Viaggio in Terra Santa, dove la fede è giovane

Il nuovo volume del giornalista Giorgio Bernardelli

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di Mirko Testa

ROMA, domenica, 26 aprile 2009 (ZENIT.org).- La Terra Santa è un luogo in cui è indispensabile lasciarsi interrogare dal Mistero e partecipare alla vita delle Chiese locali, ma anche riscoprire il valore del “perdere tempo” contro il mordi e fuggi di tanti viaggi organizzati.

E’ quanto afferma nelle pagine del suo ultimo libro “Terra Santa. Viaggio dove la fede è giovane” (Editrice Ave) Giorgio Bernardelli, giornalista di “Mondo e Missione”, che sul sito www.terrasanta.net cura una rubrica settimanale, chiamata La porta di Jaffa, in cui commenta fatti e voci dal Medio Oriente.

Il volume non è pensato come una guida storico-biblica, ma piuttosto come un diario di viaggio rivolto ai giovani, scritto da chi in Terra Santa ha trascorso molto tempo, sedendosi magari in un angolo, fuori dalla basilica del Santo Sepolcro, a osservare i pellegrini che passano.

Già vice-caposervizio delle pagine di informazione religiosa del quotidiano Avvenire, Bernardelli ha già dedicato alla Terra Santa tre libri: Gaza. Incatenati a un sogno (2005), Oltre il muro (2005)  e Antisemitismo. Una categoria fuori controllo (2007).

Come precisa lo stesso autore, in fondo questo diario è un po’ anche la storia del suo personale incontro con la Terra Santa, cominciato nell’estate del 1987, quando aveva solo diciotto anni, e di lì a poco sarebbe scoppiata la prima intifada.

L’idea alla base del libro, spiega Bernardelli, è quella di far dialogare tra loro tre grandi direttrici: “la parola di Dio, che è la ragione ultima che ti ha spinto a metterti in cammino; i luoghi della Terra Santa, che sono le tracce visibili di come quella Parola è entrata nella storia; l’attualità di questo angolo del mondo, segnato ancora oggi dal conflitto doloroso tra israeliani e palestinesi”.

Sì, perché come affermato nella prefazione da padre Pierbattista Pizzaballa, Custode francescano di Terra Santa, questa è una Terra “dove le pietre, il cielo, i profili dell’orizzonte ci parlano di Dio”; dove si respira la “verità di una Parola che non passa e che qui si è fatta carne”; ma anche una “Terra offesa dall’endemica mancanza di giustizia”.

Intervistato da ZENIT, Bernardelli ha confessato di rileggere con piacere, in questi luoghi, soprattutto le parabole: “qui capisci davvero quanto questo modo di esprimersi di Gesù fosse vicino alla vita della gente. Il buon pastore che va in cerca della pecorella smarrita lo vedi dal finestrino del pullman. A Cafarnao ti spiegano come erano fatte le case e allora capisci che cosa voleva dire Gesù quando parlava dell’amico importuno che bussa alla porta”.

“Più che un brano della Scrittura, però, è un luogo ad affascinarmi più di ogni altro – ha detto –: la grotta di San Girolamo a Betlemme, dove per anni lui si ritirò per stendere la Vulgata, il Testo biblico che poi per secoli sarebbe diventato il punto di riferimento per la Chiesa”.

“Questo monaco romano a un certo punto decise che l’intera sua vita si identificherà con la Parola di Dio. E grazie alla ‘complicità’ di un rabbino – che di nascosto gli portava i rotoli della Torah – ogni notte traduceva una pagina dall’ebraico”, ha raccontato.

“Molti pellegrini passano via da Betlemme senza neanche accorgersene, ma questo è un posto straordinario – ha sottolineato Bernardelli –. Qui la Bibbia non è solo archeologia (come ad esempio a Qumran), ma vita vissuta. È il posto dove ogni pellegrino – secondo me – dovrebbe lasciarsi riconsegnare dalla Terra Santa la propria Bibbia”.

