Arcivescovo Marchetto: "La Chiesa e il turismo religioso"

Interviene a un Master dell’Università di Tor Vergata di Roma

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ROMA, sabato, 6 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l’intervento pronunciato questo giovedì sul tema “La Chiesa e il turismo religioso” dall’Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, rivolgendosi agli studenti del Master in Economia e Management delle attività turistiche e culturali dell’Università di Tor Vergata di Roma.

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Le competenze del nostro Pontificio Consiglio

Cari amici,

Permettetemi di così chiamarvi sub unica conclusione (sotto un’unica conclusione).

Un saluto beneaugurate a tutti voi qui presenti che vi riferite con interesse e credo con profitto al Master in Economia e Management delle attività turistiche e culturali. Ringrazio anzitutto per questo invito, che mi è stato rivolto dalla Professoressa Paola Paniccia, a illustrare la missione – così noi diciamo – della Chiesa nel vasto campo del turismo, in particolare di quello religioso.

Mi rivolgo a voi in quanto Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, che è un Dicastero della Curia Romana, cioè della Santa Sede, istituito da Papa Paolo VI nel 1970 (1). Il nostro campo di impegno si rivolge a una molteplicità di destinatari, che rientrano nel fenomeno della cosiddetta “mobilità umana”. Esso abbraccia persone le quali, per propria scelta o per necessità, lasciano il loro luogo di residenza abituale, venendo così a mancare dell’ordinaria cura pastorale territoriale, parrocchiale diciamo. Si tratta di migranti, rifugiati, studenti esteri (i migranti dunque), di marittimi e pescatori, nomadi, circensi e fieranti, di quanti fanno parte del mondo dell’aviazione civile e della strada, e, infine, ma non ultimi, di quello del turismo e dei pellegrinaggi, di cui oggi parliamo. Questi sono gli itineranti. È ambito molto vasto che, anche a motivo della globalizzazione, continuerà a crescere e a coinvolgere sempre più poli e nazioni, e questo nonostante l’attuale crisi finanziaria-economica (2).

La nostra missione è appunto pastorale, salus animarum suprema lex (la salvezza delle anime è la legge suprema), e ci porta a sollecitare, promuovere e coordinare le opportune iniziative atte ad accompagnare queste persone in movimento e a manifestare e diffondere anche il pensiero della Chiesa su questioni sociali, economiche e culturali che di solito sono all’origine e seguono tali spostamenti. Tali persone presentano sia elementi convergenti verso un comune denominatore, sia caratteristiche e problemi propri che esigono risposte specifiche. È per questo che le fun­zioni del nostro Pontificio Consiglio nei loro confronti sono differenziate.

La continua evoluzione che si verifica all’interno dei fenomeni della mobilità umana, rende poi necessari uno studio incessante, consultazioni e scambi. Anche con questo intento il Pontificio Consiglio promuo­ve seminari, convegni e congressi a carattere internazionale per ciascuno dei settori sopra riferiti e pubblica documenti, articoli, e si rilasciano interviste. Esso incoraggia altresì le Conferenze Episcopali e le singole Diocesi ad attuare una pastorale specifica per coloro che sono coinvolti nel fenomeno della mobilità umana, adottando i provvedimenti richiesti dalle situazioni.

Il nostro Dicastero pubblica pure una rivista dal titolo People on the Move (Gente in movimento), che raccoglie gran parte degli interventi del Pontificio Consiglio, che altresì cura la serie “Quaderni Universitari” su cui esperti in varie discipline trattano problemi relativi a migranti e itineranti.

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Interesse della Chiesa per il turismo

Permettetemi un velocissimo excursus storico sullo sviluppo del turismo e sull’interesse della Chiesa per questo mondo, possiamo proprio chiamarlo così.

Già nell’impero romano esisteva il “turismo”, favorito da una rete stradale modello, costruita soprattutto per motivi commerciali e bellici, che consentiva spostamenti sia verso Occidente che verso Oriente. Molto sviluppati erano anche i collegamenti marittimi attraverso il Mediterraneo. Nel millennio successivo, dal 500 al 1500, si svilupparono i viaggi verso i luoghi di pellegrinaggio: Roma, Gerusalemme, Santiago di Compostela. Tali mete davano al viaggio significato e scopo religioso.

