Il crocifisso del samurai

Rino Cammilleri racconta la grande rivolta dei samurai cristiani

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di Antonio Gaspari

ROMA, mercoledì, 3 giugno 209 (ZENIT.org).- Un romanzo straordinario, il racconto di un fatto vero che ha segnato la storia di un paese e della comunità cristiana, un evento epico e commovente, una vicenda che narra l’eroismo di samurai e contadini, che pur di avere la libertà religiosa morirono tutti martiri.

“Il crocifisso del samurai”, edito da Rizzoli e scritto da Rino Cammilleri, racconta la grande rivolta dei samurai cristiani di Shimabara avvenuta nel 1637.

Quarantamila cristiani giapponesi, donne e bambini compresi, si ribellarono alla persecuzione e si arroccarono nella penisola di Shimabara, nel castello in disuso di Hara. Qui tennero testa per cinque mesi al più grande esercito di samurai che la storia del Giappone avesse mai visto.

Nella battaglia finale i cristiani vennero uccisi, migliaia delle loro teste vennero infilzate su pali per terrorizzare chiunque avesse voluto farsi cristiano.

L’armata dello Shogun riuscì a stroncare la ribellione, ma al costo di settantamila uomini ben armati e addestrati che morirono combattendo contro contadini e anziani samurai cristiani che pure erano affamati e indeboliti dal freddo, ma saldi nella fede in Gesù Cristo.

Per evitare l’onta di non essere riuscito a domare la rivolta il generale giapponese Matsudaira Nobutsuna, offrì ai rivoltosi l’onore delle armi, la dilazione sulle tasse e il perdono, ma questi rifiutarono. L’unica cosa che chiesero era la libertà di professare la religione cristiana.

Ma proprio questa libertà era ciò che le autorità giapponesi temevano. Per i due secoli successivi alla rivolta cristiana, il Giappone si isolò dal mondo e perseguitò tutti coloro che si dicevano seguaci di Cristo.

Eppure, quando nella seconda metà dell’Ottocento i missionari europei poterono tornare in Giappone, trovarono che i discendenti di quegli antichi cristiani avevano conservato la fede nella clandestinità, tramandandosela di generazione in generazione.

Rino Cammilleri, noto giornalista e saggista, ha svolto una intensa ricerca storica per scrivere questo romanzo così avvincente.

Cammilleri, che ha trascorso la vita a indagare la storia della cristianità, è autore di rubriche in diverse testate giornalistiche. Ha pubblicato decine di libri, tra cui “I santi di Milano” (Rizzoli 2000), “Gli occhi di Maria” (con Vittorio Messori, Rizzoli 2001) e “Immortale odium” (Rizzoli 2007).

ZENIT lo ha intervistato.

Per anni lei ha studiato e raccontato la storia del cristianesimo. Come è arrivato a questa struggente storia dei martiri giapponesi?

Cammilleri: Chi mi segue sa che mi sono a lungo occupato di sfatare le “leggende nere” che gravano sulla storia della Chiesa. I presunti scheletri nell’armadio del cristianesimo (Inquisizione, Crociate, Galileo, Conquistadores…) ormai li ho revisionati tutti. Ma in tutti questi anni mi sono imbattuto in storie meravigliose che nessuno ha mai raccontato, almeno non col risalto che meritano. Sono storie così avvincenti da superare la fantasia e sono ideali per un romanzo storico, genere al quale i cattolici non si dedicano più da troppo tempo. Ho deciso, allora di farlo io. Col precedente “Immortale odium” (Rizzoli) ho messo in scena il braccio di ferro ottocentesco tra la Chiesa e la Massoneria, prendendo spunto dall’attacco al corteo funebre del b. Pio IX nel 1881. Con questo “Il crocifisso del samurai” (sempre Rizzoli) ho puntato il riflettore sulla grande rivolta di Shimabara, in cui nel 1637 quasi cinquantamila cristiani giapponesi, guidati da samurai cristiani, si immolarono in nome della libertà religiosa e del loro diritto a professare la religione di Cristo.

Perché le autorità giapponesi ebbero così paura del cristianesimo?

Cammilleri: Con la battaglia di Sekigahara del 1600 erano finite le eterne guerre feudali e il clan dei Tokugawa si era imposto su tutto il Giappone, governando di fatto al posto dell’Imperatore. Il cristianesimo, portato da s. Francesco Saverio, era stato dapprima bene accolto e quasi trecentomila giapponesi si erano fatti battezzare. Ma contro di loro “remavano” i bonzi buddisti e i mercanti protestanti, invidiosi della concorrenza spagnola e portoghese. Misero la pulce nell’orecchio allo Shogun (il dittatore): i missionari cattolici erano l’avanguardia dell’invasione spagnola e portoghese. La prova? Il fatto che i cristiani, quando erano messi di fronte alla scelta tra le leggi dello Shogun e quelle di Cristo, preferivano farsi uccidere anziché disobbedire a quest’ultimo.

