di Luca Marcolivio

ROMA, giovedì, 11 giugno 2009 (ZENIT.org).- Una serio punto interrogativo nella Chiesa italiana è rappresentata dalla pastorale battesimale. Di anno in anno sono sempre meno i bambini che ricevono il battesimo e la preparazione catechetica di genitori e padrini risulta molto carente. Con ricadute negative sulla fede e sulla religiosità dei più piccoli.

A tali problematiche intende dare risposta il saggio “Comunicare la fede ai bambini. Pastorale battesimale ed educazione religiosa in famiglia” (Edizioni Paoline, pp. 312), curato da Fabio Narcisi, giornalista e dirigente dell’Azione Cattolica.

Il libro nasce dall’esperienza concreta dell’autore come catechista presso la parrocchia della Trasfigurazione a Roma. Nella sua pastorale e nella stesura del saggio, Narcisi si è avvalso della collaborazione del parroco, monsignor Battista Pansa.

Il volume è stato presentato presso il Seminario Romano Maggiore della Pontificia Università Lateranense, nel corso di una conferenza moderata da monsignor Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio Catechistico del Vicariato di Roma.“È molto importante recuperare l’attenzione al bambino nelle sue fasi della crescita spirituale – ha affermato nell’introduzione monsignor Luigi Moretti, vice gerente della diocesi di Roma –. Purtroppo assistiamo ad una gravissima impreparazione dei bambini che si apprestano a ricevere la prima comunione: vanno recuperate le loro potenzialità religiose”.

È poi intervenuto monsignor Giuseppe Lorizio, teologo e preside dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose alla Lateranense. “La fede è qualcosa che non si può misurare – ha affermato monsignor Lorizio -. Possiamo misurare la partecipazione alla vita ecclesiale e i criteri di appartenenza e di adesione alle verità di fede. La fede in sé, però, sfugge ad una misurazione quantitativa”.

“La fede quindi va comunicata e testimoniata – ha proseguito il teologo – sin dall’infanzia. Qualcuno afferma che bisognerebbe attendere la maturità prima di attribuire il battesimo. In realtà tale sacramento è un dono e, in quanto tale, precede ogni nostra decisione. Abbiamo forse chiesto ai nostri bambini se volevano venire al mondo?”.

Se non tornerete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli (Mt 18,3): questa frase di Gesù ci spiega che se lo spirito vuole realizzarsi deve rimanere ‘fanciullo’ – ha detto ancora Lorizio – Il bambino ha spesso un approccio ‘magico’ alla realtà, nel quale c’è il risvolto positivo dell’incanto verso il mondo. Ovviamente il bambino va educato a distinguere la favola o il fumetto dalla Verità del Vangelo; il suo cammino di fede va orientato”.

“La nostra più grande sfida e difficoltà – ha spiegato monsignor Pansa – è quella di seguire e catechizzare non una categoria di persone ma un vero spaccato della società. Del bambino Gesù ha una concezione realistica: sa che è nel peccato non per sua colpa, quindi è liberato da tale condizione per dono e grazia. Il battesimo è un dono così grande che solo chi è piccolo può accoglierlo: in esso è radicato il mistero della Chiesa”.

Monsignor Pansa ha poi sottolineato l’importanza della formazione religiosa che non deve venire solo dalla parrocchia ma anche - e soprattutto - dalla famiglia: “Come ha detto una volta il cardinal Ruini, la famiglia deve essere una ‘chiesa domestica’”.

“Abbiamo presentato in giro per l’Italia il risultato della nostra esperienza catechetica – ha proseguito il parroco -. Siamo entrati in contatto con altre parrocchie e diocesi non certo per fare del ‘marketing religioso’, quanto per aiutare a sviluppare una formazione permanente degli adulti”.

Ha infine preso la parola l’autore del libro. “Ho realizzato questa pubblicazione – ha spiegato Narcisi – nell’intento di proporre un cammino di iniziazione cristiana e porre un argine a preoccupanti segnali di scristianizzazione. C’è, ad esempio, un’alta percentuale di bambini che, prima di iniziare il catechismo non sanno farsi il segno della croce, né conoscono il Padre Nostro e l’Ave Maria”.

Narcisi ha poi accennato alle tabelle statistiche riportate nella prima parte del volume: “In Italia la secolarizzazione è attenuata rispetto ad altri paesi europei, tuttavia, anche da noi, la percentuale dei battezzati sui nati è scesa dall’88,7% al 77,8% in otto anni. Nelle grandi città questo calo è più rilevante”.

“Nei capitoli successivi – ha proseguito Narcisi – ho sviluppato un’indagine sulla percezione della fede e della religiosità infantile nell’arco di tre generazioni. Nella fascia d’età degli ultracinquantenni c’è ancora il ricordo di una forte devozione popolare e di una viva presenza della fede in famiglia. Una frase ricorrente delle mamme dell’epoca era: fai il bravo sennò Gesù piange”.

“La generazione dei trenta-quarantenni, da parte sua, identifica essenzialmente la propria esperienza religiosa con la vita parrocchiale e con l’eventuale scuola cattolica frequentata. Si arriva poi alla totale scristianizzazione della generazione dei ventenni per molti dei quali, ad esempio, le festività natalizie hanno il massimo momento di sacralità nello scambio dei regali a mezzanotte…”.

In questo quadro, per molti versi preoccupante, emergono sfide importanti. “Oggi ci sono famiglie che battezzano i figli solo per rispetto di una tradizione. Tuttavia la nascita di un bambino pone sempre i genitori di fronte al mistero della vita del quale la Chiesa è chiamata a fornire un senso e una visione ‘alta’ di ciò che è accaduto”, ha aggiunto Narcisi.

“Pertanto le ancora numerose famiglie che bussano alle porte dei parroci, chiedendo il battesimo per i loro bambini, rappresentano una ‘opportunità’ di catechesi. Circa un 20% sono coppie non sposate o sposate solo civilmente. Anche questo dato invita ad uno sforzo pastorale particolarmente forte”.

“Va riscoperta la dimensione del battesimo come evento non solo familiare ma come una gioia per l’intera comunità parrocchiale”, ha aggiunto.

“Inoltre è importante un maggiore coinvolgimento delle coppie sposate nella catechesi battesimale – ha poi concluso –. Va infine colmato il vuoto che separa il battesimo dalla prima comunione: quei primi anni di vita sono importantissimi nella formazione religiosa del bambino, come pure dei suoi genitori”.