Successivamente, con il passaggio dalla civiltà contadina a quella industriale e post-industriale, nel mondo “occidentale” apparve un’altra realtà, il cosiddetto tempo libero, e con esso anche i pensionamenti in età che può essere ancora piena d’interessi e di vitalità. Il turismo acquistò così nuovo sviluppo. Al suo servizio è cresciuta un’industria dalla dinamica globalizzante, che ha richiesto il coinvolgimento di autorità politiche e di organizzazioni sociali. Vi è stata poi l’introduzione del diritto alle ferie pagate, con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, del 10 dicembre 1948, che all’art. 24 recita: “Ogni uomo ha diritto al riposo, al tempo libero, ad una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e a vacanze periodiche pagate”. Si è così introdotto il turismo di massa. A proposito della Dichiarazione dei Diritti umani, la prossima settimana, proprio il giorno 10, nel 60° anniversario della sua adozione da parte dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ci sarà una cerimonia commemorativa in Vaticano, a cui parteciperà il Santo Padre e il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

La crescente domanda turistica si è tradotta in valori quantitativi, con nuovi aspetti qualitativi, come il numero maggiore di viaggi, realizzati in tempi più brevi, comprendenti, oltre al riposo, magari un programma culturale o sportivo. È diventato così possibile “personalizzare” il viaggio turistico, non solo come dice la pubblicità, ma nella realtà. Negli anni il turismo ha continuato a svilupparsi, fino ai giorni nostri, in cui, anche per la rete e le tariffe low cost, esso ha fatto registrare la cifra record di 903 milioni di viaggiatori internazionali nel 2007, secondo le statistiche dell’Organizzazione Mondiale del Turismo. Tuttavia non dobbiamo ignorare che nelle Nazioni in via di sviluppo e finanche per la maggior parte dell’umanità, la realizzazione del sogno turistico è ancora lontana.

Tempo libero e turismo   

Nelle suddette fasi di crescita, il ruolo assunto dal tempo libero e, in particolare, le opportunità che offre per diventare turisti, sono grandi, con notevoli conseguenze sulle persone, sulle famiglie e sui gruppi sociali, nonché sullo sviluppo delle Nazioni, con influenza anche sull’ecologia, sempre più campo di interesse e attenzione. Si evidenzia altresì la necessità di una condivisione di responsabilità a vari livelli su pianificazione e sviluppo turistico, con benefici che vadano anche alle comunità locali. Il fenomeno turistico, inoltre, non si può considerare una realtà isolata e indipendente dalle condizioni generali in cui si sviluppa la società, ma una realtà trasversale (3) e globale, che tocca vari ambiti e influenza diversi settori. Pensiamo, per es. a quelli delle costruzioni, del trasporto, del commercio, dell’artigianato, dei consumi alimentari, dell’intrattenimento, e così via. E lo stesso avviene per altri ambiti, quali la cultura, l’ambiente – come dicevo -, il patrimonio, lo sport (basti pensare alle Olimpiadi, alle gare automobilistiche o ai campionati internazionali di calcio). Nel turismo sono poi impiegati, a livello mondiale, più di 200 milioni di salariati, il maggior numero – si dice – di impiegati in un dato settore economico.

Un “segno dei tempi”

Un fenomeno di questa portata non poteva non suscitare l’attenzione pastorale della Chiesa e del suo Magistero, nella profonda riflessione sui cosiddetti “segni dei tempi”, tra i quali appunto si annovera anche la mobilità umana (4). Difatti, già verso la metà degli anni ’60, il Concilio Ecumenico Vaticano II, con l
a Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, nel capitolo dedicato alla promozione del progresso della cultura, così esortava: “Il tempo libero sia impiegato per distendere lo spirito, per fortificare la salute dell’anima e del corpo; mediante attività e studi di libera scelta; mediante viaggi in altri paesi (turismo), con i quali si affina lo spirito dell’uomo, e gli uomini si arricchiscono con la reciproca conoscenza” (5). L’obiettivo è dunque la fruizione del tempo per lo sviluppo integrale, olistico della persona. Si mira cioè a raggiungere l’uomo per servirlo anche nei suoi bisogni religiosi, o suscitarli in tempo favorevole, raggiungerlo – dicevo – nelle destinazioni turistiche, spesso lontane dall’abituale cura della parrocchia. Questa sollecitudine ecclesiale si definisce “pastorale del turismo”, in cui il termine “pastorale” indica la missione della Chiesa verso la realtà complessa di coloro che creano turismo (come gli operatori e le agenzie), fanno turismo (utenti, e quindi gli stessi turisti), lo accolgono (sono gli abitanti delle località turistiche) e coloro che lavorano in tanti relativi servizi. Tale pastorale, che non va intesa con visione stretta, si fonda principalmente sull’accoglienza. Ciò significa ricevere bene l’ospite, fargli onore, mostrargli di essere disponibili per rendere gradevole e interessante il suo soggiorno, e, poi, facilitargli la celebrazione della fede, se è credente, dandogli occasione di adempiere i suoi obblighi religiosi, informandolo pure o perfino educandolo a sapersi comportare da ospite, nel giusto rispetto della cultura e delle tradizioni locali. L’espressione più alta e profonda dell’accoglienza si ha, per i cattolici, nella celebrazione eucaristica, soprattutto quella domenicale, alla quale possono partecipare tutti, sia la comunità residente che i visitatori. È un momento importante – crediamo – per incontrare le persone legate ai luoghi che si visitano (6).

