accostano ogni domenica al Corpo del Signore?), per rivelare e comunicare in tal modo, e per tale dolorosissima via, l’amore infinito di Dio per ogni uomo (Esortazione apostolica “Sacramentum Caritatis”, n. 1).

Una consegna di Sé che era stata decisa trentatre anni prima, quando lo stesso Amen era risuonato nel Cieli, nel giorno in cui, a Nazaret, una fanciulla aveva permesso a Cristo di entrare nel mondo dicendo: “Ecco, io vengopoiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,7).

Singolarissima affermazione!

Il Figlio del Dio invisibile, il “Verbo della vita”, non si era ancora fatto Carne nel grembo di Maria, e “già” acconsentiva, nel Seno del Padre, al tradimento di uno dei suoi discepoli, già anelava a farsi “Eucaristia”. L’Incarnazione, infatti, è in vista dell’Ultima Cena, della Redenzione operata dal sangue di Cristo, come rivelano le parole della consacrazione: “Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi. Questo è il calice del mio sangue, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”.

Sì, l’Amen di Gesù,  nella “grande sala arredata e già pronta al piano superiore”, è l’eco di quello da Lui pronunciato davanti agli Angeli al “piano superiore” e nella “grande sala” del Cielo, per aderire al disegno salvifico del Padre per noi: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,5-7).

Commenta la Bibbia “Via, Verità e Vita”: “Dio non gradisce animali e cose, ma la persona umana (“corpo” sta per tutto l’uomo), che aderisce liberamente alla volontà di Dio. E’ questo il nuovo sacrificio, che abolisce i precedenti e che ci ha resi santi (cf v. 10).”.

Ecco: la preparazione della grande sala arredata ci orienta verso la preparazione del corpo. Ma di quale corpo si tratta? E come intendere tale preparazione?

Infatti si può preparare materialmente una sala e si prepara l’olocausto di tori e di capri da offrire in sacrificio, ma non si prepara il corpo di una persona, dal momento che il corpo non è un oggetto di cui si può disporre, ma è la persona che liberamente dispone di sé.

Questa soggettiva preparazione è allora l’obbedienza della volontà personale, chiamata ad aderire liberamente alla volontà di Dio.

Il Padre, tuttavia, ha dovuto “preparare” qualcosa per il suo Figlio: gli ha preparato “una sala” piccolissima, da Lui stesso arredata 14-15 anni prima con ogni bellezza e splendore, gli ha preparato il  “corpo” di cui parla implicitamente Gesù, il corpo di una madre, il corpo immacolato di Colei che doveva essere l’Arca santa e viva del Signore.

Vediamo allora che il più grande evento della storia umana, non solo è coinciso con l’istante del concepimento di un uomo, ma è stato preparato dalla grazia di un singolarissimo privilegio concesso nell’istante del concepimento di una donna.

Queste considerazioni ci aiutano a comprendere le parole del mirabile canto eucaristico dell’”Ave verum”, cosi chiamato dalle sue prime due parole latine: “Ave verum corpus natum de Maria Virgine; vere passum, immolatum in cruce pro homine, cuius latus perforatum fluxit aqua et sanguine. (…)”: Ave vero corpo nato da Maria Vergine che veramente patì e fu immolato per l’uomo sulla croce, il cui costato trafitto sgorgò acqua e sangue. (…)”.

Commenta così Raniero Cantalamessa:”E’ il Gesù nato da Maria a Betlemme, lo stesso che “passò facendo del bene a tutti” (At 10,38), che morì sulla croce e risuscitò il terzo giorno, colui che vive oggi nel mondo, non una sua vaga presenza spirituale, e, come dice qualcuno, la sua “causa”. L’Eucaristia è il modo inventato da Dio per rimanere per sempre l’Emmanuele, il Dio-con-noi” (in “Questo è il mio corpo”, l’Eucaristia alla luce dell’Adoro te devote e dell’Ave verum”, p. 130).

Dice “modo inventato” non per farci riflettere sulla fantasia di Dio, ma per inabissarci nell’inconcepibile amore di Gesù, il quale “trasforma un evento di rottura – il bacio di Giuda – in un mezzo atto a stabilire la comunione con Dio e i fratelli, la trasformazione del sangue criminalmente versato dai nemici in sangue di alleanza. Questa trasformazione è veramente stupenda, è una straordinaria vittoria dell’amore.” (Card. A. Vanhoye, Accogliamo Cristo nostro Sommo Sacerdote, E.S. con Benedetto XVI, p. 102).

