CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 15 dicembre 2008 (ZENIT.org).- "La Chiesa, da sempre, ha tenuto in grande considerazione il celibato dei sacerdoti", ricorda il Cardinale Francis Arinze in un libro che verrà presentato questo martedì presso la "Radio Vaticana".
Ampi stralci del testo del porporato, intitolato "Riflessioni sul sacerdozio, lettera a un giovane sacerdote" (Libreria Editrice Vaticana, pagine 138, euro 12), sono stati pubblicati da "L'Osservatore Romano".
"Cristo ha vissuto una vita verginale, ha insegnato ai suoi discepoli la castità e ha proposto la verginità a coloro che sono disponibili e in grado di seguire una tale chiamata", spiega il Cardinale, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
"Nella vita sacerdotale, la continenza perpetua per il regno dei cieli esprime e stimola la carità pastorale. È una sorgente speciale di fecondità spirituale nel mondo" e "una testimonianza che risplende davanti al mondo come via efficace per la sequela di Cristo".
Nel mondo di oggi, "immerso in una preoccupazione esagerata per il sesso e la sua desacralizzazione", "un presbitero che vive con gioia, fedeltà e positivamente il proprio voto di castità è un testimone che non può essere ignorato", osserva il porporato.
Attraverso il celibato sacerdotale, prosegue, "il presbitero viene consacrato più strettamente a Cristo nell'esercizio della paternità spirituale", si manifesta "con più prontezza" "come ministro di Cristo, sposo della Chiesa", e "può davvero presentarsi come segno vivo del mondo futuro, che è già presente per mezzo della fede e della carità".
Il sacerdote, avverte il Cardinale, "non deve dubitare del valore o della possibilità del celibato a causa della minaccia rappresentata dalla solitudine", presente in una certa dose in ogni stato di vita, anche in quella matrimoniale.
Sarebbe dunque uno sbaglio cercare di evitare la solitudine "buttandosi sempre più nell'attività e organizzando sempre nuovi incontri, viaggi o visite".
Ciò di cui il sacerdote ha bisogno è invece "il silenzio, la quiete e il raccoglimento per stare alla presenza di Dio, dare maggior attenzione a Dio e incontrare Cristo nella preghiera personale davanti al tabernacolo", perché "solo allora sarà capace di vedere Cristo in ogni persona che incontra nel ministero".
Per vivere bene il celibato è anche importante l'apporto della fraternità, al punto che "l'ideale è che il Vescovo faccia in modo che i sacerdoti vivano in due o tre per parrocchia, piuttosto che da soli", perché "abbiamo bisogno gli uni degli altri per far crescere al massimo le nostre potenzialità".
Il presbitero, aggiunge il Cardinale nel suo libro, "ha come Maestro il Cristo", e anche se non è possibile imitarne l'agire "in ogni minimo dettaglio", "ciò non ci esime dal seguirlo nel modo più vicino possibile".
Accanto alla povertà e all'obbedienza, fondamentale è l'esercizio della carità.
"Un test sulla generosità del prete - suggerisce il Cardinale Arinze - può consistere nel domandarsi quali motivi di carità sono inclusi nei suoi desideri e quanta gente povera, poveri seminaristi o candidati alla vita consacrata piangeranno la sua morte, riconoscendo che è scomparso il loro padre in Cristo e il loro benefattore".