Una pastorale trasversale

Come il fenomeno turistico anche la relativa pastorale specifica è caratterizzata dalla trasversalità, in quanto sempre più deve dilatare il suo impegno, integrandosi nei settori della famiglia, della scuola, dei giovani, tenendo conto della promozione sociale, della giustizia e della pace. Vi è poi la gestione al meglio dei beni culturali. Non si può inoltre trascurare oggi un altro aspetto trasversale della pastorale, cioè la sua realizzazione ecumenica e nel dialogo interreligioso, mentre non può mancare anche quello fra la Chiesa locale d’origine e quella d’arrivo dei turisti, per una loro efficace assistenza spirituale e, per noi, cristiana. Proprio su questo argomento il nostro Pontificio Consiglio ha realizzato, in collaborazione con l’Assemblea dei Patriarchi e i Vescovi Cattolici del Libano, un Incontro di studio, ascolto e confronto – a cui già mi sono riferito in Nota – sulla pastorale del turismo e dei pellegrinaggi nei Paesi del Medio Oriente e dell’Africa del Nord, che si è svolto a Beirut, nel marzo del 2003. I partecipanti vi sottolinearono, nel Comunicato Finale, che il turismo incoraggia a cercare il dialogo fra credenti, “un dialogo che aiuta la reciproca comprensione e che costituisce un passo importante nel cammino della pace e dell’incontro pacifico fra le civiltà”.

Orientamenti del Magistero

Il primo documento che la Chiesa ha dedicato alla pastorale del turismo si intitola Peregrinans in terra (7), è datato 1969 e offre indicazioni in merito al fenomeno tempo libero e turismo, presentando soluzioni ai problemi di quel momento e aprendo profeticamente la strada per far fronte a uno sviluppo che allora non era del tutto prevedibile. Tali riflessioni, debitamente sviluppate, sono state successivamente raccolte nel documento Chiesa e mobilità umana (8) (1978) e in anni più recenti negli Orientamenti per la pastorale del turismo (9), pubblicati dal nostro Pontificio Consiglio nel 2001. Il nostro Dicastero ha offerto anche due importanti documenti dedicati alla mobilità per motivi di pietà e quindi alla pastorale dei pellegrinaggi. L’uno s’intitola Il Pellegrinaggio nel Grande Giubileo del 2000 e l’altro Il Santuario. Memoria, presenza e profezia del Dio vivente (10). Desidero inoltre qui menzionare i messaggi del Papa e quelli del nostro Pontificio Consiglio per la Giornata Mondiale del Turismo, che ricorre annualmente il 27 settembre. Tali messaggi, che rivelano la sollecitudine della Chiesa per questo particolare settore, possono essere interessanti per voi, in quanto approfondiscono ogni anno un tema d’attualità, scelto dall’Organizzazione Mondiale del Turismo proprio per la specifica Giornata. Vi ricordo gli ultimi in ordine di tempo: nel 2008 il tema è stato Il turismo affronta la sfida del cambiamento climatico; nel 2007 fu considerato Il turismo, porta aperta per le donne; nel 2006 il tema fu Il turismo è ricchezza; mentre nel 2005 furono posti al centro dell’attenzione Viaggi e trasporti: dal mondo immaginario di Giulio Verne alla realtà del secolo XXI.

Tutti questi documenti possono essere scaricati dalla pagina web del nostro Dicastero all’interno del sito Internet del Vaticano: http://www.vatican.va/roman_curia/ pontifical_councils/migrants/index_it.htm

 

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IL TURISMO RELIGIOSO

E vediamo ora in particolare il cosiddetto “turismo religioso”. Se un turista, infatti, mosso da interesse spirituale, sociale, culturale e artistico, si reca in un luogo che si può identificare come religioso, possiamo parlare di “turismo religioso”. Esso fa riferimento cioè alla religione, anche perché fruisce di suoi spazi e oggetti, per cui va analizzato nelle sue diverse sfaccettature che fanno sorgere alcune questioni.

La prima è la distinzione tra pellegrinaggio e turismo religioso.

