La Divina Misericordia nell’esperienza di Comunione e Liberazione (I)

ROMA, martedì, 16 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Per la rubrica sull’Amore misericordioso pubblichiamo la riflessione di don Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, accompagnata da alcune testimonianze.

 

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

* * *

Gesù, dice il Papa, soprattutto con il Suo stile di vita e con le sue azioni ha rivelato come nel mondo, in cui viviamo, è presente l’amore, l’amore operante, l’amore che si rivolge all’uomo con l’abbraccio di tutto ciò che forma la sua umanità. È questa la figura pedagogica che ovviamente un cristiano deve tener presente.

Scrive il Papa: “Appunto il modo e l’ambito in cui si manifesta l’amore, viene denominato nel linguaggio biblico: misericordia”.

Così cerchiamo di concepire la comunità cristiana: modo e ambito in cui si manifesta l’amore… la definiamo come il luogo della misericordia.

La comunità cristiana è il luogo della misericordia in cui viene abbracciato dell’uomo tutto ciò che forma la sua umanità. Ed è forse per questo che io amo dire che la misericordia è, profondamente, l’abbraccio, l’ospitalità, meglio, l’abbraccio del diverso. Questa diversità si fa particolarmente notare, dice ancora il Papa, nel contatto con la sofferenza, l’ingiustizia, la povertà, a contatto con tutta la condizione umana storica.

Questi nostri amici esemplificano questa pagina bellissima della Dives in Misericordia.

Ho voluto prima chiedere alla Sig.na Lia Sannicola di dare brevemente un quadro di tutto lo sforzo di misericordia che noi chiamiamo anche: educazione alla gratuità; lo sforzo di misericordia che attraverso le operazioni di carità delle nostre comunità cerchiamo di incrementare.

Poi ho pregato i Signori Zappelon di parlarci del tentativo di ospitalità che fanno, nella loro famiglia. Sono padre e madre di tre bambini. Quindi ho pregato il Dott. Guffanti che desse notizia dello sforzo di carità che cerchiamo di fare nell’Uganda, come segno di altre opere che in Missione stiamo, con la grazia di Dio, portando. Grazie!!

Sig.na Sannicola Lia

Nel movimento CL chiamiamo “caritativa” la nostra esperienza di condivisione come educazione alla gratuità, e quindi alla misericordia.

Molti giovani ed adulti di Comunione e Liberazione da anni rivelano una grande sensibilità alla situazione di bisogno delle persone handicappate. Infatti è risultato profondamente educativo alla dimensione della misericordia condividere un tipo di bisogno che fa scattare la verifica di alcuni valori fondamentali dell’esperienza cristiana.

Il valore della persona come tale, al di là di quel che sa fare o non sa fare. Il valore della sofferenza come valore positivo. Il valore della gratuità a fronte di un bisogno che raramente viene rimosso.

Queste esperienze coinvolgono sia giovani che adulti. Per quanto concerne gli oneri il nostro movimento si fa carico di individuare e di proporre degli ambiti che consentano di realizzare esperienze giudicate valide da un punto di vista educativo. In esse i giovani vengono accompagnati da persone adulte e vengono aiutati e guidati in una verifica. Dico brevemente gli ambiti.

La caritativa in grosse istituzioni assistenziali. In alcune di queste abbiamo una presenza anche di 200 giovani, che vi si recano al sabato e alla domenica e si impegnano nelle attività che vanno dal gioco all’assistenza delle persone in difficoltà. Poi queste giornate di impegno terminano con una assemblea in cui c’è il momento di preghiera e di verifica. Questo tutte le settimane.

La caritativa realizzata per impegnare i giovani che vivono in famiglia e che frequentano i “centri giovani” nel tempo libero, nelle vacanze.

La caritativa presso le famiglie che hanno casa un bambino handicappato, in genere grave, e che sono molto appesantite da un problema del genere. I nostri ragazzi fanno compagnia a questi bambini handicappati e svolgono anche piccole commissioni, sollevano la famiglia per un paio di ore dal problema e… queste esperienze sia con i giovani che presso la famiglia hanno aperto anche le persone handicappate all’esperienza della comunità cristiana.

Infine la caritativa nelle vacanze estive. Lo scorso anno solo la comunità di Milano ha portato in vacanze più di cento persone handicappate.

Invece per quanto riguarda gli adulti, l’esperienza “caritativa” è caratterizzata da una assunzione di responsabilità più precisa e da una creatività di risposta che è espressione dell’identità cristiana in nome della quale l’impegno viene portato avanti. Molto spesso si tratta di iniziative che hanno avuto origine con una esperienza giovanile di carità cristiana e che si sono a mano a mano sviluppate raggiungendo un livello di maturità, di stabilità, e di definitività maggiore: esperienze che sono diventate più strutturate.

Abbiamo delle famiglie che hanno preso in affidamento dei bambini handicappati.

