CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 8 giugno 2009 (ZENIT.org).- Quello che Barack Obama ha pronunciato giovedì 4 giugno all’Università di Al-Azhar del Cairo proponendo “un nuovo inizio” nei rapporti con il mondo musulmano è “un discorso che ci voleva da tanto tempo”, ha dichiarato all’agenzia Sir monsignor Youssef Ibrahim Sarraf, Vescovo del Cairo dei Caldei.
“Il Presidente statunitense ha avuto il coraggio di farlo, scegliendo l’Egitto per la sua posizione e il suo peso nel mondo islamico – ha spiegato –. Il messaggio forte che arriva è quello di lavorare insieme per trovare soluzione a un’agenda di temi, dalla democrazia al terrorismo, dalla libertà religiosa ai diritti umani, dalla dignità della donna alla globalizzazione, che sono al centro della discussione nel mondo arabo tra moderati e fondamentalisti”.
Secondo il Vescovo, la speranza è che “l’islam e il mondo arabo sappiano recepire questa mano tesa. Inizia un nuovo processo, una nuova era. Obama vuole veramente cambiare e anche l’immagine degli Stati Uniti ne trarrà giovamento”.
L’Arcivescovo Paul Dahdah, vicario apostolico di Beirut dei Latini, ha auspicato dal canto suo che “questo discorso non serva solo a cambiare l’immagine degli Usa, deturpata da scelte di guerra, ma anche a dare slancio a un’attività politica forte che miri a risolvere quella che è la vera radice di ogni problema qui nella regione”, cioè “il conflitto tra israeliani e palestinesi”.
“Se non si risolve questo, il tendere la mano non porterà ad alcun risultato”, ha commentato il presule, sostenendo che “le parole di Obama saranno importanti quanto più le due parti, Stati Uniti e mondo arabo, si riveleranno sincere e rispettose”.
A suo avviso, se si vuole veramente segnare “un nuovo inizio” è necessario che “alle parole seguano fatti concreti”.
Anche il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ha dichiarato che “non basta un discorso” per ricostruire la propria immagine davanti al mondo arabo, riconoscendo comunque che Obama è stato “sincero, determinato, trasparente” e “molto equilibrato”.
Per padre Pizzaballa, è una novità importante che “Obama si sia rivolto ad Hamas chiedendo di fatto il riconoscimento di Israele”.
Argomenti scottanti
Nel suo discorso, Barack Obama ha evocato interessi concreti condivisi con il mondo islamico in nome di un’umanità comune, ricordando le aspirazioni di ogni uomo a “vivere in pace e sicurezza, ricevere un’educazione e lavorare con dignità; amare le nostre famiglie, le nostre comunità e il nostro Dio” e sottolineando che l’islam è “una parte dell’America”.
Il Presidente statunitense, ricorda AsiaNews, ha toccato nel suo intervento vari argomenti su cui è necessario collaborare: l’estremismo violento; Israele, Palestina, mondo arabo; le armi nucleari; la democrazia; la libertà religiosa; i diritti delle donne.
La questione israelo-palestinese è ovviamente l’argomento che ha suscitato più interesse. Obama ha riconosciuto “il legame indistruttibile” tra Israele e gli Stati Uniti e ha ribadito che l’aspirazione degli ebrei a un proprio Stato “è radicata in una storia tragica che non può essere negata” e che ogni negazionismo è “ignorante, odioso, profondamente sbagliato”, ma ha anche dichiarato che non si possono negare le sofferenze e le umiliazioni subite dal popolo palestinese e che “l’America non volterà le spalle alla legittima aspirazione dei palestinesi alla dignità e a uno Stato”.
AsiaNews critica però un aspetto del discorso del Presidente a questo proposito: “gli ebrei non hanno sofferto a causa dei palestinesi o dei musulmani, ma in Europa, a causa dell’Occidente. E invece i palestinesi soffrono a causa di Israele e del mondo occidentale”.
Allo stesso modo, l’agenzia del Pontificio Istituto Missioni Estere ricorda che parlando di libertà religiosa “Obama va un po’ oltre la verità storica e usa dei concetti mitici per giustificare la sua posizione”: “egli afferma che l’Islam è sempre stata una religione tollerante”, ma “la libertà religiosa non è solo la tolleranza. Tollerare significa permettere all’altro di esistere, ma questo non significa avere libertà di parola, di predicazione, di conversione”.
Le reazioni
Le reazioni all’intervento di Obama sono state attese con impazienza. I palestinesi lo hanno definito “un discorso storico improntato al superamento dell’era Bush e alla chiarezza sulla soluzione dei due Stati e sul rifiuto della colonizzazione”, come ha detto all’Ansa Ramallah Nemer Hamad, consigliere per la stampa dell’Autorità Palestinese.
Il portavoce di Hamas nella Striscia di Gaza, Taher Nunu, ha parlato di “un inizio di cambiamento”, sottolineando tuttavia come ci siano “punti ancora non chiari” e “certe contraddizioni”, ma spingendosi ad auspicare un “dialogo con la nuova Amministrazione statunitense”.
Dal canto suo, il Primo Ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha diffuso un comunicato definendo il discorso importante e sperando che porti “davvero a una nuova era di riconciliazione fra il mondo arabo e musulmano e Israele”. Il Presidente israeliano Shimon Peres ha invece definito l’intervento “coraggioso e pieno di visione”.
Come hanno detto i rappresentanti cattolici, dopo un discorso così importante si dovranno attendere i fatti, sperando che la pace in Medio Oriente sia ora davvero più vicina.