Quanti si fanno pellegrini lo sono per motivazione religiosa, desiderano conoscere cioè i luoghi dove è conservata la memoria di un santo o di un evento religioso straordinario, un miracolo, un’apparizione, una lacrimazione. L’interesse sociologico e culturale, invece, spinge il turista a conoscere i luoghi che hanno plasmato (o ancora lo fanno) significativamente società. È turismo religioso questo? In certo senso sì, ma non è pellegrinaggio. Anche l’interesse per l’arte porta pure a visitare i tanti tesori artistici e sacri sparsi nel mondo, e di cui l’Europa detiene una gran parte, in quanto il 60% del suo patrimonio culturale e artistico è religioso. È turismo religioso? Non lo penso, ma certo non è pellegrinaggio. Comunque per noi cattolici, le cattedrali, le chiese, i santuari, i dipinti e le sculture, come altri oggetti d’arte sacra, costituiscono un punto di riferimento e un richiamo visibile ai valori spirituali e agli ideali del Cristianesimo. Lo sono anche le feste patronali, che fondono cultura, tradizione e religione, e sono al tempo stesso occasioni di grande attrazione turistica. Esse però possono avere un forte impatto mistico e gioioso. E penso alle Giornate Mondiali della Gioventù, l’ultima delle quali si è tenuta quest’estate in Australia, con carattere festivo, religioso ed ecumenico. È turismo religioso questo? Non lo direi, poiché è pellegrinaggio pur con aspetti che possono essere anche turistici, e altresì con buon ritorno per l’economia del Paese ospitante.

In ogni caso, in occasione del Congresso internazionale sul turismo culturale e religioso, svoltosi nell’aprile scorso in Portogallo, fu evidenziato che il turismo e le religioni condividono l’uso di uno stesso patrimonio culturale. Perciò è necessario mantenere vivi la relazione e l’interesse fra il patrimonio, la religiosità, la cultura e il turismo, in una dialettica costruttiva, tesa a un più elevato sviluppo in umanità. È importante quindi che gli operatori turistici tengano conto delle caratteristiche specifiche dei monumenti e dei santuari affinché le visite a questi spazi rispettino il senso originale, evitando la turistific
azione
(11), pur riconoscendo la distinzione tra pellegrinaggio e turismo che potremmo anche dire religioso.

I viaggiatori, dunque, qualunque sia la disposizione che li porta a itinerare per orbem terrarum, a essere cioè itineranti che visitano luoghi d’interesse religioso, hanno occhi per vedere, intelligenza per capire e cuore per amare, almeno nell’espressione dell’ammirare. Quanto dura l’ammirazione? È stato calcolato che in media un visitatore rimane 6 minuti in una chiesa: un tempo breve, di passaggio, quasi fuggitivo, ma che ugualmente – credo – lascerà un segno, più o meno profondo, secondo anche l’accoglienza che riceveranno. È per questo che l’ospitalità curata e preparata è uno degli aspetti più delicati e necessari della pastorale del turismo religioso.

A questo riguardo faccio riferimento a Papa Paolo VI, del quale è stata trasmessa nei giorni scorsi in televisione una fiction abbastanza discutibile che ha ripercorso le tappe della sua vita. Certamente alcuni di voi l’avranno vista. Ebbene vi riporto alcuni suoi suggerimenti rivolti a un gruppo di turisti, pellegrini e forestieri, in visita alla città di Roma nel lontano 1974, eccoli: “Roma, un viaggiatore intelligente, per conoscerla, per goderla, deve scoprirla. Non è che siano nascosti i suoi monumenti, che riscuotono subito l’interesse e l’ammirazione d’ogni visitatore, sia della Roma antica, sia di quella cristiana, sia anche di quella moderna. Ma Roma … non solo è storia, non solo è arte, non solo è tipo d’una civiltà; Roma è mistero. … qui le voci dei secoli e delle cose, a ben ascoltarle, parlano di fede, di amore e di pace; qui … Cristo … si lascia misteriosamente intravedere. Bisogna saper guardare, saper vedere, saper capire. Allora il soggiorno romano, per breve e affaticato che sia, è, sì, un momento originale, profetico e felice” (12). Troviamo qui la missione ecclesiale nel turismo religioso: fare intravvedere il mistero, aiutare a guardare, a vedere, a capire, vorrei dire ad amare.

L’accoglienza nel turismo religioso

L’accoglienza, umanamente cordiale, al turista, diciamo religioso, nel senso che visita un luogo che è tale, deve includere comunque l’offerta di una chiave di lettura della spiritualità del luogo e dell’evento appunto religioso che ha ispirato l’artista di un’opera d’arte o il costruttore di un edificio sacro. Per alcuni, che non hanno mai sentito parlare di Dio, è forse un primo contatto con la religione. Il nostro obiettivo non è dunque semplicemente quello di far ammirare un pezzo di marmo ben scolpito, come può essere la straordinaria “pietà di Michelangelo” in San Pietro, ma anche di aprire una pista che, pur rispettando la libertà di ciascuno, faccia trovare il senso religioso che l’opera esprime, cioè finalmente il mistero della morte e resurrezione di Gesù, che sta al centro della storia della salvezza. Faccio un altro esempio e lo prendo dalla cattedrale di Chartres, in Francia. È un edificio di pietra con magnifiche vetrate, dove predomina il blu direi paradiso. Non lo si potrà “comprendere” senza considerare la sua base, le sue fondamenta, che sono di ordine teologico, spirituale e mistico. Sono esse che hanno fatto quella meraviglia. È importante conoscere pure il ruolo che un determinato monumento ha avuto in varie epoche (romanica, gotica, ecc.), perché esso è inserito nella vita che lo ha generato e conservato, nel suo “carattere” e nella sua fisionomia.

