ROMA, lunedì, 27 aprile 2009 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito un articolo pubblicato sul decimo numero della rivista “Paulus” (aprile 2009), dedicato al tema “Paolo educatore alla libertà”.
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Il rover e la scolta, cioè i giovani tra i 16 e 20/21 anni che compiono il loro percorso educativo nell’AGESCI (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani), si rivolgono all’Apostolo Paolo, in una preghiera loro affidata dalla tradizione scout, chiamandolo “il primo rover di Cristo”. Il senso di questa espressione è subito chiarito dal prosieguo della preghiera: «Camminando per tutte le strade del mondo allora conosciuto, hai amato, annunciato, testimoniato colui che ha detto di sé: “Io sono la strada”». Da che cosa nasce questo rapporto particolare che gli scout vivono con l’Apostolo delle genti? Perché la branca R/S, cioè la comunità che riunisce i rover e le scolte, lo invoca come suo patrono? Se il richiamo al camminare presente nella preghiera a san Paolo ne ha già fatto intuire le ragioni, desidero tuttavia delineare, con brevi pennellate, gli elementi che possono contribuire a cogliere il significato della figura di Paolo per la branca R/S. Un primo tratto è suggerito dalla… tenda. Sì, la tenda! È noto, infatti, che una tenda non può mancare nell’equipaggiamento di un bravo scout. Ma che relazione ha questa con Paolo di Tarso? Il guizzo di un’intuizione ci conduce a scorgerne il legame nel mestiere di Paolo: era un fabbricante di tende, come ci ricorda Luca (cfr. At 18,3). Intuizione che potrebbe sembrare stravagante e frutto di giocosa fantasia, ma che in realtà nasconde una profonda verità che merita di essere colta e valorizzata. Infatti la si può considerare una feconda metafora: come il fabbricante di tende fornisce uno strumento prezioso e indispensabile a chi sceglie uno stile di vita itinerante, così Paolo offre al rover e alla scolta gli “strumenti” per poter percorrere audacemente, senza stancarsi e con coraggio, le strade della propria vita, illuminati dalla luce della Parola e della fede. Sarebbe bello ripercorrere tutta la parabola del cammino scout per mostrare la bontà dell’intuizione espressa, ma preferisco affidarmi alla saggezza e alla passione di Giovanni Paolo II. Circa ventitré anni fa, il 9 agosto 1986, nel magnifico scenario dell’appennino abruzzese, ai Piani di Pezza, il Pontefice incontrò i tantissimi rover e scolte riuniti per la loro Route Nazionale. Volle indossare il fazzolettone scout e affidare loro la forza e l’entusiasmo che le sue parole erano capaci di trasmettere. Infatti, nell’omelia, commentando il versetto lucano ascoltato nel vangelo (Lc 12,35: «Siate pronti con le cinture ai fianchi e le lucerne accese»), disse: «L’immagine è molto significativa per voi, perché esprime l’atteggiamento vigile di chi si mette in cammino alla ricerca di Dio, conducendo una vita fatta di sobrietà e di libertà da tutte quelle realtà che ingombrano lo spirito e appesantiscono il percorso. Essa vi appartiene perché gli scout non amano la vita sedentaria e inerte, ben sapendo che il regno di Dio non è fatto per i rinunciatari, i distratti e i superficiali che si lasciano sfuggire le occasioni di grazia, che la Provvidenza pone lungo il tragitto dell’esistenza. […] Carissimi rover e scolte, so che avete come celeste patrono Paolo di Tarso, l’apostolo delle Genti che, dopo la missione ricevuta da Gesù sulla via di Damasco, fece della sua vita un’incessante e instancabile peregrinazione per portare il Vangelo della salvezza a tutti i popoli. […] Non vi sembra di potergli assomigliare anche voi in tanti aspetti della vostra attività e nello stile della vostra vita? Imitatene le gesta, portando nel vostro cuore lo stesso slancio, lo stesso zelo e lo stesso entusiasmo per la causa del Vangelo. Voi dopo aver percorso le Piste come lupetti e coccinelle, e poi i Sentieri quali arditi esploratori e guide, siete entrati ora nella Strada o Route. È questa l’ultima tappa del vostro itinerario scoutistico, che vi prepara ad attuare le vostre scelte delle quali poi dovrete dare testimonianza al di fuori del Clan, in mezzo alla società, là dove la Provvidenza vi chiamerà a svolgere la vostra vita civile e sociale e a portare il vostro servizio agli altri, secondo lo stile che vi è stato inculcato nella vostra Associazione scoutistica. […] Siate sempre coerenti con i vostri princìpi e con la vostra identità: ci sia continuità tra la fede e la vita, tra il pensiero cristiano e l’azione pratica. Abbiate una condotta lineare, ispirata a una fedeltà vera verso la Chiesa e verso la Patria, che vi affranchi dalle suggestioni di modelli culturali o di costume, apparentemente innovatori, ma in realtà ancorati al conformismo. Sarete così in grado di arrivare all’autentica libertà interiore». Mi perdonerete la lunga citazione, ma ritengo che le parole del Papa non solo evidenziano le ragioni del rapporto degli scout con san Paolo, ma tracciano magistralmente una descrizione degli obiettivi della proposta educativa dello scoutismo, mettendone in luce gli elementi fondamentali. Lo scoutismo è palestra per scelte coraggiose e difficili, ma nello stesso tempo luminose, belle e liberanti. Per questo si può dire – senza temere esagerazioni – che lo scoutismo punta ad educare i giovani alla libertà, “all’autentica libertà interiore”. È un “gioco”, nel senso più nobile del termine, che vuole formare uomini e donne capaci di scegliere, e di farlo responsabilmente nella fedeltà a Dio e agli uomini, con quello stile di servizio e di attenzione al più piccolo che Gesù ha vissuto e ci ha consegnato come tratto distintivo dell’essere suoi discepoli. Se l’educazione alla libertà è la mèta del percorso educativo, la strada da percorrere per giungervi è segnata dalle numerose e variegate esperienze che il rover e la scolta sono chiamati a vivere, per poi rileggerle con l’aiuto della comunità, dei capi che condividono le stesse esperienze da fratelli maggiori, e – soprattutto – alla luce della Parola di Dio. Considerare la proposta educativa dello scoutismo come un cammino di educazione alla libertà, scandito dalla rilettura delle esperienze vissute, permette di percepire le ragioni per le quali il rover e la scolta sentono Paolo tanto vicino, con l’obiettivo di «potergli assomigliare in tanti aspetti della propria attività e nello stile della loro vita», come ha ricordato Giovanni Paolo II.
