I frutti dell'Anno Paolino: preghiera, studio ed ecumenismo

Intervista all’Arciprete della Basilica di S. Paolo fuori le Mura

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di Carmen Elena Villa

ROMA, domenica, 7 giugno 2009 (ZENIT.org).- Da quando è iniziata la celebrazione dell’Anno Paolino, ogni giorno sono entrati nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma circa 10.000 pellegrini. Domenica 28 giugno Papa Benedetto XVI celebrerà la cerimonia di chiusura di quest’anno giubilare con i Vespri solenni.

Il Cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Arciprete della Basilica di San Paolo, dove si trova la tomba dell’apostolo, è stato colui che ha dato al Papa l’idea di celebrare quest’anno tematico, il primo nella storia dedicato dalla Chiesa all’Apostolo delle Genti.

In una conversazione con ZENIT, il porporato ha tracciato un bilancio dei frutti spirituali, intellettuali ed ecumenici che questa commemorazione ha portato alla Chiesa.

Come considera il panorama generale della celebrazione dell’Anno Paolino?

Cardinale Cordero Lanza di Montezemolo: Molto positivamente. Quando il Papa ha annunciato la celebrazione di un anno speciale per i duemila anni dalla nascita di Paolo, l’idea è stata accettata con molto entusiasmo, ma le iniziative si sono fatte un po’ attendere. In questi ultimi mesi, ad ogni modo, c’è stata un’enorme attività. Tutti si sono mossi, sono giunti qui pellegrinaggi di migliaia di persone e tutto è andato per il meglio.

Abbiamo un ufficio molto attivo per organizzare le prenotazioni per venire in Basilica e per far sì che le celebrazioni liturgiche si svolgano nel modo migliore e più opportuno. Abbiamo dato molta importanza agli aspetti penitenziali.

Cosa pensa dell’atteggiamento dei fedeli che visitano quotidianamente la Basilica?

Cardinale Cordero Lanza di Montezemolo: La maggior parte delle persone è giunta con un atteggiamento religioso, approfittando dell’Anno Paolino e dei privilegi per ottenere l’indulgenza plenaria. Vengono per pregare e meditare. Alcuni vengono anche per curiosità, o come turisti. C’è un po’ di tutto.

In tutti c’è un impatto, perché alla curiosità si risponde con un insieme molto forte di spiritualità, arricchita da venti secoli dall’architettura e dall’arte, ad esempio dai mosaici.

Può parlarci delle principali ricchezze storiche che i pellegrini possono ammirare quando visitano la Basilica?

Cardinale Cordero Lanza di Montezemolo: Qui c’è la tomba di San Paolo con tutti i suoi ricordi e tutte le liturgie sviluppate in venti secoli. Da molti secoli nessuno poteva vederla. Paolo è stato martirizzato e il suo corpo è stato poi nascosto nella una tomba pagana di una famiglia. Solo dopo il 313, quando Costantino concesse la libertà di religione, iniziò il culto pubblico.

Si cominciò allora a costruire una chiesa costantiniana, poi una basilica più ampia e quindi un grande cimitero pagano che era qui, alla Porta Ostiense, e che divenne un cimitero cristiano. Qui venne costruita la Basilica.

In alto c’è il baldacchino, e tutta la Basilica sorge, enorme, intorno a questo, ma la tomba non si vedeva. Ho pensato allora di aprire un varco perché i pellegrini potessero visitarla. Abbiamo scoperto le mura della prima basilica costantiniana. Dopo aver aperto il varco, ora si può vedere un lato del sarcofago di San Paolo. Questo permette che i pellegrini possano scendere e visitare la sua tomba.

Abbiamo fatto sì che si possano vedere anche i resti della prima basilica costantiniana. Nel 1823 c’è stato un grande incendio che ha bruciato e distrutto quasi tutta la Basilica. Si è salvato il grande mosaico dell’abside. I Papi dell’epoca, soprattutto Pio IX, vollero ricostruire la Basilica in modo grandioso.

Il Papa chiese aiuto a tutto il mondo. Come risposta, lo zar di Russia, ortodosso, donò due grandi altari di lapislazzuli. Il viceré d’Egitto regalò l’alabastro per tutte le finestre e colonne d’alabastro per il baldacchino e la porta principale.

Ora era necessario un restauro. Per questo motivo, in occasione dell’Anno Paolino abbiamo compiuto non solo una pulizia generale, ma anche il restauro di molte parti.

Nell’abside si può ammirare il Cristo di 24 metri. In genere alla sua destra c’è Pietro e alla sinistra Paolo. Qui è il contrario. Nel 1200 misero San Paolo e San Luca, autore degli Atti degli Apostoli, a destra, mentre a sinistra ci sono Pietro e Andrea. A destra rispetto a Cristo c’è l’immagine di Papa Onorio III, che nel 1220 ordinò questo grande mosaico.