L’accoglienza, quindi, dei turisti religiosi deve essere fatta da persone fortemente e umanamente motivate, e con sufficienti conoscenze religiose, storiche e artistiche, il che potrà essere completato poi da concerti, mostre, conferenze e visite guidate, supportate soprattutto da materiale informativo storico e culturale. La gente ne è affamata, mi sembra. C’è un ritorno al senso della bellezza che può condurre a Dio, “Bellezza tanto antica e sempre nuova” come scriveva S. Agostino, dicendo di averla amata “troppo tardi”. Gustando l’arte sacra in tutte le sue forme, si possono meglio apprezzare il messaggio e il genio ispiratore che in essa albergano.

La “comprensione” dei luoghi religiosi visitati è importante giacché da essi emergono i valori di una società o di un credo che stimolano almeno la curiosità e portano forse alla riflessione. Si mette così in movimento il confronto su esperienze fondamentali che rimarranno impresse: la mente accoglie, elabora, discerne e acquisisce nuovi dati, e il viaggio diventa esperienza di spessore culturale e religioso a diverso grado. Il patrimonio degli uni diventa allora ricchezza per altri, per tutti, da rispettare e anche tutelare oggi e per il futuro. Il rispetto, poi, per un luogo sacro chiama in causa anche i turisti di buona volontà, di qualunque religione o Weltanschauung, affinché abbiano un comportamento consono alla spiritualità dei siti visitati.

La scelta anche per mete di per sé religiose esige considerazione altresì per le comunità residenti, con propri usi e costumi, le quali sperano anche di migliorare la loro situazione economica grazie all’industria turistica. Ma un turismo di massa da differenti Paesi, concentrato in periodi limitati, può creare problemi di equilibrio con gli autoctoni e anche per il carattere proprio del luogo religioso, con gli spazi circoscritti di un museo e con l’ambiente. In termini tecnici ciò è definito capacità di carico o limite accettabile. Non so se abbiate visto la Basilica di San Pietro in certi momenti per rendervi conto di quel che dico. Inoltre, il luogo religioso suggerisce abbigliamento e atteggiamento consoni e dignitosi. Un’attenzione questa condivisa da tante religioni. Così come per visitare una chiesa cristiana sono indicati abiti convenienti, per entrare in una moschea, quando lo si può fare, è richiesto l’essere decalceati.

Nelle settimane scorse si è svolta a Foggia la 5° edizione della Borsa del Turismo Religioso “Aurea”, con la presenza di operatori nazionali ed esteri. È emerso che il turismo religioso è destinato a crescere, indipendentemente dalla difficile situazione economica attuale che penalizza i consumi di fascia bassa. A livello universale, secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo, nel 2007 vi sono stati 330 milioni di viaggiatori verso luoghi della fede, e nella sola Italia 40 milioni. Inoltre è stato rilevato che i pellegrini in senso stretto ai luoghi religiosi costituiscono il 53% dei visitatori, mentre un bacino di utenza molto più vasto di viaggiatori vi si reca per motivi culturali o anche solo per curiosità.

La comunità di accoglienza

Nell’ospitalità un ruolo importante è svolto dalla comunità residente – ne abbiamo già accennato -, la quale ha la possibilità di attestare come questo luogo, se parliamo per es. di una chiesa, sia ancor oggi vivo e non un’attrazione museale. Lì in genere si riunisce una comunità che vi professa la propria fede e la “abita” con la sua presenza, i suoi canti e le preghiere. Possono essere questi residenti a mettersi a disposizione dei visitatori per illustrare il patrimonio artistico e manifestare in diverse forme l’ospitalità. Ciò non si improvvisa e non è privo di difficoltà, ma richiede soprattutto rispetto per la cultura altrui e giusta fierezza per i valori della propria identità. Facciamo qui riferimento all’apostolo San Paolo, del quale celebriamo quest’anno il bimillenario della nascita, e ricordiamo il suo invito rivolto ai cristiani a realizzare un’accoglienza veramente fraterna: “Accoglietevi perciò gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio” (Rm 15,7).

L’accoglienza, inoltre, necessita di pace, che può nascere proprio dall’apertura verso gli altri, dall’amicizia e dalla solidarietà. Il turismo, specialmente se religioso, può svolgere un ruolo anche nel dialogo tra culture, religioni e civiltà, infatti alcuni incontri non si possono realizzare senza libertà di movimento e senza rispetto per i diritti umani (13).

