di Carmen Elena Villa
CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 1° giugno 2009 (ZENIT.org).- L’Anno Sacerdotale che Benedetto XVI ha convocato dal 19 giugno in occasione del 150° anniversario della morte di San Giovanni Maria Vianney, il santo Curato di Ars, cerca di mostrare ai sacerdoti l’amore che la Chiesa prova per loro.
Lo spiega in questa intervista concessa a ZENIT il Cardinale Cláudio Hummes, O.F.M., prefetto della Congregazione per il Clero, ex Arcivescovo di San Paolo (Brasile).
Qual è l’obiettivo principale dell’Anno Sacerdotale?
Card. Cláudio Hummes: Innanzitutto la circostanza. Sarà un anno giubilare per i 150 anni della morte di San Giovanni Maria Vianney, il santo Curato di Ars. Questa è l’occasione, ma il motivo fondamentale è che il Papa vuole dare ai sacerdoti un’importanza speciale e dire quanto il Pontefice li ami e li voglia aiutare a vivere con gioia e fervore la loro vocazione e missione.
Vuole soprattutto questo, in un momento in cui c’è una grande espansione di una nuova cultura. Oggi domina la cultura postmoderna, relativista, urbana, pluralista, secolarizzata, laicista, in cui i sacerdoti devono vivere la loro vocazione e la loro missione.
La sfida è capire come essere sacerdote in questo nuovo momento, non per condannare il mondo ma per salvarlo, come Gesù ha detto di non essere venuto per condannare il mondo ma appunto per salvarlo.
Il sacerdote deve fare questo di cuore, con molta apertura, senza demonizzare la società. Deve essere inserito in essa, ma con quella gioia missionaria di voler portare la gente a Gesù Cristo.
Bisogna dare un’opportunità perché tutti preghino con i sacerdoti per i sacerdoti, convocare i sacerdoti a pregare, farlo il meglio possibile nella società attuale ed eventualmente prendere delle iniziative affinché i sacerdoti abbiano migliori condizioni per vivere la loro vocazione e la missione.
E’ un anno positivo e propositivo. Non si tratta prima di tutto di correggere i sacerdoti. Ci sono dei problemi che devono essere corretti e la Chiesa non può chiudere gli occhi, ma sappiamo che la stragrande maggioranza dei sacerdoti ha grande dignità e aderisce al suo ministero e alla sua vocazione. Danno la vita per questa vocazione che hanno accettato liberamente.
Purtroppo ci sono i problemi che abbiamo sentito tanto negli ultimi anni, relativi alla pedofilia e ad altri delitti gravi sessuali, ma forse arrivano a riguardare il 4% del clero. La Chiesa vuole dire al restante 96% che siamo orgogliosi di loro e che sono uomini di Dio, che vogliamo aiutarli e riconoscere tutto quello che fanno come testimonianza di vita.
È anche un momento opportuno per intensificare e approfondire la questione di come essere sacerdote in questo mondo che cambia e che Dio ci ha posto avanti per salvare.
Perché il Papa ha presentato San Giovanni Maria Vianney come modello per i sacerdoti?
Card. Cláudio Hummes: Perché lui da moltissimo tempo è il patrono dei parroci. Fa parte del mondo del presbitero. Vogliamo presentare questo sacerdote, ma anche stimolare varie Nazioni, Conferenze Episcopali e Chiese locali a scegliere qualche sacerdote esemplare della loro area e a presentarlo ai sacerdoti e al mondo. Chiediamo di presentare uomini e sacerdoti che siano veramente modelli ispiratori, che possano dare e rinnovare la convinzione del grande valore e dell’importanza del ministero sacerdotale.
Per lei come sacerdote, qual è l’aspetto più bello di questa vocazione?
Card. Cláudio Hummes: Questa domanda mi riporta alla mente San Francesco d’Assisi, che una volta ha detto: “Se incontrassi per strada un sacerdote e un angelo, saluterei prima il sacerdote e poi l’angelo. Perché? Perché è il sacerdote che ci dà Cristo nell’Eucaristia”. Questa è la cosa più fondamentale e meravigliosa: il sacerdote ha il dono e la grazia di Dio di essere ministro di questo grande mistero dell’Eucaristia. Il sacerdozio è stato istituito da Gesù Cristo nel momento dell’Ultima Cena, quando ha detto: “Fate questo in memoria di me”. Agli apostoli è stato dato il comandamento e anche il potere di fare questo, di fare lo stesso che Gesù ha fatto nell’Ultima Cena. E questi apostoli hanno a loro volta trasmesso questo ministero e questo potere divino agli uomini che sono i Vescovi e i sacerdoti.
Questa è la cosa più importante e centrale. L’Eucaristia è il centro della Chiesa. Papa Giovanni Paolo II ha detto che la Chiesa vive dell’Eucaristia. Il sacerdote è il ministro di questo grande sacramento e memoriale della morte di Gesù.