Perché il sangue di quei martiri sembra aver generato così poco frutto?

Cammilleri: Non direi, anzi. Per due secoli, proprio a causa di quella rivolta, il Giappone si chiuse al mondo esterno. Quando i missionari poterono tornare, nella seconda metà dell’Ottocento, trovarono che il cristianesimo era sopravvissuto nelle catacombe, tramandato di padre in figlio. I «cristiani nascosti», sfidando la morte (il cristianesimo sul suolo giapponese ebbe il permesso di esistere solo alla fine del secolo), contattarono il primo missionario e gli fecero addirittura l’esame per vedere se era cattolico o protestante. Non si è mai vista una fedeltà così tenace. L’animo giapponese ha anche questo bellissimo aspetto.

Nella parte finale del romanzo lei ricorda la profezia di Tertulliano secondo cui “il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”, ma poi riflette anche sul fatto che in tanti luoghi il cristianesimo è stato soffocato nel sangue. Ha una spiegazione teologica per questa apparente contraddizione?

Cammilleri: No. Io posso basarmi solo sui fatti storici. Nei luoghi dove si è stesa la cappa islamica, per esempio, il cristianesimo è praticamente scomparso. In Giappone la maggior concentrazione di cristiani era nella zona di Nagasaki. Ebbene, proprio a Nagasaki è stata sganciata la seconda bomba atomica. La cristianità nipponica è stata azzerata per due volte. Tutti i beatificati giapponesi sono martiri. Tertulliano aveva sotto gli occhi i cristiani romani. Noi, oggi, abbiamo una visuale più ampia della sua. Non basta impiantare il cristianesimo, occorre difenderlo: questo è quanto la storia ci insegna. In Indocina la persecuzione cessò solo quando intervennero le cannoniere francesi. In Cina, i massacri di cristiani da parte della setta dei Boxers smisero quando le potenze occidentali inviarono corpi di spedizione.

Oggi in Giappone solo il 4% della popolazione è cristiano. Crede che la situazione possa cambiare e che i cristiani possano crescere verso cifre significative?

Cammilleri: Il cristianesimo ha dalla sua, agli occhi degli orientali, il prestigio dell’Occidente. Ma anche la pessima immagine di sé che, sul piano morale, l’Occidente secolarizzato ormai offre. E’ l’Occidente che, nel bene e nel male, dà il “la” all’intero pianeta. E se il sale non riacquista sapore non serve davvero a niente. Se si rievangelizza l’Occidente il resto seguirà.

I samurai giapponesi sembrano molto simili ai legionari romani. Con la differenza che i legionari che si convertirono al cristianesimo, che pure morirono a migliaia, generarono chiese, devozione, altre conversioni, fino ad arrivare all’imperatore Costantino. Cosa è accaduto in Giappone perché la storia si svolgesse in maniera così diversa?

Cammilleri: Proviamo a immaginare se non ci fosse stato Costantino, se il cristianesimo fosse stato bandito dalle legioni, se si fosse continuato a perseguitarlo con l’efficacia ossessiva di Diocleziano. Le precedenti persecuzioni erano state sporadiche e localizzate. La pressione non fu mai così capillare da impedire alla pianticella di respirare e svilupparsi. Costantino, da buon giardiniere, diede spazio e acqua e concime. Infatti, già con Teodosio, sessant’anni dopo, il cristianesimo era diventato maggioritario nell’Impero. Ma in G
iappone non fu così. Il cristianesimo fu perseguitato nei modi più feroci per più di due secoli, e solo esso. Una pausa di settant’anni, poi, come sappiamo, giù una atomica. Tuttavia, oggi c’è un detto in Giappone: quando si commemora il giorno della bomba, «Hiroshima urla, Nagasaki prega». Proteste antiamericane nella prima, composte liturgie nella seconda. Il “piccolo gregge” giapponese ha la pelle dura, e la testa anche di più.

Per molti anni il mondo giornalistico e letterario cattolico italiano è stato impegnato a rispondere alle calunnie e alle allusioni di diversi scrittori contrari a Cristo e alla Chiesa cattolica. Con questa sua opera così come con il libro di Rosa Alberoni “La prigioniera dell’Abbazia” si può cominciare a dire che emerge e si consolida un filone di romanzi che ruotano attorno ai valori, alle virtù, all’epopea, alla storia, all’eroismo dei cristiani?

Cammilleri: Le cose emergono se c’è qualcuno che le fa emergere. Spero proprio che si tratti di «filone», perché per il momento mi pare solo una cocciuta iniziativa di pochi. Cocciuta, ho detto, perchè questi combattono non più contro intellettuali avversari ma contro il mercato. Se la gente preferisce comprare libri sui vampiri o sui serial killer, i casi sono due: o i romanzieri cattolici non sono capaci di avvincere e non annoiare, o anche il pubblico cattolico preferisce vampiri e serial killer. In quest’ultimo caso siamo davvero messi male.

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ZENIT Staff

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