Collaborazione, professionalità e
sostenibilità

Certamente il turismo religioso deve soddisfare attese molto diverse. Sappiamo per es. che una cattedrale, un santuario, hanno la funzione prioritaria del culto e della diffusione della fede, ma hanno anche un ruolo culturale in rapporto a storia, architettura, simbolismo, archeologia, territorio. Pertanto svolgono una funzione a favore del turismo, che si articola intorno alle componenti curiosità e “panorama”. L’efficienza organizzativa deve così far leva su specifiche competenze proprie delle autorità civili e di quelle ecclesiali, sia cattoliche che di altre religioni. Quanto più queste saranno in grado di collaborare in sinergia e armonia (14), tanto più l’accoglienza dei visitatori risulterà di qualità, attenta alle necessità di ciascuno e fruttuosa per tutti. I vari interlocutori devono quindi comprendere l’interesse, direi la necessità, di lavorare insieme per valorizzare il patrimonio artistico-religioso, senza imporre un’unica visione.

Questa collaborazione responsabile sarà pure attenta a far sì che il turismo sia sostenibile, al fine di poter soddisfare equamente i bisogni e le aspirazioni non solo delle generazioni presenti ma anche di quelle future (15). Tengo in modo particolare a richiamare l’attenzione di voi giovani, che siete chiamati a governare il futuro, su questo impegno per il turismo sostenibile, invitandovi a promuoverlo e appoggiarlo in tutti i modi lecitamente possibili. “Ma non svendiamo i santi (16)”, cioè il nostro patrimonio culturale, apostrofava un Sindaco di una località del Salento a un incontro sul turismo religioso promosso dall’Università di Lecce. Io aggiungo: promuoviamo piuttosto il patrimonio religioso in modo intelligente e coerente, attenti a professionalità ed etica.

Turismo e libertà religiosa

È importante anche ricordare che l’attrazione culturale che l’arte sacra esercita indubbiamente non è proprietà esclusiva della Chiesa, o di un credo religioso, ma patrimonio dell’umanità. Infatti, i mosaici di San Vitale (a Ravenna), le opere contenute nei Musei Vaticani, le Chiese rupestri della Cappadocia, così come il Budda di Giada (in Thailandia), o la Moschea Blu a Istanbul, sono beni universali da ammirare, apprezzare e rispettare. Purtroppo, però, in alcune nazioni vi sono chiese o cappelle o affreschi a carattere religioso, d’interesse storico e artistico, che sono vietati al pubblico per carenza di personale e mezzi o per disposizione delle autorità civili. La pressione “turistica” può rivelarsi quindi un’opportunità per farli aprire e tutelare, con beneficio spirituale ed economico dei residenti.

Colgo questa occasione altresì per farmi portavoce dell’accorata invocazione che ci giunge di frequente da tanti fratelli e sorelle, che vivono in Paesi dove non possono svolgere, come vorrebbero, il loro servizio pastorale o si trovano in situazione di estrema difficoltà a causa dell’intolleranza religiosa, sfociata recentemente anche in violenti fatti di sangue. Essi ci chiedono implicitamente di visitarli per sostenere le loro comunità di fede. In alcuni dei loro luoghi di culto sono custodite memorie della nascita e diffusione del Cristianesimo. È significativo quanto detto recentemente dal vescovo ausiliare caldeo con sede a Baghdad: “Le nostre culture antiche d’Oriente chiamano quelle dell’Occidente per dialogare e arricchirsi a vicenda. Esse diventano dei mezzi per portare alla pace e alla fratellanza universale” (17).

Un forte appello in favore dei fratelli e delle sorelle d’Oriente era stato consegnato a Papa Benedetto XVI, solo un mese fa, al termine dell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi in Vaticano, dai Patriarchi e dagli Arcivescovi cattolici orientali (18). Il viaggio turistico può essere, in questa prospettiva, un mezzo di apertura e di conoscenza molto valido. Anche noi, a nostra volta, possiamo trarre beneficio dalla visita pur turistica in questi luoghi per confrontarci con realtà e convivenze diverse, e certamente è necessaria pure da parte nostra una conoscenza di base della storia e del credo di quanti cristiani non sono, per poterne meglio apprezzare i valori, rispettarne i costumi e le opere dell’arte religiosa, e crescere nel dialogo interreligioso, senza relativismi deleteri.

