I saluti di Letta e Frattini durante la visita del Papa all'Ambasciata

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 14 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole di benvenuto del Sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri italiano, Gianni Letta, nell’accogliere questo sabato Benedetto XVI in visita all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede.

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Santità,

in assenza del presidente del Consiglio, impegnato proprio in queste ore in un evento di carattere familiare fissato da ormai molti mesi, spetta a me l’onore, insieme al ministro degli Esteri, agli altri membri del Governo che incontrerà tra poco e all’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, di darle il benvenuto più caloroso a palazzo Borromeo, dove non si registrava la visita di un Pontefice dall’ormai lontano 1986.

In questa chiesa dedicata a san Carlo Borromeo, che abitò questa casa 450 anni fa, ella trova il personale dell’ambasciata con i più stretti congiunti, così come al suo arrivo ha incontrato nell’androne i figli, e anche alcuni nipoti, di chi in questa sede vive e lavora. La accolgono qui una piccola comunità e un gruppo di famiglie, persone unite tra loro, talune da vincoli stretti di sangue e tutte dal comune obiettivo di servire al meglio lo sviluppo delle relazioni tra il Governo italiano e la Sede Apostolica.

Questa chiesa, appena restaurata e rinnovata, ha ricevuto nei giorni scorsi la visita del suo primo collaboratore, il cardinale segretario di Stato, che vi ha tenuto una celebrazione eucaristica dopo i lavori effettuati, che hanno coinvolto anche altre parti del palazzo. Un importante e accurato restauro che è segno esteriore della volontà di dare un nuovo impulso e una nuova profondità al rapporto con la Sede Apostolica e con la Chiesa in Italia; l’attenzione con cui da parte di tutti si è cercato di fare il meglio riflette non solo l’intensità del rapporto bilaterale, ma anche e soprattutto la qualità che allo stesso si vuole attribuire.

È una circostanza del tutto eccezionale quella che vede un Pontefice visitare una sede diplomatica a Roma. Siamo ben consapevoli di questo privilegio e della sua eccezionalità e per questo molto onorati e commossi. Vogliamo considerare questa visita, come «L’Osservatore Romano» scrisse nel giugno del 1951 nel riportare la notizia del passaggio a palazzo Borromeo di Sua Santità Pio xii, come un gesto «in forma familiare» in cui la presenza di alcuni membri del Governo sta a significare non ufficialità, ma genuino e personale interesse per le relazioni con la Santa Sede, nonché altissimo rispetto e grande considerazione per la sua persona.

La sua presenza qui, Santità, ci conferma che la strada percorsa assieme in questi ottant’anni di vita del Trattato Lateranense e di venticinque del nuovo Concordato è contrassegnata da una più che soddisfacente evoluzione del rapporto bilaterale, che conferma l’attualità e la validità dello strumento concordatario. Tutto ciò è stato reso anche possibile dall’impegno profuso nel tempo dai capi missione che si sono succeduti a palazzo Borromeo, che sono oggi qui con noi, e dai loro collaboratori che, a ogni livello, hanno prestato servizio in quest’ambasciata e che vorrei tutti, in questa occasione, ringraziare.

 

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Successivamente, nella sala delle Bandiere, il Ministro degli Esteri Franco Frattini ha salutato il Papa a nome dei presenti, del Presidente della Repubblica e del Governo italiano:

Santità,

eminenze reverendissime, eccellenze reverendissime, reverendissimi monsignori, signori ministri e sottosegretari, rappresentanti del corpo diplomatico presso la Santa Sede, signore e signori, è con una certa emozione che diamo alla Santità vostra, oggi, il benvenuto nell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Sono passati ormai più di 22 anni dall’ultima visita di un Pontefice a palazzo Borromeo: il suo predecessore Giovanni Paolo ii fu qui nel 1986, prima di lui, nel 1964, venne a via Flaminia Paolo vi e ancor prima Pio xii, il 2 giugno del 1951.

Queste graditissime visite, che si ripetono nel tempo a distanza periodica, quasi a un quarto di secolo l’una dall’altra, rappresentano una testimonianza importante della profonda consonanza che, negli anni, continua a caratterizzare le relazioni fra lo Stato e la Chiesa in Italia. Fra due mesi, nel febbraio prossimo, celebreremo un doppio anniversario: gli 80 anni della chiusura della questione romana, con la firma del Trattato Lateranense, e i venticinque anni dall’Accordo di modificazione del Concordato. Si tratterà di una occasione, che auspico possa essere utile anche al grande pubblico, per conoscere meglio lo strumento concordatario e sottolineare il suo significato e la sua perdurante attualità.

Santità,

la sua presenza oggi a palazzo Borromeo ci consente di cogliere, nell’ambito di questo armonioso rapporto che lega le due sponde del Tevere, un aspetto cruciale per la vita della Chiesa, e al quale l’Italia assicura il suo convinto contributo. Mi riferisco alla nostra profonda identità di vedute nella costante azione a tutela dei diritti dell’uomo.

Proprio nel corso di questa settimana il presidente Napolitano ha presenziato insieme a lei nell’Aula Paolo vi alla manifestazione che la Santa Sede ha organizzato a ricordo del sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La presenza, in tale circostanza, del capo dello Stato ben rappresenta quel comune sentire che accomuna Italia e Santa Sede nella costante difesa dell’essere umano e della sua dignità in tutto il mondo. Siamo convinti che i diritti fondamentali devono rimanere gli stessi per ogni individuo. Non dobbiamo e non possiamo inseguire, soprattutto in Europa, astratti modelli di integrazione multiculturale a scapito del rispetto dei diritti individuali. Deve essere la promozione di questi ultimi, un nuovo umanesimo fondato sui diritti della persona, a forgiare oggi l’identità europea e a porsi come condizione per l’integrazione.

Desidero poi confermare — Santità — come il Governo italiano ritenga centrale, nell’ambito dei diritti umani, la tutela della libertà di culto, che non significa solamente possibilità di vivere il proprio credo in privato, ma soprattutto libertà di espressione pubblica delle convinzioni religiose di ciascun individuo e gruppo. Per questo l’Italia, il Governo italiano, ha sempre mostrato profonda sensibilità per la sorte delle minoranze cristiane in ogni parte del mondo esercitando una costante azione a loro supporto. Penso, in particolare, alla minoranza presente in India per la quale, di fronte ai recenti luttuosi avvenimenti, siamo intervenuti sia bilateralmente con il Governo indiano che nell’ambito dell’Unione europea. Siamo inoltre fortemente convinti che la stabilizzazione del Medio Oriente passi anche attraverso la salvaguardia delle diverse comunità cristiane che sono storicamente presenti nella regione alle quali, in particolare in Libano e in Iraq, forniamo il nostro costante supporto e aiuto.

Mi consenta infine di toccare un aspetto al quale ci richiama il luogo nel quale ci troviamo. L’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede è l’organo del ministero degli Esteri che collabora giornalmente con la Segreteria di Stato di vostra Santità per rendere concretamente possibile quel diritto di legazione attivo e passivo che la Santa Sede possiede per antica consuetudine, codificata anche nei Patti Lateranensi. Si tratta di un servizio talvolta di poca visibilità, ma che crediamo ugualmente importante affinché gli organi centrali della Chiesa possano godere di quella piena libertà che è necessaria all’esercizio del proprio alto magistero.

Santità,

è con questi sentimenti che le do il benvenuto a palazzo Borromeo, formulando fervidi auguri per la sua persona e la sua altissima missione.

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ZENIT Staff

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