di Mirko Testa


CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 20 aprile 2009 (ZENIT.org).- La Conferenza apertasi stamani a Ginevra “è una occasione importante per portare avanti la lotta contro il razzismo e l’intolleranza”. E' quanto ha dichiarato questo lunedì alla Radio Vaticana, il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi.

Più di 150 Paesi – 30 i ministri degli Esteri e 4 i capi di Stato presenti, oltre ad una delegazione della Santa Sede – saranno riuniti nella città svizzera fino al 24 aprile per la seconda Conferenza delle Nazioni Unite sul razzismo, la discriminazione razziale e la xenofobia, a 8 anni di distanza dall'incontro svoltosi a Durban, in Sud Africa.

Questa domenica, lo stesso Benedetto XVI, parlando da Castel Gandolfo, aveva espresso parole di apprezzamento per questa “iniziativa importante perché ancora oggi, nonostante gli insegnamenti della storia, si registrano tali deplorevoli fenomeni”.

Ed aveva ribadito la richiesta di “un’azione ferma e concreta, a livello nazionale e internazionale, per prevenire ed eliminare ogni forma di discriminazione e di intolleranza. Occorre, soprattutto – aveva detto – una vasta opera di educazione, che esalti la dignità della persona e ne tuteli i diritti fondamentali”.

Nel parlare ai microfoni dell'emittente pontificia, padre Lombardi ha chiarito che “con queste intenzioni la Santa Sede vi partecipa, e intende sostenere lo sforzo delle istituzioni internazionali per fare dei passi avanti in questa direzione”.

Riguardo la nuova bozza di dichiarazione finale, da cui sono state eliminate all'ultimo momento i controversi riferimenti a Israele e alla diffamazione delle religioni, il portavoce vaticano ha detto che “è in sé accettabile, essendone stati tolti gli elementi principali che avevano suscitato obiezioni”.

Tuttavia, ciò non ha impedito l’assenza oggi a Ginevra di Stati Uniti, Israele, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Germania, Olanda, Polonia, Italia che hanno deciso di boicottare l'incontro nel timore di una replica delle manifestazioni antisemite e antisraeliane che avevano contrassegnato la precedente riunione del 2001.

Ad acuire ulteriormente le tensioni è stato poi l'intervento di questo lunedì, a Ginevra, del Presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, che ha attaccato Israele per la questione palestinese, definendolo un “governo razzista”, e si è scagliato poi contro la politica estera degli Stati Uniti in particolare in Iraq e Afghanistan.

"Dopo la Seconda Guerra Mondiale – ha detto il Presidente Ahmadinejad, riferendosi ai paesi alleati – hanno fatto ricorso all'aggressione militare per privare della propria dimora un'intera nazione col pretesto della sofferenza ebraica".

"Hanno inviato emigranti dall'Europa, dagli Stati Uniti e da altre parti del mondo al fine di stabilire un governo totalmente razzista nella Palestina occupata", ha poi aggiunto.

"Infatti, come risarcimento per le terribili conseguenze del razzismo in Europa, hanno contributo a portare al potere il più crudele e repressivo regime razzista in Palestina", ha aggiunto parlando della colpa di alcuni paesi occidentali, Stati Uniti in testa, nel “difendere questi razzisti perpetratori di genocidio”.

A circa due ore dal discorso di Mahmud Ahmadinejad, che ha suscitato l'immediata protesta di numerosi delegati che hanno abbandonato l'aula, in una nota il Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon, ha detto: "Deploro l'uso di questa piattaforma per accusare, dividere e persino istigare. Questo è il contrario di ciò che si prefigge questa conferenza".

“Naturalmente interventi come quello del Presidente iraniano – ha commentato padre Lombardi – non vanno nella giusta direzione, poiché anche se non ha negato l’Olocausto o il diritto all’esistenza di Israele, ha avuto espressioni estremiste e inaccettabili”.

“Per questo – ha aggiunto – è importante continuare ad affermare con chiarezza il rispetto della dignità della persona umana contro ogni razzismo e intolleranza”.

Sulle polemiche alla conferenza Onu e il boicottaggio di alcuni Paesi, ha espresso la propria opinione anche l’Osservatore permanente della Santa Sede all'Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasi, che guida la delegazione vaticana presente al summit.

“Dal punto di vista della Santa Sede – ha detto alla Radio Vaticana –, noi guardiamo anzitutto alla sostanza di questa conferenza e, cioè, che in questo momento ci sono delle forme nuove di razzismo, che si manifestano in discriminazioni verso gruppi emigrati, verso comunità indigene, verso gruppi che sono economicamente emarginati”.

“Il primo punto di partenza è che si tratta di una questione etica, cioè che non si può violare la dignità di nessuna persona, tutte le persone sono figli di Dio, di uguale valore”, ha detto.

“Davanti a questa necessità – ha proseguito il presule – , la presenza nei negoziati e nella conferenza stessa, ci pare una necessità al giorno d’oggi, appunto per facilitare questo cammino della comunità internazionale nel trovare nuove forme per combattere le discriminazioni”.

Riguardo all'ultimo documento del negoziato, l'Arcivescovo Tomasi ha sottolineato che in esso “viene riaffermato che bisogna combattere ogni forma di antisemitismo, di islamofobia e di cristianofobia”.

“Si fa una menzione esplicita dell’Olocausto, che non si deve dimenticare, si fa poi una riformulazione del diritto alla libertà di espressione in maniera molto chiara, cioè dicendo che l’esercizio al diritto della libertà di espressione deve essere sostenuto e mantenuto. Quindi, non si capisce bene la ragione di queste assenze”.

“Certo – ha ammesso –, il primo paragrafo del nuovo documento, dell’ultimo documento, riafferma la dichiarazione e il programma di azione della prima conferenza di Durban del 2001. E’, però, la prassi normale delle Nazioni Unite di fare conferenze di esame per vedere come sono stati applicati i programmi e le decisioni prese nella prima Conferenza”.

“Perciò, non si poteva fare a meno di fare riferimento a questo documento, che era stato del resto approvato da tutti i Paesi che avevano partecipato a Durban, eccetto i due che erano assenti, gli Stati Uniti e Israele”, ha quindi commentato.

“La Santa Sede – ha poi sottolineato l'Arcivescovo Tomasi – non è legata a nessuna posizione politica di carattere immediato, va direttamente al cuore del problema, che è un problema umano di grande importanza: che la dignità di ogni persona deve essere valorizzata e rispettata e che non si può accettare che ci siano delle categorie di persone che vengano considerate inferiori o di minor valore per ragioni di razza o di appartenenza etnica o di confessione religiosa”.

Riguardo, invece, alle discriminazioni di cui sono spesso oggetto i cristiani, e che non occupano le prime pagine dei giornali, l'Arcivescovo ha detto che “questo problema lentamente sta emergendo e entrando anche nella coscienza internazionale, ma penso che ci sia ancora un cammino piuttosto lungo da fare”.