I monasteri e il turismo religioso

Come per i pellegrini di una volta, le porte di monasteri, abbazie e conventi si aprono ancor oggi ai visitatori, che praticano turismo religioso, o “spirituale” per intenderci. Sono luoghi di pace e serenità in cui riposare e ricaricarsi, spazi inusuali in cui trascorrere una vacanza nella quiete, scandita dal tempo lento della meditazione e dalla semplicità della vita religiosa. Lontani dallo stress cittadino, dall’informazione martellante, dalla corsa frenetica al guadagno o dal correre ai ripari per la crisi finanziaria attuale, in questi luoghi si può apprezzare un turismo anche di breve durata, con offerte varie, dai percorsi di meditazione, al week-end d’insegnamento biblico e liturgico. Spero non pensiate che stia qui a fare propaganda… Si può addirittura beneficiare gratuitamente di un maestro dello spirito, capace di ascolto e di sapiente consiglio. È cosa importante per rispondere a un bisogno essenziale dei nostri tempi: quello di ascoltare e di essere ascoltati. I monasteri, poi, situati in genere in luoghi di grande fascino naturale e ricchi di opere d’arte, magari con antiche biblioteche, sono vere oasi per lo spirito e quindi anche per il corpo (siamo un’unità sostanziale), luoghi dove entrare in contatto con l’Assoluto, l’Altissimo, come diceva S. Francesco.

Anche le chiesette di montagna, segno della devozione popolare, che racchiudono spesso il genius loci, offrono spunto per raccoglimento e preghiera. Ammirando la bellezza della natura che le circonda, ci si può spingere a riconoscerne l’Autore: “I cieli narrano la gloria di Dio, il firmamento annunzia l’opera delle sue mani” (Sal 19,2).

Le Udienze del Vescovo di Roma

Nel nostro “tour” odierno ricordiamo pure gli eventi in Piazza San Pietro, come l’Angelus della domenica e l’Udienza generale del mercoledì, che richiamano un gran numero di turisti e pellegrini, sì anche turisti curiosi. L’accoglienza cerca di soddisfare – come sapete – le diverse esigenze linguistiche, offrendo per esempio un riassunto delle parole del Pontefice tradotto in vari idiomi.

I cimiteri monumentali

Fra gli itinerari del turismo religioso vi è anche la visita ai sepolcri dei grandi della storia. Pensate al Pantheon, che è la Chiesa di Santa Maria ad Martyres, oppure all’Escorial, il Monastero reale di San Lorenzo, e alla Chiesa del Dôme, a Parigi, con il mausoleo di Napoleone. Nelle grandi città, poi, si organizzano pure visite guidate a quei musei a cielo aperto che sono i cimiteri monumentali, che annoverano edicole funerarie e opere scultoree a carattere religioso.

Un richiamo ai pellegrinaggi

In questa nostra presentazione abbiamo tracciato a grandi linee gli spazi del turismo religioso, cercando di delinearlo e distinguerlo dai pellegrinaggi. Ci sono in fondo nella nostra posizione dei motivi teologici ed esistenziali. Il pellegrinaggio è, infatti, cammino di fede, di penitenza, di conversione e di preghiera, ed è espressione comune a tutte le grandi religioni (19).

Invero, fin dai primi secoli del Cristianesimo – come dicevamo all’inizio – il credente ha avvertito l’esigenza di recarsi in pellegrinaggio a un luogo particolarmente significativo per la sua fede, per conoscere e ritrovare le sue radici e seguire le orme degli apostoli. Con il passare del tempo il pellegrinaggio è sempre più cammino di preghiera e di penitenza, e negli ultimi 30 anni ha trovato una nuova vita e un significativo incremento, influenzato anche, dalla seconda metà del XX secolo, dai numerosi viaggi apostolici dei Pontefici Romani che hanno incluso visite ai santuari.

All’origine di ogni viaggio-pellegrinaggio vi è il desiderio di un cambiamen
to, talvolta inconscio, che a poco a poco può portare a impostare le proprie scelte di vita in una prospettiva di fede. In questo itinerario religioso è necessario uscire da se stessi, dalla routine delle abitudini, per incamminarsi verso l’orizzonte indicato dal Signore, come fece Abramo, nostro Padre nella fede.

Ma il pellegrinaggio merita una riflessione approfondita ed estesa che non è possibile fare oggi. Ne abbiamo comunque qui abbozzata la problematica che ho esposto a grandi linee nella differenziazione tra turismo, compreso quello religioso, e pellegrinaggi stessi.

Conclusione

Ebbene, cari amici, siamo arrivati al termine di questo nostro andare.

È stato per me un piacere avere qui l’incontro con voi, impegnati in questo specifico settore in continua crescita ed evoluzione. È un’eccezione al mio consueto procedere, poiché certamente l’impegno mio è a livello nazionale e internazionale. Ma una ecce-zione per quella che fu una Università papale si può fare.

Vi auguro di cercare nuove strade, senza dimenticare le antiche, sfruttando i vostri anni di preparazione culturale e di approfondimento, per far sì che anche attraverso il turismo passino quei valori comuni a culture, lingue e religioni pur diverse. Promuoviamo così e sosteniamo la causa della pace, tanto in pericolo oggi, e della Bellezza. Ricordate quel “La bellezza ci salverà”? Porteremo vantaggio anche alle persone, che sono il nostro fine prioritario, con benefico effetto comunque alle economie dei vari Paesi. Il turismo è in fondo pure indirizzato al bene comune universale, o lo dovrà essere.