Non esiste, secondo il giornalista, un modo giusto o sbagliato di visitare questi luoghi: “la Terra Santa è un luogo che parla da solo, basta ascoltare. La sua bellezza sta proprio nel fatto che tutti comunque portano a casa qualcosa”.

Bernardelli preferisce parlare di un “pellegrinaggio più ricco o più povero di stimoli”.

“A me fanno un po’ paura due opposti – ha detto –: da una parte il pellegrinaggio solo spirituale, dove si passa piamente da una chiesa all’altra senza lasciarsi più di tanto interpellare dal fatto che questa è una ‘terra’, non alcuni ‘squarci di Cielo’ apparsi qua e là”.

“Credo che un cristiano che va in Terra Santa per contemplare un Dio che si fa carne, non possa fermarsi alle ‘location’ dei racconti biblici; deve anche porsi in dialogo con la storia travagliata di Israele della Palestina di oggi”.

“All’estremo opposto, però, non mi convincono neanche i pellegrinaggi troppo ‘militanti’ (filo-israeliani o filo-palestinesi, alla fine cambia poco). Dio è entrato nella storia, ma per dire una parola nuova: ‘Amate i vostri nemici, pregate per coloro che vi perseguitano’”.

“Infine c’è un’altra tentazione grossa da superare – ha continuato –: quella dei programmi troppo fitti. Se vai in Terra Santa otto giorni non puoi pensare di vedere tutto; preoccupati piuttosto di fermarti ad ascoltare quello che i Luoghi Santi hanno da dirti”.

“Visitane qualcuno di meno, magari. Ma preoccupati che, dove ti fermi, Dio ti parli davvero”, è il suo avvertimento.

Per l’autore, il fascino di questi luoghi sta principalmente nell'”intreccio tra un Volto di duemila anni fa e i volti degli uomini e delle donne che vivono oggi nella Terra Santa”.

“È l’esperienza più difficile, ma anche la più affascinante – ha osservato –. Mi colpisce sempre pensare che Dio si è fatto carne in un posto, ma lì poi la storia non si è affatto fermata. Dopo la passione, morte e risurrezione di Gesù in Terra Santa sono successe anche tante cose che apparentemente non hanno nulla a che fare con Lui”.

“Come entra tutto questo nella storia della Salvezza? C’è un Vangelo da ascoltare anche in questa Terra Santa ferita di oggi, così desiderosa di pace e nello stesso tempo così incapace di costruirla?”, si è quindi chiesto.

“Io credo proprio di sì – ha risposto –. Già duemila anni fa, scegliendo Betlemme per farsi bambino, Dio non ha scelto un angolo tranquillo della storia: questo era già allora un ‘territorio occupato’ dai romani. E Gesù vi nasce perché i suoi genitori devono mettersi in cammino per obbedire a un ‘capriccio’ del governante del tempo”.

“Qui il Verbo si fa carne. Ed è nella Terra Santa ferita di oggi che i cristiani sono chiamati a far risplendere la luce del Vangelo – ha aggiunto – . Per questo è così importante incontrare le Chiese locali durante i nostri pellegrinaggi”. 

“I cristiani di Terra Santa non sono né dei santi da incensare né un esercito in rotta da riorganizzare – ha quindi concluso –. Sono lo specchio della nostra gioia e della nostra fatica di vivere da cristiani nel mondo di oggi”.

[Il libro “Terra Santa. Viaggio dove la fede è giovane” verrà presento martedì 28 aprile, alle ore 18:00, presso la Radio Vaticana, in Piazza Pia 3 a Roma. Per l’occasione interverranno: padre Davia Maria Jaeger, Delegato di Terra Santa per l’Italia; e Chiara Finocchietti, Vicepresidente nazionale ACI per il Settore Giovani e responsabile del Coordinamento Giovani Forum Internazionale AC. Sarà presente anche l’autore]

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ZENIT Staff

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