Il Papa: la GMG, molto più di un festival rock

Nel sua udienza prenatalizia ai membri della Curia Romana

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di Inma Álvarez

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 22 dicembre 2008 (ZENIT.org).- La peculiarità delle Giornate Mondiali della Gioventù e il carattere particolare della loro gioia “non trovano alcuna spiegazione”, se non il fatto che Cristo stesso è presente, ha affermato questo lunedì il Papa nel suo discorso di Natale alla Curia Romana.

Secondo Benedetto XVI, da queste Giornate emerge “una gioia che non è paragonabile con l’estasi di un festival rock”.

Il Papa ha dedicato una buona parte del suo intervento a compiere un bilancio della Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney del luglio scorso, che ha rappresentato uno dei tre avvenimenti – insieme al Sinodo della Parola e all’apertura dell’Anno Paolino – più significativi del 2008.

“L’Australia mai prima aveva visto tanta gente da tutti i continenti come durante la Giornata Mondiale della Gioventù, neppure in occasione dell’Olimpiade. E se precedentemente c’era stato il timore che la comparsa in massa di giovani potesse comportare qualche disturbo dell’ordine pubblico, paralizzare il traffico, ostacolare la vita quotidiana, provocare violenza e dar spazio alla droga, tutto ciò si è dimostrato infondato”, ha commentato.

Al contrario, “è stata una festa della gioia – una gioia che infine ha coinvolto anche i riluttanti: alla fine nessuno si è sentito molestato. Le giornate sono diventate una festa per tutti”.

Anche se molti hanno cercato di spiegare questo fenomeno, secondo il Pontefice “la peculiarità di quelle giornate e il carattere particolare della loro gioia, della loro forza creatrice di comunione, non trovano alcuna spiegazione”.

“Analisi in voga tendono a considerare queste giornate come una variante della moderna cultura giovanile, come una specie di festival rock modificato in senso ecclesiale con il Papa quale star”, ha avvertito. “Ci sono anche voci cattoliche che vanno in questa direzione”.

Per i primi, “questi festival sarebbero in fondo sempre la stessa cosa, e così si pensa di poter rimuovere la questione su Dio”, per i secondi si tratta di “un grande spettacolo, anche bello, ma di poco significato per la questione sulla fede e sulla presenza del Vangelo nel nostro tempo”.

“Sarebbero momenti di una festosa estasi, che però in fin dei conti lascerebbero poi tutto come prima, senza influire in modo più profondo sulla vita”.

Benedetto XVI ha tuttavia respinto questa interpretazione: “il Papa non è la star intorno alla quale gira il tutto. Egli è totalmente e solamente Vicario. Rimanda all’Altro che sta in mezzo a noi”.

Le GMG, ha aggiunto, non sono frutto dell’estasi, ma il culmine di un “lungo cammino esteriore ed interiore che conduce ad esse” compiuto dai giovani.

“Le Giornate Mondiali della Gioventù non consistono soltanto in quell’unica settimana in cui si rendono pubblicamente visibili al mondo”, ma implicano tutto un pellegrinaggio dei giovani per incontrare la Croce.

“L’incontro con la croce, che viene toccata e portata, diventa un incontro interiore con Colui che sulla croce è morto per noi. L’incontro con la Croce suscita nell’intimo dei giovani la memoria di quel Dio che ha voluto farsi uomo e soffrire con noi”.

In questo senso, ha spiegato, non è un caso che uno degli atti più importanti a Sydney sia stata “la lunga Via Crucis attraverso la città”.

“La Liturgia solenne è il centro dell’insieme, perché in essa avviene ciò che noi non possiamo realizzare e di cui, tuttavia, siamo sempre in attesa”.

“Lui è presente. Lui entra in mezzo a noi. È squarciato il cielo e questo rende luminosa la terra. È questo che rende lieta e aperta la vita e unisce gli uni con gli altri in una gioia che non è paragonabile con l’estasi di un festival rock”, ha ammesso il Papa.

Un altro dei frutti duraturi delle Giornate, ha proseguito, è “il camminare successivo”: “si formano delle amicizie che incoraggiano ad uno stile di vita diverso e lo sostengono dal di dentro. Le grandi Giornate hanno, non da ultimo, lo scopo di suscitare tali amicizie e di far sorgere in questo modo nel mondo luoghi di vita nella fede, che sono insieme luoghi di speranza e di carità vissuta”.

“Secondo la Scrittura, la gioia è frutto della Spirito Santo (cfr Gal 5, 22): questo frutto era abbondantemente percepibile nei giorni di Sydney”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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