Le nostre comunità accolgono stabilmente, durante la domenica e per le vacanze, persone che vivono negli istituti.

Sono sorte diverse associazioni che aiutano gli handicappati con il lavoro; man mano che il bisogno cambia vengono ristrutturate le attività. Sono state costituite delle Case-famiglia una delle quali è in Calabria.

Infine abbiamo alcune cooperative sia di tipo educativo che di rieducazione al lavoro. Comunque queste cooperative hanno la caratteristica di essere un sopporto alla famiglia. Rappresentano in qualche modo la dilatazione della dimensione dell’accoglienza che è propria della famiglia. A partire da queste esperienze sono maturate diverse professionalità, per cui molti giovani sono indirizzati a professioni quali psichiatria, fisioterapia ecc.

Nel mese di ottobre si è svolto a Forlì un convegno che voleva mettere a confronto queste esperienze e farle conoscere per un approfondimento. C’erano oltre mille operatori e l’affluenza di esperienze provenienti da circa cinquanta città d’Italia. La cosa che è stata veramente bella era vedere come gruppi che non avevano avuto mai l’opportunità di incontrarsi si riconoscevano in punti comuni. Li dico brevemente:
1^ – Sono esperienze nate perché qualcuno si è assunto una responsabilità. Qualcuno ha fatto delle scelte, ha rischiato personalmente.
2^ – Sono tutte esperienze che hanno rivelato una grossa consapevolezza di appartenere ad una esperienza vissuta di comunità cristiana che è in grado di costituire un soggetto che mosso da un ideale è capace di porre la sua responsabilità a servizio dell’uomo e di condividere il bisogno.
3^ – Il metodo, cioè la condivisione come decisione personale, giocata ogni volta, di mettere la propria vita in comune con quella dell’altro, in nome dell’appartenenza alla stessa origine e allo stesso riconoscimento semplice, qualificata questa esperienza al di là del tempo e delle forme che la condivisione assume.
4^ – Una dignità culturale, cioè una capacità di giudizio e di proposta che anche nel livello più iniziale costituiscono una reale novità ed una possibilità immediata per chiunque, una via praticabile.

Io volevo concludere con un giudizio… finale su questo momento di Forlì. Noi a maggio ci siamo battuti con passione e credendoci fino in fondo, per il problema dell’aborto. E abbiamo detto che qui il problema non era l’aborto ma la vita, l’accoglienza della vita. Queste esperienze di condivisione con gli handicappati, sono l’espressione della vita che noi abbiamo affermato in quella occasione.

Coniugi Zappelon, Angela e Mario

Io mi chiamo Angela ed anzitutto voglio ringraziare del dono che il Signore oggi mi ha fatto di trovarmi qui con voi. Ringrazio il Signore anche per un altra cosa, per avermi amata, voluta e fatta crescere nella Chiesa, così da darmi l’occasione di vivere l’esperienza cristiana, quell’esperienza che adesso brevemente racconterò e alla quale ci siamo sempre dati con anima e cuore, aggrappati al Signore.

Mario, mio marito, e io abbiamo passato la metà della nostra vita (25 anni) con i nostri familiari e poi siamo emigrati dal Veneto in Lombardia. E, come emigrati, abbiamo avuto una vita dura, molti dolori e sofferenze di ogni genere.

Guardandoci un momentino attorno, a
vendo appunto acquisito dalla famiglia e dalla Chiesa, dai nostri sacerdoti che ci hanno educato, una educazione alla fede e al sacrificio, guardandoci attorno abbiamo visto dei bisogni che andavano oltre i nostri. Noi se non altro eravamo in due, potevamo portare dei pesi in modo più agile, mentre invece ci accorgevamo che c’erano persone che non avevano assolutamente niente; né la casa, né il lavoro, niente, assolutamente niente.

Per cui guardandoci attorno abbiamo capito che non era sufficiente pregare, non era sufficiente restare uniti nelle associazioni, strumenti che la Chiesa in quel tempo ci offriva, ma bisognava uscire per vivere la misericordia, la misericordia che il Signore ha avuto anzitutto per noi. Quindi abbiamo cominciato con una accoglienza così… possibile a tutti. Abbiamo aperto la nostra casa, piccola, due locali, a persone sole, che venivano per i pasti con noi o per giocare o stare insieme.

Più avanti si sono presentati dei casi più difficili di bambini abbandonati perché avevano le madri ammalate o comunque casi molto disperati.

Nella nostra famiglia abbiamo accolto in 25 anni di matrimonio circa 30 persone, tutti casi portati a termine abbastanza bene, gente cioè molto ricuperata che ha ricominciato a vivere e a sperare nella vita.

Circa tre anni fa abbiamo avuto la fortuna e il dono di incontrare il movimento di “Comunione e Liberazione”. Avendo noi tre figli ormai grandi ci preoccupavamo per loro, particolarmente per la loro fede.

