Messico: Vescovi contrari alla reintroduzione della pena di morte

La sua applicazione allunga la catena della violenza, denunciano

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CITTA’ DEL MESSICO, venerdì, 12 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Di fronte alla proposta di reintrodurre la pena di morte in Messico, la Conferenza Episcopale del Paese ha pubblicato un commento affermando che “la vita umana non deve essere considerata un oggetto del quale disporre arbitrariamente, ma la realtà più sacra e intangibile presente al mondo”.

“Non può esserci pace quando manca la difesa di questo bene fondamentale – dichiarano i Vescovi –. Non si può invocare la pace e disprezzare la vita”.

Nel testo, i presuli riconoscono che in Messico si vivono “momenti difficili per delitti, sequestri, criminalità e ogni tipo di violenza”.

“Il dolore e la sofferenza di quanti sono stati vittime di tutto questo male sono comprensibili – riconoscono –. Sappiamo che sono disperati e comprendiamo la loro richiesta di una soluzione che risolva definitivamente questo grave problema e applichi la giusta pena ai delinquenti, molte volte tutelati dall’impunità o dalla corruzione da parte dei funzionari pubblici”.

In questo contesto, “in vari settori della società si leva la voce per la quale la pena di morte è la soluzione che può risolvere una volta per tutte questa grave situazione”.

La Chiesa, tuttavia, “oggi più che mai vede come un segnale di speranza l’avversione sempre più diffusa da parte dell’opinione pubblica nei confronti della pena di morte, anche come strumento di ‘legittima difesa’ sociale, considerando le possibilità che ha una società moderna per reprimere efficacemente il crimine di modo che, neutralizzando chi lo ha commesso, non lo si privi definitivamente della possibilità di redimersi”.

La posizione di difesa della vita e di opposizione alla pena di morte proposta dalla Chiesa, spiegano i Vescovi del Messico, “si basa sui libri della Sacre Scritture, soprattutto sul libro della Genesi, in cui ci viene mostrato con grande chiarezza che nessuno può concedersi il diritto di uccidere, visto che questo prolungherebbe a tempo indefinito e aumenterebbe la catena della violenza”.

“Lo mostra l’episodio di Caino, al quale dopo aver ucciso suo fratello Dio impone una pena di esilio, proteggendolo allo stesso tempo da chi voglia attentare contro la sua vita, spezzando la catena dello spargimento di sangue”.

Lo Stato, scrivono i presuli, “ha la piena responsabilità di applicare le pene con l’obiettivo di riparare al disordine introdotto dalla violenza, dal delitto e dall’insicurezza”, ma “oltre a difendere l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone deve anche contribuire alla correzione dei colpevoli”.

“La violenza ha un limite – concludono –, Dio non la vuole più”.

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ZENIT Staff

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