ROMA, mercoledì, 29 aprile 2009 (ZENIT.org).- Introducendo questo martedì a Roma la Sessione Primaverile della Riunione del Gran Magistero dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, il Cardinale John P. Foley, Gran Maestro dell’Ordine, ha sottolineato l’importanza della santificazione personale e comunitaria.
Nelle sue Note Introduttive alla riunione, il porporato ha ricordato come dal 2000 l’Ordine abbia inviato in Terra Santa quasi 50 milioni di euro per sostenere il Patriarcato Latino e altre istituzioni, come la Bethlehem University e il St. Joseph’s Hospital.
“Il nostro lavoro continua ad essere estremamente importante per la sopravvivenza della comunità cristiana in Terra Santa”, ha confessato, ricordando di aver avuto in due occasioni “il privilegio di vedere la quantità e qualità delle opere dell’Ordine nella terra resa sacra dalla vita, morte e resurrezione del Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo”.
In questo momento di “profonda crisi economica” e “sulla scia della violenza a Gaza”, ha spiegato il porporato, “la sofferenza dei cristiani e di molti altri in Terra Santa si è intensificata”, motivo per il quale l’Ordine deve compiere ancora più sforzi “per mantenere il nostro livello di sostegno e incoraggiamento nei confronti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle della Terra Santa, soprattutto nel Patriarcato Latino di Gerusalemme”.
Nel timore che sembri che l’offerta di sostegno finanziario ai cristiani di Terra Santa sia “l’unica ragione di esistenza” dell’Ordine, il Cardinale Foley ha voluto sottolineare “ancora una volta la necessità della nostra santificazione personale e di quella di tutti i nostri membri”.
“Gli apostoli chiamavano i primi cristiani ‘santi’; spero che possiamo – nel senso apostolico ma non canonico del termine – fare lo stesso: riconoscere nei nostri cavalieri e nelle nostre dame e ovviamente nei cristiani di Terra Santa dei veri seguaci di Gesù Cristo, fedeli nella preghiera e nelle buone opere, la principale delle quali è l’assistenza al Patriarcato Latino di Gerusalemme”, ha osservato.
Nell’omelia della Messa di apertura dell’incontro, il Cardinale ha tratto spunto dalle letture del giorno che ricordavano il martirio di Stefano, che mentre veniva lapidato pregava dicendo: “Signore Gesù, accogli il mio spirito” e “Signore, non imputar loro questo peccato”, riferendosi ai suoi aguzzini.
Sottolineando il suo esempio, ha auspicato che tutti, morendo in modo naturale o come martiri, possano dire ciò che disse Stefano, “pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo”: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio”.