Questo movimento è stato per noi di luce. Ha dato a noi un respiro molto più ampio, una misericordia che abbiamo sentito su di noi e così abbiamo anche il coraggio di affrontare dei problemi in maniera più grossa, cioè un’accoglienza che si è allargata. Avevamo allora tre bambini accolti nella nostra famiglia, tre bambini che ora hanno 12, 11 e 8 anni. Quando a questi amici di CL abbiamo esposto il nostro desiderio di aprire una casa di accoglienza, chiedevamo anche delle persone che volessero condividere la nostra esperienza, in modo stretto, in vita di comunione e di comunità. Il Signore ci ha fatto subito il dono di due persone grandi e adulte nella fede: una donna di 35 anni sposata, senza figli, vedova, e un ragazzo di 28 che adesso vivono con noi; ed in questa casa che abbiamo aperto, facciamo una vita di comunione e di accoglienza.

Noi siamo: io, mio marito, i tre figli che hanno 24 anni la ragazza, 22 un maschio e l’altro 18, una quarta figlia che è nata malformata, avrebbe ora 12 anni. È vissuta 6 mesi e mezzo. Il desiderio era stato sempre quello di avere degli amici nella fede perché fosse segno di amore nel mondo. Questa gioia non l’avevamo mai avuta prima, almeno come l’abbiamo adesso.

Il movimento che abbiamo incontrato ci ha proprio sbloccato la strada. Non so come dire, non vorrei esagerare, comunque noi abbiamo cominciato una vita nuova con questa gente.

In casa attualmente siamo in 15 persone, però fino a qualche mese fa eravamo in 21. Abbiamo accolto, oltre i tre bambini che ci siamo portati con noi in questa casa, abbiamo accolto una schizofrenica gravissima, malata di mente, incinta, non si sapeva ad opera di chi. Separata dal marito, con il figlio di nove anni che è affidato al padre. Questa donna è venuta in casa nostra in condizioni disastrose. Ora la bambina ha dieci mesi. Da giugno questa donna è tornata a casa, ha ripreso il lavoro in una ditta dove lavorava anni fa… la bambina è stata accolta insieme alla madre dai genitori di questa donna e sta benissimo.

Un altro caso di una donna di 25 anni, sposata, separata anche lei con una bambina di 9 anni: questa donna era finita in un giro veramente brutto e grosso di prostituzione, è stata con noi 8 mesi, ha vissuto una vita serena con noi, ha dimenticato tutte le amarezze (o quasi) perché lei era arrivata a 4 aborti in due anni e 4 tentativi di suicidio, ora vive bene e serena e… crede nella vita.

Abbiamo poi accolto una famiglia, un piccolo nucleo famigliare di madre di 42 anni con due figlie, una sordomuta di 11 anni ed un figlio di 15. Questa famiglia da pochi giorni è stata sistemata perché già indipendente con il lavoro, anche il ragazzo che già ha diciassette anni lavora, la ragazzina studia.

Poi una ragazza madre di 19 anni con una bimba di un anno, anche lei 4 tentati suicidi; ora questa donna è tornata con il papà della bimba e da otto giorni vive in un appartamento che noi gli abbiamo procurato e lavora.

Poi abbiamo accolto un ragazzo di 17 anni. Ha una storia molto triste, una storia dolorosa anche per noi, perché questo ragazzo dopo 5 mesi di vita in casa nostra, con difficoltà grosse, si è rimesso nel giro, nella compagnia di prima e una sera in 5 o 6 minuti ci ha fatto un danno di sei milioni. Ha distrutto le macchine. Questo ragazzo poi è andato un po’ per il mondo, però ogni tanto si fa sentire, anche ieri sera ci ha telefonato. Vorrebbe essere riaccolto. Questo è un caso nel quale noi aspettiamo un momentino, anche perché abbiamo dei bambini in casa e ha procurato un po’ di paura a tutti.

Abbiamo anche una ragazza di 14 anni e mezzo, accolta un anno e mezzo fa con delle esperienze incredibili perché lei ha girato mezza Italia; quando veniva presa dai carabinieri, la riportavano a casa e lei scappava. Questa ragazza è come uno dei miei figli. Lei pregava con noi, vive la nostra vita, sta facendo un lavoro su di sé. È veramente un miracolo del Signore che vediamo sotto i nostri occhi. Noi trattiamo tutti senza fare preferenze: non le faccio nemmeno ai miei figli. Siamo tutti una grande famiglia. Questo è il metodo.

Noi pensiamo che la persona è stata creata libera dal Padre e che a un certo momento quando gli hai dato tutto, gli hai donato tutto l’amore che hai dentro di te, questa persona non puoi trattenerla, cioè non puoi nemmeno proibirgli di fare delle pazzie nella vita, di rovinarsi la propria vita.

Io adesso vorrei lasciare a mio marito di dire due parole su come viviamo la giornata nella nostra casa: è molto importante.

[La seconda parte verrà pubblicata martedì 23 dicembre]

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione