BRAGA (Portogallo), venerdì, 12 giugno 2009 (ZENIT.org).- Mettere a tacere la componente cristiana della società vuol dire mettere a tacere la verità, considerano i rappresentanti dei Vescovi spagnoli e portoghesi.
“La realtà sociale e culturale dei nostri Paesi, che i mezzi di comunicazione sociale devono riflettere, ha un’innegabile componente religiosa cristiana che fa parte della nostra identità e che non si può mettere a tacere senza mancare alla verità”, affermano.
Lo segnala il comunicato finale dell’incontro iberico 2009 delle commissioni episcopali per la comunicazione sociale di Spagna e Portogallo, celebrato nella città portoghese di Braga dall’8 al 10 giugno.
I Vescovi hanno reclamato più spazio per Dio e per il cristianesimo nei mezzi di comunicazione e hanno chiesto che in essi vengano rispettati i sentimenti dei cattolici e delle istituzioni che li rappresentano.
Nel corso della riunione, hanno analizzato come i media trattano la religione cattolica e come comunica la Chiesa, soprattutto attraverso le nuove tecnologie e Internet.
Nel comunicato finale della riunione, “i Vescovi reclamano il diritto dei cattolici di mostrare la propria visione cristiana della vita, senza complessi e con rispetto per la pluralità delle espressioni esistenti”.
“Constatano un secolarismo crescente nella società attuale, che lancia sospetti su ogni presenza del fatto religioso cristiano nello spazio pubblico, del quale i mezzi di comunicazione sono il principale esponente”, segnala il testo.
I presuli ribadiscono anche il “diritto e dovere della Chiesa di mostrare, attraverso media propri o con la presenza dei cattolici nei media pubblici e privati, le risposte che il cristianesimo offre agli interrogativi degli uomini e delle donne di oggi”.
Le comunicazioni sociali non sono una “zona franca”
Dall’altro lato, chiedono che si educhino soprattutto i più giovani a usare in modo critico, maturo e responsabile i mezzi di comunicazione e le nuove tecnologie, principalmente Internet.
“Il mondo delle comunicazioni sociali non può essere una ‘zona franca’, esente da responsabilità etiche e morali, dalla cura e dalla vigilanza dei genitori e degli educatori e dall’azione protettiva delle autorità, che hanno il dovere di difendere i minori dai contenuti inadeguati dei media”, sottolineano.
Allo stesso modo, ribadiscono il proprio “apprezzamento per i mezzi di comunicazione sociale come doni che Dio concede alla persona umana perché possa sviluppare la sua capacità di comunicazione e costruire una società libera, pacifica e democratica”.
I presuli affermano inoltre “la necessità del loro utilizzo al servizio della missione della Chiesa, per cui è necessario potenziare da un lato la pastorale specifica delle comunicazioni sociali, dall’altro richiedere che tutta l’azione pastorale della Chiesa sia più comunicativa”.
Esortano infine i comunicatori cristiani ad ampliare la presenza della dimensione religiosa nei media e la comunicazione sociale nella vita della Chiesa. Di fronte alla crisi attuale, chiedono ai media di favorire i valori morali, soprattutto la solidarietà.