Grazie!

(1) Cfr. Motu Proprio Apostolicae caritatis, 19 marzo 1970: AAS LXII (1970) 193-197. Con esso Papa Paolo VI istituì la Pontificia Commissio de Spirituali Migratorum atque Itinerantium Cura alle dipendenze della Congregazione per i Vescovi; successivamente tale dipendenza è venuta a cessare con la Costituzione Apostolica Pastor Bonus sulla Curia Romana, artt. 149-151: AAS LXXX (1988) 899-900, che ne ha mutato il nome. Si tratta cioè ora del Pontifico Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

(2) Cfr. François Bostnavaron, La croissance du tourisme international sera stoppée en 2009, Le Monde, 26 novembre 2008, p. 16.

(3) Cfr. A. Marchetto, Discorso all’Assemblea Plenaria della Conferenza Episcopale Argentina, 8 aprile 2008, People on the Move XXXX, N. 106, aprile 2008, p. 93.

(4) Cfr. Idem, La Chiesa di fronte al turismo “segno dei tempi”, People on the Move  XXXVIII, N. 101, agosto 2006, pp. 149-159. 

(5) Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 7.XII.1965, n. 61: AAS LVIII (1966), p. 1082.

(6) Cfr. Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti in collaborazione con l’Assemblea dei Patriarchi e i Vescovi Cattolici del Libano, Incontro sulla pastorale del turismo e dei pellegrinaggi nei Paesi del Medio Oriente e dell’Africa del Nord, Beirut, Libano, 6-7 marzo 2003.

(7) Congregazione per il Clero, Direttorio Generale per la Pastorale del Turismo Peregrinans in terra, 27 marzo 1969: AAS LXI (1969) 361-384. Papa Paolo VI aveva, infatti, istituito (nel 1967) in seno alla Congregazione per il Clero un Ufficio con il compito di assicurare l’assistenza religiosa a tutte le persone coinvolte nel fenomeno turistico.

(8) Pontificia Commissione per la Pastorale delle Migrazioni e del Turismo, Lettera circolare alle Conferenze episcopali Chiesa e mobilità umana: AAS LXX (1978) 357-378.

(9) Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Orientamenti per la Pastorale del Turismo (29.06.2001): L’Osservatore Romano, Suppl. al N. 157 (42.795), del 12 luglio 2001.

(10) Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Il Pellegrinaggio, nel Grande Giubileo del 2000, People on the Move XXVII, N. 78, dicembre 1998, pagg. 1-28; L’Osservatore Romano in Inserto tabloid, 30 aprile 1998, e Il Santuario. Memoria, presenza e profezia del Dio vivente, 8.05.1999: L’Osservatore Romano, N. 119 (42.156) del 26.05.1999, inserto.

(11) Cfr. Congresso Internazionale sul Turismo Culturale e Religioso, Conclusioni, Póvoa de Varzim, Portogallo, 22-24 aprile 2008: www.congressoturel.org

(12) Paolo VI, Angelus, 14 luglio 1974, Insegnamenti di Paolo VI, XII (1974), Tipografia Poliglotta Vaticana, pp. 662-663.

(13) Cfr. Conferenza Internazionale su Dialogo fra le religioni, le culture e le civiltà, Rapporto conclusivo, Cordoba (Spagna), 29-31 ottobre 2007: www.unwto.org

(14) Cfr. Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Orientamenti per la Pastorale del Turismo (29.06.2001), op. cit., n. 33.

(15) Cfr. Organizzazione Mondiale del Turismo, Codice Etico Mondiale per il Turismo, 1999, art. 3,1: www.unwto.org

(16) Università di Lecce, Incontro internazionale I viaggi dell’anima, cultura e territorio, Vaste Poggiardo, Lecce, Italia, 6-7 ottobre 2006.

(17) S.E. Mons. Shlemon Warduni, Vescovo ausiliare del Patriarcato Caldeo di Babilonia, Baghdad (Iraq), Intervento ad Aurea, Borsa del Turismo Religioso, Foggia (Italia), 20 novembre 2008: Radio Vaticana – Radiogiornale, 11 marzo 2008.

(18) Sinodo dei Vescovi, XII Assemblea Generale Ordinaria, Appello per l’Oriente alla comunità internazionale, 24 ottobre 2008: L’Osservatore Romano n. 250 (44.990), 25.X.2008, p. 1.

(19) Cfr. A. Marchetto, Presentazione del volume  Les pèlerinages dans le monde à travers le temps et l’espace, di Jean Chélini e Henry Branthomme (Roma, Centre culturel Saint Louis de France, 17/02/2005), People on the Move XXXVII, N. 97, Aprile 2005, pp. 57-66.

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ZENIT Staff

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