C’è poi il sacramento della riconciliazione. Gesù è venuto per riconciliare il mondo con Dio e gli esseri umani fra loro. Ha dato lo Spirito Santo agli apostoli soffiando su di loro.
Ha dato agli apostoli in nome di Dio e suo quello che Lui aveva acquistato con il suo sangue e la sua vita sulla croce, trasformando la violenza in un atto d’amore per il perdono dei peccati. E dice agli apostoli che saranno i ministri in questo perdono. Questo è fondamentale per tutti. Ognuno vuole essere perdonato dei suoi peccati, stare in pace con Dio e con gli altri. Il mistero della riconciliazione è molto importante nella vita del sacerdote.
Ci sono poi tante altre azioni come l’evangelizzazione, l’annunzio della persona di Gesù Cristo morto e risorto, del suo Regno. Il mondo ha diritto di sapere e conoscere Gesù Cristo e tutto quello che significa il suo Regno. Questo è un ministero specifico anche del sacerdote, che lo condivide con il Vescovo e con i laici che annunciano la Parola e devono portare la gente a un incontro forte e personale con Gesù Cristo.
Quali crede che siano le difficoltà maggiori e le nuove sfide che affrontano oggi i giovani che pensano alla vocazione?
Card. Cláudio Hummes: Voglio ripetere che non dobbiamo demonizzare la cultura attuale, che si diffonde sempre più e diventa una cultura dominante in tutto il mondo nonostante la presenza di altre culture.
Questa nuova cultura non vuole essere più né religiosa né cristiana. Vuole essere laica e rifiuta e vuole rifiutare qualsiasi ingerenza religiosa. Gli adolescenti e i giovani si trovano in questa nuova situazione, diversa da quella che abbiamo vissuto noi, che siamo nati in una cultura molto religiosa e che si riconosceva come cristiana e cattolica. Attualmente non è più così.
Credo che per gli adolescenti e i giovani sia realmente più difficile avere il coraggio di accettare un invito di Dio che nasce dentro di loro. Rispondere è oggi più complicato perché la società non valorizza più il sacerdozio. Un lavoro di fede e di evangelizzazione sarà però una possibilità perché Dio dà sempre tutte le grazie quando chiama per questo.
La parrocchia deve offrire ai giovani e agli adolescenti l’opportunità di parlare di quello che sentono nel cuore, di questa chiamata, perché se non hanno la possibilità di parlare con qualcuno di cui si fidano non parleranno con nessuno e a poco a poco questa voce sparirà. E’ qui che entra in gioco la pastorale vocazionale, di cui oggi abbiamo veramente bisogno.
Una parrocchia ben organizzata è capace di andare dai giovani e dagli adolescenti dando loro l’opportunità di parlare della chiamata che sentono in loro. Anche le preghiere per le vocazioni sono oggi ancor più importanti che in passato.
Forse il numero dei candidati al sacerdozio diminuisce anche perché le famiglie sono più ridotte. Hanno pochi figli o nessuno, il che rende tutto più difficile. Il numero dei sacerdoti in vari Paesi è diminuito molto. Seguiamo questa situazione con grandissima preoccupazione.
Come dev’essere secondo lei la formazione di un seminarista negli ambiti spirituale, intellettuale, pastorale e liturgico? Quali aspetti non possono mancare?
Card. Cláudio Hummes: La Chiesa parla di quattro dimensioni su cui bisogna lavorare con i candidati: in primo luogo la di
mensione umana, affettiva – tutta la questione della persona, della natura, della dignità e della maturazione affettiva normale. Questo è importante perché è una base. C’è poi la dimensione spirituale. Oggi ci troviamo davanti a una cultura che non è più cristiana né religiosa, ed è tanto più necessario di sviluppare la spiritualità nei candidati.
Poi c’è la dimensione intellettuale. Bisogna fare scuola di filosofia e di teologia affinché i candidati siano capaci di parlare e di annunziare oggi Gesù Cristo e il suo messaggio, di modo che emerga tutta la ricchezza del dialogo fra fede e ragione umana. Dio è il logos di tutte le cose è Gesù Cristo è la spiegazione di tutto.
Poi, ovviamente, c’è la dimensione dell’apostolato, cioè bisogna preparare i candidati ad essere pastori nei mondi di oggi. In questo ambito pastorale oggi è molto importante la missionarietà, cioè i sacerdoti devono avere non soltanto una preparazione, ma anche uno stimolo forte a non limitarsi a ricevere e offrire il servizio a chi viene da loro, ma ad andare essi stessi dalle persone, soprattutto da quei battezzati che si sono allontanati perché non sono stati sufficientemente evangelizzati e che hanno il diritto di essere evangelizzati perché noi abbiamo promesso di portare Gesù Cristo, di educare nella fede.