Abbiamo installato un nuovo sistema di illuminazione non solo del mosaico, ma anche di tutta l’abside e della navata centrale, e quando è tutto illuminato è magnifico, colpisce molto pellegrini e turisti.

Abbiamo anche sistemato una parte vicina al chiostro per farne un museo, un’area espositiva. Stiamo lavorando per fare altre cose e dare all’insieme dell’abbazia nuova vitalità e attività, intraprendendo iniziative che possano durare. E’ importante che al termine dell’Anno Paolino si dia continuità alle iniziative culturali e spirituali, alle attività e agli incontri.

Come sono state le giornate di studio e di approfondimento della figura di San Paolo organizzate quest’anno?

Cardinale Cordero Lanza di Montezemolo: San Paolo è il più grande comunicatore che ci ha fatto vedere la Parola di Dio. Se si presta attenzione, nella liturgia attuale, sia nelle Messe che nelle preghiere, più della metà delle citazioni proviene dalle Lettere di San Paolo.

Il messaggio paolino è molto vario. Non è semplice, bisogna saperlo interpretare. Si deve ricordare che Paolo era una persona che aveva praticamente tre culture. Era un ebreo che aveva studiato molto bene tutta la cultura ebraica, conosceva le Scritture a memoria, era esperto del linguaggio e della mentalità.

Era un fariseo, lo dice egli stesso, conosceva molto bene la legge e insisteva sulla sua osservanza. A quel tempo, la cultura fondamentale era quella greca, l’ellenismo, la filosofia della tradizione greca. Scriveva e parlava normalmente in greco. Era anche cittadino romano, e in quanto tale conosceva il latino.

Concentrava in sé tre culture. Il suo rispetto per la legge si nota in tutto il suo modo di scrivere e di presentare le cose.

Dopo la conversione sulla via di Damasco, una conversione miracolosa, assunse tutto il messaggio di Cristo fino a dire “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). E’ questa la ricchezza del suo messaggio. E’ un messaggio molto vario, non si può riassumere in poche parole in cosa consiste.

Tutta la visione che abbiamo della redenzione in Cristo è profondamente radicata in ciò che Paolo ci ha trasmesso. Bisogna ricordare questo: come fa San Paolo a conoscere queste cose? Egli non ha mai incontrato il Cristo storico. Tutto ciò che Paolo sa coincide con la sua conoscenza delle Scritture, e lo ha portato a dire che Cristo era il Messia che gli ebrei stavano aspettando.

Come ha favorito l’Anno Paolino l’avvicinamento tra i vari credo?

Cardinale Cordero Lanza di Montezemolo: Questa Basilica, più delle altre Basiliche papali, ha il compito speciale dell’ecumenismo. Abbiamo celebrato insieme la liturgia, ma non i sacramenti. Questo si farà quando verrà raggiunta l’unità tra le Chiese.

Abbiamo organizzato riunioni per pregare insieme e in particolare per studiare, perché il patrimonio che le varie Chiese e comunità hanno su Paolo è ricchissimo. Ciò vale soprattutto per le Chiese orientali, che su molte questioni hanno una visione abbastanza distinta dalla tradizione culturale occidentale. E’ quindi un’occasione per fare un confronto e arricchirci.

Abbiamo avuto alcuni incontri molto interessanti con gruppi che sono stati a Roma. Tra i cristiani non cattolici ci sono teologi e interpreti delle Sacre Scritture molto abili che possono aiutare a dare una visione più completa e interessante.

C’è stato inoltre un incontro con gli ebrei. Questo non è più ecumenismo nel senso stretto del termine, ma lo è in un senso più ampio di collaborazione su un
piano culturale. L’Università Ebraica di Gerusalemme ha svolto un congresso di tre giorni con una sessione nell’abbazia ed è stato molto interessante. Abbiamo potuto constatare gli aspetti della personalità di Paolo, che era un fariseo, un uomo di grande cultura ebraica.

Siamo tuttavia piuttosto lontani da ciò che Gesù ha chiesto al Padre nell’Ultima Cena: “tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21). Sono comunque dei passi, a volte piccoli, a volte grandi. Di quando in quando compiano anche qualche passo indietro, ma sono sempre buoni passi per comprenderci di più.

Quali iniziative prenderà la Basilica perché questo spirito non si perda una volta terminato l’Anno Paolino?

Cardinale Cordero Lanza di Montezemolo: Organizzare bene l’accoglienza dei pellegrini che continueranno a venire. C’è qualcosa che richiama l’attenzione. Abbiamo voluto che nel quadriportico ci fosse una fiamma. Il Papa stesso, il 28 giugno dello scorso anno, è venuto e l’ha accesa. Forse la spegneremo alla fine dell’Anno Paolino, ma molti chiedono che intorno a questa fiamma papale si accendano candele da offrire ai pellegrini. Ciò che la gente vuole è un’area penitenziale. Continueremo a celebrare non solo Messe e incontri di preghiera, ma anche iniziative di studio.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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