Autobiografia di un uomo libero
Proprio nella Lettera ai Galati, infatti, alla quale è dedicato il dossier di questo numero di Paulus, l’Apostolo si presenta come l’instancabile «servitore di Cristo» (Gal 1,10) che ha accolto da Gesù Cristo stesso il segreto «dell’autentica libertà interiore» (cfr. Gal 1,12; 2,4) e ha speso tutta la sua vita perché i discepoli del suo Signore percepissero in modo sempre nuovo la chiamata alla libertà, senza lasciarsi imprigionare dalle povere logiche umane (cfr. Gal 5,1.13). La peculiarità della Lettera ai Galati è data, inoltre, dall’ampia sezione autobiografica con la quale si apre lo scritto (i capitoli 1 e 2). Albert Vanhoye, nel suo commento alla lettera, osserva che «non c’è niente di simile nelle altre lettere; offrono talvolta alcuni dati autobiografici, sciolti però, senza connessione» (Lettera ai Galati, Paoline, Milano 2000, p. 5). Connessione che in questa Lettera è data dall’esercizio con il quale Paolo rilegge le esperienze che hanno segnato la sua “corsa”, per testimoniare come in esse egli abbia saputo cogliere la chiamata di Gesù Cristo e sia stato condotto a scegliere la via sulla quale spendersi per il Vangelo. «Prima ancora di Ulisse, di Vasco de Gama, o di Yuri Gagarin è Paolo il grande viaggiatore, il vero modello, il prototipo di ogni avventura rover. Uomo irrequieto, sempre in viaggio, a cavallo tra diverse identità, culture, religioni. Prima persecutore dei cristiani, poi pers
eguitato per causa della fede. Pieno di entusiasmo e di coraggio non smette mai di viaggiare […]. Finirà decapitato da Nerone, ma il suo messaggio, la sua spiritualità, radicale, povera, alla ricerca dell’assoluto, una vera spiritualità della strada, ancora oggi illumina il cammino degli uomini inquieti che non si accontentano delle verità facili» (Roberto Cociancich, Passi di vento. In cammino verso la partenza, Nuova Fiordaliso, Roma 2004, p. 71 – si tratta di una bella pubblicazione che con uno stile brillante presenta l’avventura scout all’interno della visione di uomo e di educazione che la caratterizza; ne raccomando la lettura a chi vuole saperne di più). Paolo, quindi, ha condotto «una vita fatta di sobrietà e di libertà» e ha imparato a farlo mettendosi continuamente alla scuola del suo unico Maestro, che non ha mai smesso di fargli ascoltare la sua voce e di illuminare la sua strada attraverso le numerose e variegate esperienze che hanno segnato la storia di questo “primo rover di Cristo”. È quanto ogni autentico scout desidera per sé e per la propria strada. Ed è per questo che ogni rover e ogni scolta aspirano ad imitarne le gesta, accogliendo la testimonianza di vita dell’Apostolo e il suo insegnamento come la “tenda” nella quale “campeggiare”, per ritrovare la forza e l’entusiasmo che consentiranno loro di ripartire, portando nel cuore la gioia che sgorga dal Vangelo. Il fabbricatore di tende ci consegna la sua tenda! Accogliamola, riconoscenti, e «poniamoci in cammino sulle strade del mondo: Cristo cammina con noi!». Buona strada!
Jean-Paul Lieggi
Assistente ecclesiastico nazionale della branca R/S
Preghiera a san Paolo della branca R/S
A noi Scolte e Rover piace avere te, san Paolo, come nostro patrono
perché tu sei stato il primo “rover” di Cristo.
Camminando per tutte le strade del mondo allora conosciuto,
hai amato, annunciato, testimoniato colui che ha detto di sé: “Io sono la strada”.
Anche noi abbiamo promesso di seguire Gesù
e di farlo conoscere al nostro mondo di oggi, ai nostri amici e compagni:
per questo troviamo in te un esempio che ci incoraggia e ci sostiene.
Fa’ crescere in me il gusto dell’avventura
e sostieni la mia volontà nel seguire con slancio e con amore Cristo Gesù,
unico mio maestro e guida nel mio cammino quotidiano
che mi conduce sempre a terre luminose, a esperienze di fede e di amore.
Aiutami a conquistare un carattere umile e forte, paziente e costante nelle difficoltà,
attento e generoso nel fare della mia vita, come la tua, un servizio a Dio e ai fratelli.
Così saprò più facilmente riconoscere nel volto dell’uomo, che cammina sulla stessa mia strada,
il volto del Signore che cammina con me,
e ne saprò condividere le speranze e le gioie. Amen.