Questa mirabile capacità di trasformazione dell’odio omicida in amore che da la vita, è il “pleroma”, la pienezza amorosa, dinamica e corporale dell’Eucaristia, che Gesù, Vite vera, comunica a noi suoi tralci, perché portiamo più
frutto
, quel “di più” umanamente impossibile che Egli comanda ai discepoli nell’Ultima Cena: “Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,1s).

Trasformare una coscienza che odia a morte il suo prossimo in una che è pronta a dare la vita per lui, è opera possibile solo al Dio dell’Eucaristia, come promette oggi Eb 9,13-14: “Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte , perché serviamo al Dio vivente?”.

L’espressione “Spirito eterno” non indica lo Spirito Santo, ma la potenza divina che sostiene l’umanità di Gesù nella sua passione e morte di croce, una potenza in grado non solamente di purificare la macchie delle opere omicide, ma anche di “restaurare” in toto il capolavoro divino della coscienza umana, spesso deturpato al punto da non riconoscere più la Verità, perché questa stessa è diventata “una deificazione della soggettività, di cui la coscienza è oracolo infallibile, che non può essere messa in questione da niente e da nessuno.” (Benedetto XVI, “L’elogio della coscienza”, p. 42).  

Questo diabolico e perverso suggerimento operato dalla “dis-coscienza” di molti, è provato con dolorosa evidenza da quella “menzogna sul corpo” che caratterizza oggi la mentalità comune: “Il corpo non è più percepito spontaneamente dal soggetto come la forma concreta di tutte le sue relazioni nei confronti di Dio, degli altri e del mondo,…appare piuttosto come uno strumento al servizio di un progetto di benessere, elaborato e perseguito dalla ragione tecnica, la quale calcola come potrà trarne il profitto migliore.” (id., p. 42-43).

Da un simile inganno non può che provenire “l’individualismo, il materialismo, l’utilitarismo e l’ideologia edonista della realizzazione di se stessi da parte di se stessi” (p. 42).

Con tale presupposto ideologico la negazione teorica e pratica della dignità assoluta della vita umana (assoluta significa non solo il suo valore non negoziabile, ma la sua piena ed inscindibile presenza nell’essere umano per ciò stesso che è un uomo sin dal concepimento) è consequenziale.

Al di là delle ragioni antropologiche e culturali di tutto ciò, la più vera e radicale interpretazione è quella data da Benedetto XVI: “In sintesi possiamo dire che la radice ultima dell’odio e di tutti gli attacchi contro la vita umana è la perdita di Dio. Dove Dio scompare, scompare anche la dignità assoluta della vita umana.” (id., p. 47).

Potrei aggiungere: dove scompare Cristo, come “Via, verità e vita” dell’uomo, “Pietra d’angolo” del cosmo e della storia, dove cioè scompare la fede nel mistero del Corpo di Cristo (Incarnazione ed Eucaristia), anche la luce vera della coscienza finisce per impallidire e smorzarsi del tutto.

Allora non si riconosce più che il rispetto incondizionato per la vita dell’uomo appena concepito è la vera ed unica pietra angolare di un umanesimo integrale, capace di costruire e ricostruire la civiltà dell’amore.

La verità dell’uomo è Cristo, e il Corpo di Cristo è la verità del corpo dell’uomo, del corpo di ogni uomo sin dal primo istante della sua esistenza nel grembo della madre.

Per questo ogni violazione della dignità assoluta della vita umana è  un gravissimo peccato di profanazione eucaristica del Corpo di Cristo, capace di smembrare mortalmente l’intero corpo dell’umanità, straziandolo in frantumi e frammenti come un aborto volontario.

Ma è proprio il santissimo Corpo di Cristo che impedisce la distruzione totale dell’uomo e dell’umanità che Egli ha assunto. Infatti l’Eucaristia è il sacramento di quella divina Misericordia con la quale il Padre guarda la debolezza mortale della nostra sfinita umanità come da un caleidoscopio. E come questo strumento riesce a trasformare, nello sguardo stupito, alcuni frammenti di oggetti rotti e inutilizzati in un disegno armonioso di sorprendente bellezza, così attraverso il caleidoscopio del Corpo di Cristo, che è il suo Cuore Misericordioso, Dio vede l’umanità ricomposta nella bellezza del suo progetto originario: la somiglianza con il suo Figlio divino.

La vede perché vede Gesù in ogni essere umano concepito sotto il cuore della Madre.

Ed è così che Maria guarda ogni madre che si è lasciata indurre nella tentazione di  sopprimere il frutto benedetto del suo seno.

———

* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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