La Chiesa italiana prepara le Settimane sociali

Speranza in Cristo, responsabilità per vita e famiglia e denuncia della speculazione

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di Antonio Gaspari

ROMA, martedì, 9 giugno 2009 (ZENIT.org).- Speranza in Cristo, responsabilità su vita e famiglia e denuncia della speculazione, sono i temi al centro dell’organizzazione delle Settimane sociali, che si terranno a Reggio Calabria dal 14 al 17 ottobre 2010.

“Speranza, responsabilità, agenda” sono le tre parole-chiave su cui dovrà essere costruito il contesto e trovate le risposte alla crisi morale, economico e finanziaria che sta colpendo non solo l’Italia.

In una intervista a ZENIT, Edoardo Patriarca, Segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali, ha precisato i contenuti e le finalità del Biglietto di invito presentato alla stampa venerdì 17 aprile.

La perdita della speranza è il più grande dei problemi del nostro tempo. Ma si può nutrire e alimentare la speranza senza Cristo?

Patriarca: La nostra speranza vive della promessa fattaci da Gesù, una speranza che si nutre della certezza che la vita non sovrasterà mai il male e la morte. Per noi credenti è capacità spirituale di scrutare gli orizzonti e comprendere le cose nuove che lo Spirito fa nascere nella vita degli uomini. E’ dentro questo dinamismo vitale che la speranza cristiana si fa anche speranza umana, speranza laica, capace di tramutarsi in un agire fecondo che costruisce una città più umana che mette al centro la persona, la famiglia e le comunità libere. Davvero oggi la speranza cristiana può illuminare e sostenere un nuovo umanesimo, per il nostro Paese e per questa Europa che appare confusa e accartocciata su se stessa. Ma per fare tutto ciò c’è bisogno di testimonianza, di fedeltà, di sacrificio e dedizione: la speranza non è sciocca, non è ingenua, non è delle “ anime belle”, ma è di tutti coloro che accettano con intelligenza e passione il rischio della vita, il rischio anche della croce.

Responsabilità è una delle parole che caratterizzano la riflessione per le Settimane sociali. Ma si può parlare di responsabilità senza toccare il tema sensibile della difesa della vita e il sostegno della famiglia?

Patriarca: Certo che no. Attorno a queste due nodi cruciali si è aperta una sfida antropologica di dimensioni epocali. Se non si tutela la vita in tutto l’arco dell’esistenza umana, se essa non viene difesa con determinazione, che senso ha parlare di dignità umana? Che senso ha celebrare gli anniversari delle carte dei diritti, non ultima quella dei diritti dell’infanzia che ricorderemo il 19 novembre p.v.? E che dire dell’art. 2 della nostra Costituzione che parla di riconoscimento e garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo? Sembra paradossale che debbano essere soprattutto i cristiani oggi a difendere il “corpo” degli uomini, la sua inviolabilità, la sua indisponibilità. Lo stesso dicasi per la famiglia, la famiglia dell’art. 29 della Carta costituzionale: senza di essa e senza politiche mirate di sostegno, che senso ha parlare di emergenza educativa, di patto intergenerazionale, di genitorialità? Di fronte alla crisi molti commentatori dichiarano che il vero ammortizzatore sociale è la famiglia: peccato che non ne traggano le dovute conseguenze, peccato che anche l’attuale governo stenti ad avviare una politica fiscale finalmente coraggiosa. Parlavo di sfida antropologica: l’abbiamo pure nel lessico quotidiano dei media e dei documenti ufficiali che paiono reticenti nell’usare le parole madre e padre (si preferisce tutore o genitore), figlio e figlia (si preferisce bambine e bambini), nonni (meglio dire anziani), identità maschile e femminile (si preferisce la parola identità di genere).

In Europa si pratica un aborto ogni ventisette secondi e un divorzio ogni trenta. In Italia non siamo da meno. Oltre 350 aborti e 200 divorzi ogni giorno. E’ evidente che il diritto alla vita e il rafforzamento della famiglia sono al centro della questione sociale. Possono le Settimane sociali non toccare questi temi?