Questo tantissime volte non è stato fatto, o è stato fatto molto poco. Il sacerdote deve andare in missione e preparare la sua comunità affinché vada ad annunziare Gesù Cristo alla gente, almeno a quelli che sono nel territorio della parrocchia, ma anche al di là di essa.
Oggi questa dimensione missionaria è molto importante. È il discepolo che diventa missionario con la sua adesione entusiasta, gioiosa, capace di investire incondizionatamente tutta la vita in Gesù Cristo. Dobbiamo essere come i discepoli: ferventi, missionari, gioiosi, sono questi la chiave e il segreto.
Quali sono le attività speciali che si svolgeranno in questo anno sia per i ragazzi che per i sacerdoti?
Card. Cláudio Hummes: Vi saranno iniziative nell’ambito della Chiesa universale, ma l’Anno Sacerdotale deve essere celebrato anche a livello locale, nelle Diocesi, nelle parrocchie, perché i sacerdoti sono i ministri del popolo e devono quindi coinvolgere le comunità.
Le Diocesi devono intraprendere iniziative sia di approfondimento che di celebrazione per portare ai sacerdoti il messaggio che la Chiesa li ama, li rispetta, li ammira, è orgogliosa di loro.
Il Papa aprirà l’Anno Sacerdotale il 19 giugno, nella festa del Sacro Cuore di Gesù, perché è il giorno mondiale per la santificazione dei sacerdoti. Ci saranno i Vespri nella Basilica vaticana e saranno presenti le reliquie del Curato di Ars. Il suo cuore sarà nella Basilica, segno dell’importanza che il Papa vuole dare ai sacerdoti. Speriamo che moltissimi presbiteri siano presenti.
La chiusura avverrà un anno dopo. Si deve ancora definire la data del grande incontro del Papa con i sacerdoti, al quale saranno invitate tutte le Diocesi. Ci saranno anche numerose altre iniziative. Stiamo pensando a un convegno teologico internazionale nei giorni precedenti la chiusura, e ci saranno degli esercizi spirituali. Speriamo anche di poter coinvolgere le università cattoliche perché approfondiscano il senso del sacerdozio, la teologia del sacerdozio e tutti i temi importanti per i sacerdoti.
Come può un sacerdote rimanere fedele alla sua vocazione in questo secolo così antireligioso?
Card. Cláudio Hummes: Prima di tutto la Chiesa attraverso i suoi seminari e i formatori deve fare una selezione molto rigorosa dei candidati. Serve poi una buona formazione nella dimensione umana, intellettuale, spirituale, pastorale, missionaria. E’ fondamentale ricordare che il sacerdote è il discepolo di Gesù Cristo ed essere sicuri che abbia avuto un incontro personale e comunitario forte con Gesù, in cui abbia veramente aderito a Lui. Ogni Eucaristia può essere un momento molto forte di questo incontro, ma lo stesso vale per la lettura della Parola di Dio.
Come diceva Giovanni Paolo II, ci sono tante opportunità per testimoniare l’ incontro con Gesù Cristo. E’ fondamentale essere un missionario capace di rinnovare lo slancio sacerdotale e di sentirsi gioioso e convinto della sua missione e del fatto che questa ha un senso fondamentale per la Chiesa e per il mondo.
Dico sempre che il sacerdote non è importante solo per l’aspetto religioso all’interno della Chiesa. Svolge anche un enorme lavoro nella società perché promuove i grandi valori umani: la solidarietà, la carità, l’attenzione ai diritti umani. Credo che dobbiamo aiutare a vivere questa vocazione con gioia, con molta lucidità e anche con il cuore, perché i sacerdoti siano felici, visto che si può essere felici nel sacrificio e nella stanchezza.
L’essere felici non è in contraddizione con la sofferenza: Gesù sulla croce non era infelice. Soffriva tremendamente, ma era felice perché sapeva che lo faceva per amore e che tutto aveva un senso fondamentale per la salvezza del mondo. Era un gesto di fedeltà al Padre.
Quali altri santi crede che possano essere un modello per i sacerdoti di oggi?
Card. Cláudio Hummes: Ovviamente il grande ideale è sempre Gesù Cristo, il buon pastore. Per gli apostoli soprattutto San Paolo. Stiamo celebrando l’Anno Paolino. Paolo era una figura realmente impressionante e che può essere sempre una grande inspirazione per i sacerdoti, soprattutto in una società che non è più cristiana. Ha oltrepassato le frontiere di Israele per essere l’apostolo delle genti, l’apostolo dei pagani. In un mondo che si sta allontanando da qualsiasi manifestazione religiosa, il suo esempio è fondamentale.
[Revisione e adattamento di Roberta Sciamplicotti]