di Antonio Gaspari
ROMA, giovedì, 2 aprile 2009 (ZENIT.org).- In attesa della lettura delle motivazioni, il Movimento per la Vita, l’Associazione Scienza & Vita e il Forum delle associazioni familiari hanno espresso giudizi critici nei confronti della sentenza della Corte costituzionale che ha accolto parzialmente i ricorsi mossi contro la Legge 40.
Mercoledì primo aprile la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 14, comma 2, della legge 18 febbraio 2004, n° 40, limitatamente alle parole “ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre” embrioni.
La Corte ha anche dichiarato incostituzionale il comma 3 dello stesso articolo “nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna”.
I giudici della Consulta hanno dichiarato inammissibile il ricorso sulla legittimità del comma 3 dell’art. 6 della legge 40. In questa parte della norma si stabilisce che la volontà di una coppia di accedere alle tecniche di fecondazione assistita “può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati fino al momento della fecondazione dell’ovulo”, stabilendo quindi un divieto successivo.
Ugualmente inammissibili le questioni di legittimità dei commi 1 e 4 dell’ articolo 14: il primo comma vieta la crioconservazione di embrioni al di fuori di ipotesi limitate, mentre il comma 4 vieta la riduzione embrionaria di gravidanze plurime salvo nei casi previsti dalla legge sull’interruzione volontaria dela gravidanza.
In attesa della lettura delle motivazioni della sentenza che consentiranno di esprimere un giudizio più ponderato, l’Associazione Scienza & Vita, che nel referendum ha guidato il fronte astensionista, osserva che “i pilastri della legge sono ancora, alla prova dei fatti, quasi tutti ben saldi”.
Scienza & Vita si è detta “innegabilmente preoccupata” della possibilità che la sentenza abbia aperto alla creazione di un nuovo numero illimitato di embrioni il cui destino appare incerto, e per le gravi conseguenze che la necessaria iperstimolazione ovarica avrà sulla salute delle donne.
Ma l’associazione si dice comunque certa che il continuo affinamento delle tecniche, la rinnovata professionalità dei centri di Procreazione medicalmente assistita (Pma) italiani e la crescente coscienza degli operatori del settore, “argineranno le alterazioni causate da questa ferita inferta all’impianto primigenio della legge”.
Per Scienza & Vita si tratta di “una ferita voluta in maniera pretestuosa anche contro ogni evidenza scientifica e contro i dati diffusi dal ministero del Welfare relativamente all’applicazione della legge 40 nel 2007”.
“Si auspica – conclude – che da parte del ministero del Welfare vi sia un intervento deciso, anche attraverso le linee guida, finalizzato ad eliminare ogni possibile ambiguità e ad operare una radicale limitazione del danno, fatto salvo l’impianto garantista della legge nei confronti sia dell’embrione sia della donna”.
Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita, ha commentato che “l’aspetto più singolare della decisione della Consulta in materia di legge 40 è che essa ha dichiarato incostituzionale anche la legge tedesca la quale, come la legge italiana, non permette la generazione di più di tre embrioni per ogni tentativo di impianto”.
“Eppure – ha osservato – la Costituzione tedesca non può certo dirsi meno garantista, meno impegnata nella tutela dei diritti dell’uomo e meno preoccupata della salute della donna di quella italiana”.
“Ai titolari delle cliniche operanti nel settore, che esultano per una loro presunta vittoria – ha precisato Casini –, consiglierei una maggiore prudenza perché è alquanto dubbio che possano contare sull’aumento della clientela per effetto della decisione della Corte”.
“Anche perché, dati dell’Istituto Superiore di Sanità alla mano, denunceremo tutti i casi di produzione di più di tre embrioni che aumenta nella donna il rischio di sindrome da iperstimolazione e quindi costituisce un’evidente violazione della regola della prudenza che ancora non è stata dichiarata incostituzionale”, ha affermato.
“Il limite dei tre embrioni – ha aggiunto Casini – era ed è una cautela per la salute della donna ed al tempo stesso anche la difesa avanzata del diritto alla vita del figlio generato in provetta che non può essere considerato un oggetto congelabile e distruggibile per un fine a lui estraneo”.
Secondo il Presidente del MpV, “aldilà dei dettagli, il vero nodo della questione resta l’identità umana del concepito e quindi la titolarità del suo diritto alla vita riconosciuta dall’articolo 1 della legge 40 che la Corte non ha contestato”.
“Da tempo con la forza di centinaia di migliaia di cittadini che hanno sottoscritto una proposta di legge di iniziativa popolare – ha concluso Casini –, abbiamo chiesto il riconoscimento della capacità giuridica di ogni essere umano fin dal momento del concepimento. Questo è il punto di arrivo del moto di tutta la storia umana verso l’eguaglianza in dignità. Continueremo a lavorare in questa direzione”.
Giuseppe Barbaro, Vicepresidente del Forum delle associazioni familiari, ha dichiarato che “la sentenza della Corte Costituzionale, singolare per la velocità con la quale è stata elaborata, lascia stupefatti per la sua scarsa tempestività” perchè “arriva giusto all’indomani della pubblicazione dei dati sull’applicazione della legge 40 che dimostrano quanto la legge che si vuole colpire abbia raggiunto gli obbiettivi che si prefiggeva soprattutto in termini di tutela della vita e difesa della salute della donna”.
“Sarà necessario attendere le motivazioni per capire quanto la sentenza intervenga sulla legge, ma di certo cancellare il numero massimo degli embrioni da impiantare ripropone i fantasmi dell’eugenetica e della selezione embrionale”, ha spiegato il Vicepresidente del Forum.
Inoltre, il provvedimento “torna ad esporre la salute delle donne a quei rischi che la legge aveva eliminato abbattendo l’incidenza della sindrome da iperovulazione. Tutto questo senza nulla aggiungere alle probabilità di successo delle metodiche di fecondazione artificiale”.
“La speranza – ha concluso Barbaro – è che attraverso la rapida elaborazione di sagge linee guida il governo sappia trovare un giusto punto di equilibrio tra le osservazioni della Corte e la tutela dei diritti della madre e del figlio che è quanto la società a stragrande maggioranza ha voluto e difeso”.