Patriarca: Credo di aver già dato un’ampia risposta nella precedente domanda: la questione del diritto alla vita e il rafforzamento della famiglia dovranno trovare un giusto rilievo nell’Agenda che andremo a scrivere. Un’Agenda che non costruirà il Comitato, ma che verrà definita da un processo di discernimento aperto a tutti, alla comunità cristiana e alle aggregazioni laicali in primis. Ma anche agli uomini di buona volontà che vorranno parteciparvi: abbiamo bisogno di competenze e di saggezze che, nonostante l’immagine di Paese che ci rinviano i media , sono assai diffuse tra le persone. Al centro di una azione appassionata e decisa di tutela della vita e di contrasto alla tragedia degli aborti che oggi colpisce le donne più indifese, vi dovranno trovare spazio anche i temi della salvaguarda dei diritti dei migranti e delle politiche di accoglienza, come pure il diritto ad avere un lavoro che non uccida.

Nel tema relativo all’Agenda, sembra mancare un riferimento importante e di grande attualità e cioè la rilevanza sociale ed economica del lavoro e la denuncia della speculazione finanziaria. Tra l’altro il lavoro come continuazione dell’opera del creatore è stato fin dalle origini al centro della riflessione cristiana. Non crede che le Settimane sociali debbano approfondire questo tema così strettamente legato al bene comune?

Patriarca: Il Biglietto che abbiamo inviato alla Comunità cristiana propone una via, un cammino che è esso stesso già un contenuto. Le domande poste hanno l’intendimento di aprire un confronto. Ovviamente non sono le uniche. Davvero auspichiamo che si aprano forum in ciascuna Diocesi affinchè si stia insieme, in amicizia e fraternità, per aiutarci ad individuare le poche e cruciali questioni che dovranno comporre l’Agenda. Va da sè che si dovrà avviare una riflessione seria e speranzosa sulla crisi finanziaria ed economica che ha colpito l’intero pianeta. Una riflessione che rimetta al centro la persona e il lavoro come bene personale e scelta vocazionale per partecipare e contribuire al bene comune. Siamo fortunati: la Dottrina sociale della Chiesa e il pensiero elaborato in questi anni da tanti laici cattolici competenti contiene tutti gli elementi che possono aiutarci a costruire una nuova architettura economica più umana e quindi più giusta e solidale. L’enciclica prossima di Benedetto XVI toccherà questi temi: sarà per noi tutti una illuminazione feconda che per il cammino di discernimento che andremo insieme ad intraprendere.

Negli ultimi decenni la speculazione finanziaria è stata accettata e favorita da molti, illudendosi che una moltiplicazione dei titoli di carta non avrebbe danneggiato nessuno. Oggi abbiamo visto che non è così e che anzi la speculazione finanziaria deprime il lavoro e la produzione reale. Su questo tema ci sarà una riflessione delle Settimane sociali?

Patriarca: Abbiamo vissuto in mondo falso e illusorio, abbiamo giocato imprudentemente con le risorse del nostro Pianeta. Abbiamo costruito una economia a debito che ha colpito, ancora una volta, i poveri e le nazioni da sempre in difficoltà. La finanza è strettamente correlata con la produzione di beni e servizi e quindi di lavoro: quando la finanza ha deciso di recidere questo legame ritenendosi autonoma e capace di produrre ricchezza (diluendo il rischio e producendo carta e titoli fasulli) si è scoperta un re nudo. Si riscopra la vocazione della finanza come strumento essenziale per sostenere i bravi imprenditori, e garantire l’accesso al credito ai soggetti deboli, alle famiglie che intendono investire nei propri figli, ai soggetti dell’economia sociale notoriamente sottocapitalizzate ma ricchissime di capitale sociale. E infine si provi a riscoprire stili di vita più sobri e quindi più umani, più a misura di persone e di famiglia. Su questo e altro i cattolici italiani hanno
tanto da dire, di fronte a loro una prateria sterminata.

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ZENIT Staff

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