CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 17 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l’intervento pronunciato il 12 dicembre dall’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra, in occasione della commemorazione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
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Signor Presidente,
1. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948) è un momento memorabile della storia della coesistenza umana e una grande espressione di una civiltà giuridica universale basata sulla dignità umana e orientata alla pace. La Delegazione della Santa Sede sostiene appieno la decisione del Consiglio dei Diritti dell’Uomo di celebrare in modo speciale il 60° anniversario di questa Dichiarazione. Dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, la Dichiarazione ha riaffermato solennemente il valore supremo della dignità umana di ogni persona e di ogni popolo, senza alcuna distinzione basata sul sesso, sulla condizione sociale, sull’appartenenza etnica, sulla cultura o sulle convinzioni politiche, religiose o filosofiche. Con questo documento, la dignità umana viene infine riconosciuta come il valore essenziale su cui si fonda un ordine internazionale autenticamente pacifico e sostenibile. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo proclama: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza» (art. 1). La Santa Sede celebra il 60° anniversario della Dichiarazione, in primo luogo, richiamando il grande senso di unità, solidarietà e responsabilità che ha spinto le Nazioni Unite a proclamare i diritti umani universali come risposta a tutte le persone e i popoli oppressi dalla violazione della propria dignità, un compito che ci sfida ancora oggi. In secondo luogo, ha promosso eventi, programmi educativi, iniziative assistenziali nel mondo, in particolare per i bambini, le donne e i gruppi vulnerabili cosicché Dio, come ha affermato Sua Santità Papa Benedetto xvi il 10 dicembre 2008, «ci conceda di edificare un mondo in cui ogni essere umano si senta accettato nella sua piena dignità e in cui i rapporti fra persone e fra popoli si basino sul rispetto, sul dialogo e sulla solidarietà». In terzo luogo, ha evidenziato ancora una volta il fatto che i diritti umani sono a rischio se non sono radicati nel fondamento etico della nostra comune umanità creata da Dio, che ha dato a ognuno i doni dell’intelligenza e della libertà.
2. I diritti umani hanno un ruolo sociale indispensabile. Essi rimangono «la strategia più efficace per eliminare le disuguaglianze tra Paesi e gruppi sociali, come pure per un aumento della sicurezza». Per la tutela degli individui e della società, la Santa Sede ha riaffermato incessantemente la centralità dei diritti umani e il ruolo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite nel sostenere questo patrimonio comune della famiglia umana. La libertà e la creatività dell’uomo hanno elaborato diversi modelli di organizzazione politica ed economica nel contesto di differenti culture ed esperienze storiche.
«Una cosa è affermare un legittimo pluralismo di «forme di libertà, ed altra cosa è negare qualsiasi universalità o intelligibilità alla natura dell’uomo o all’esperienza umana». Il fondamento dei diritti umani è dunque un sano realismo, vale a dire il riconoscimento di ciò che è reale e iscritto nella persona umana e nella creazione. Quando nella ricerca dei cosiddetti «nuovi» diritti umani si crea un divario fra ciò che è rivendicato e ciò che è vero, si corre il rischio di reinterpretare il vocabolario consolidato dei diritti umani per promuovere meri desideri e misure che, a loro volta, divengono fonte di discriminazione e di ingiustizia e sono il frutto di ideologie egoiste. Quando si parla del diritto alla vita, del rispetto per la famiglia, del matrimonio come unione fra un uomo e una donna, di libertà di religione e di coscienza, dei limiti dell’autorità dello Stato di fronte ai valori e ai diritti fondamentali, non si dice niente di nuovo o di rivoluzionario e si mantengono entrambi la lettera e lo spirito della Dichiarazione, si tutela la coerenza tra la natura delle cose e il bene comune della società.
3. Questo anniversario della Dichiarazione ci spinge anche a riflettere sulla sua attuazione. In un mondo in cui ci sono troppe persone affamate, troppi conflitti violenti, troppe persone perseguitate per il loro credo, resta ancora una lunga strada da percorrere e il dovere di eliminare ogni discriminazione cosicché tutte le persone possano godere della propria dignità intrinseca uguale a quella degli altri. Nel perseguire questo scopo, gli sviluppi generati dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo sono motivo di speranza. La famiglia, «il nucleo naturale e fondamentale della società» (art. 16, 3), può essere la prima «agenzia» di tutela e di promozione della dignità umana e dei diritti fondamentali. Questo è in sintonia con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e con la Carta dei Diritti della Famiglia della Santa Sede, di cui, quest’anno, si celebra il 25° anniversario. L’Organizzazione delle Nazioni Unite e le sue Agenzie specializzate, questo Consiglio in particolare, sono chiamate a mettere fedelmente in pratica i principi della Dichiarazione, sostenendo gli Stati nell’adozione di politiche efficaci veramente incentrate sui diritti e sul senso di responsabilità di ognuno. I patti internazionali e gli accordi regionali derivati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo confluiscono in un organismo di diritto internazionale che funge da necessario riferimento.
4. In conclusione, Signor Presidente, ogni essere umano «ha diritto a un ordine sociale e internazionale, nel quale i diritti e le libertà» enunciati nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo possano essere pienamente realizzati» (art. 28). Ogni essere umano ha diritto a uno sviluppo integrale e il «diritto sacro» di vivere in pace. Con queste premesse i diritti umani non concedono solo privilegi. Sono piuttosto l’espressione e il frutto di ciò che è di più nobile nello spirito umano: dignità, aspirazione alla libertà e alla giustizia, ricerca di ciò che è bene e pratica di solidarietà. Alla luce delle esperienze tragiche del passato e di oggi, la famiglia umana si può riunire intorno a questi valori e principi essenziali, come un dovere verso i più deboli e i più bisognosi e verso le generazioni future.
[Traduzione del testo originale in inglese a cura de “L’Osservatore Romano”]