“Gesù Cristo: mito o storia?”

A Salerno, Andrea Tornielli sulla storicità di Cristo e dei Vangeli

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di Fabio Piemonte

ROMA, lunedì, 27 aprile 2009 (ZENIT.org).- Si è tenuta a Salerno il 23 aprile, in una gremita Aula Magna del Convento dell’Immacolata, una conferenza del giornalista Andrea Tornielli, organizzata dall’Associazione culturale salernitana “Veritatis Splendor”, sul tema: “Gesù: mito o storia?”.

Il vaticanista e inviato speciale de “Il Giornale” è anche autore di numerosi saggi sull’argomento, tra cui “Inchiesta su Gesù Bambino”, “Inchiesta sulla Risurrezione”, “Processo al Codice da Vinci”, nonché di una documentata biografia di Pio XII, pubblicata di recente negli Oscar Mondadori.

Andrea Tornielli, dopo una breve introduzione del prof. Marco Di Matteo, presidente dell’Associazione “Veritatis Splendor”,  ha esordito affermando che nessuno studioso serio ormai mette più in dubbio la storicità di Gesù di Nazareth, confermata fra l’altro anche dagli “Annales” dello storico latino Tacito, mentre ancora viene messa in discussione l’attendibilità dei racconti evangelici.

Successivamente si è soffermato ad evidenziare la coerenza intrinseca di questi racconti, che non si può ritenere siano stati inventati di sana pianta da una setta ebraica misticheggiante del II sec. d.C., altrimenti non sarebbe spiegabile perché gli evangelisti abbiano dato al loro protagonista il nome più diffuso nella Palestina dell’epoca, e ancora perché abbiano posto come primi annunciatori della nascita di Cristo e come prime testimoni della sua risurrezione rispettivamente i pastori e le donne, le categorie più disprezzate nel mondo ebraico del tempo.

Ma basterebbe anche solo ricordare, come ulteriore prova della veridicità dei Vangeli, l’episodio del rinnegamento di Pietro, e domandarsi semplicemente per quale ragione i diversi autori non abbiano omesso nemmeno quest’infamante vicenda che ha come protagonista colui che sarebbe poi divenuto il vicario di Cristo sulla terra.

Non si troverà altra risposta possibile che l’esigenza di raccontare tutta la verità, una verità tra l’altro confermata più volte anche dalle recenti scoperte archeologiche: basta richiamare la pietra rinvenuta a Cesarea marittima con l’iscrizione del nome del procuratore Ponzio Pilato e la piscina con i cinque portici di Betzaeta, ritrovata conforme alla descrizione che ne fa Giovanni  nel suo Vangelo (Gv 5).

D’altronde, l’unica caratteristica richiesta per poter essere considerati discepoli autentici è semplicemente l’esser stati testimoni oculari della vita pubblica di Gesù (At 1,21). Ecco perché non possono meravigliare neppure le apparizioni del Risorto, che non sono descrizioni di visionari, perché colui che ha una visione non dubita di essa, anzi proprio nell’atto stesso del suo manifestarsi la ritiene profondamente vera, cosa che invece non accade ai discepoli che dubitano di Gesù, credendo di vedere un fantasma.

Sarebbe quasi impossibile infatti giustificare, anche solo sociologicamente, il cambiamento repentino degli apostoli, da persone sconfitte e deluse il Venerdì Santo ad instancabili annunciatori del Cristo fino alla morte, senza postulare quell’evento pasquale che ha trasformato radicalmente la loro vita.

Dunque se è vero che, nella logica cristiana, per dirla con Pascal, c’è sempre tanta luce per credere ma anche altrettanta oscurità per non credere, l’esposizione di Tornielli ha sicuramente contribuito a diradare molte tenebre e a confermare che, come riconosce la costituzione conciliare “Dei Verbum”, “i Vangeli trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza”. 

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ZENIT Staff

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