Dalla croce germoglia la speranza

LUGANO, venerdì, 10 aprile 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’articolo a firma di monsignor Azzolino Chiappino, Rettore della Facoltà di Teologia di Lugano, pubblicato da “Il Giornale del popolo”.

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La croce: sofferenza indicibile, orrore innominabile, vergogna spaventosa, e anche morte terrificante. Ma anche: la croce è vita, vittoria, gloria. Tutto questo ha vissuto Gesù, e questo è anche nel centro dei riti del Venerdì Santo. Ci siamo forse troppo abituati a veder il segno della croce, presente ovunque, e quasi diventato insignificante. Al tempo di Gesù la crocifissione era una delle condanne più terribili, per il dolore e la sofferenza, ma anche per la vergogna e l’umiliazione. Essere crocifissi era la condanna per gli schiavi, dunque i disprezzati, gli ultimi, quelli che nella società non contavano, senza diritti e senza dignità. Guardando il crocifisso, non si può dimenticare questo. Ma la croce non è soltanto questo: è anche vita, sorgente di vita, vittoria sulla morte. Se ci fosse soltanto il venerdì della crocifissione tutta la realtà sarebbe un fallimento, la creazione di Dio, la vita degli uomini, un tragico equivoco. Alla fine, tutto sarebbe senza senso. Gesù il crocifisso non è rimasto prigioniero della morte. Dopo aver vissuto la prova estrema, anche quella dello spavento, di un primo moto di rifiuto, poi dell’abbandono fiducioso nelle mani del Padre, Gesù è entrato in un’altra dimensione: quella della vita piena, assoluta, senza più misura, una vita totale per lui, ma anche per tutti i fratelli. E qui prendono senso le parole, le immagini, i temi della liturgia e dell’arte cristiana. Salve, croce santa, speranza nostra; salve croce, vessillo del re vincitore. Ancora: le immagini come quella offerta da molti mosaici antichi della croce che si trasforma in un albero ricco di foglie, simbolo dell’abbondanza della vita. A partire dal primo venerdì, quello della morte di Gesù, la croce è diventata anche il segno che accompagna la vita dei discepoli. La croce ci accompagna: paradossalmente non sembra risolvere tutti i nostri problemi, però, nonostante tutto e contro tutte le apparenze è fissa come segno di speranza. Il male nella vita non sempre si può spiegare: soprattutto in alcune terribili occasioni rimane un mistero assoluto. Perché? Resta soltanto questa domanda. Così in questi giorni del tremendo terremoto in Italia. Quale risposta dalla croce? Non sappiamo perché avvengono queste tragedie. Sappiamo una cosa, proprio guardando il crocifisso: il male può essere terribile, ma la parola ultima, quella definitiva, quella che resiste contro tutto, è quella della vita. Alla fine, dopo l’orrore, c’è l’annuncio pasquale: Gesù il crocifisso ha vinto la morte. E’ risorto anche per noi: per questo tutti possiamo continuare a sperare. Alla fine, la croce ricordata, osservata, contemplata ci appare come il segno certo e forte della speranza.

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ZENIT Staff

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