La Santa Sede alla 48ª Conferenza internazionale sull'educazione dell'Unesco

L’educazione deve essere garantita a tutti

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CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 4 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo dell’intervento pronunciato il 26 novembre dall’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra, alla 48ª Conferenza internazionale sull’educazione promossa dall’Unesco.

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Signor Presidente,

1. La Delegazione della Santa Sede concorda pienamente con il tema di questa 48ª Conferenza Internazionale sull’Educazione secondo cui il cammino verso un futuro di coesistenza pacifica, di rispetto reciproco e di arricchimento attraverso la conciliazione dei doni di differenti culture e tradizioni comincia «dall’educazione di tutti». Questa educazione tiene conto delle esigenze di ogni persona e in particolare delle esigenze dei poveri e dei più vulnerabili, di persone con disabilità, di giovani che abitano nelle zone rurali e in quelle urbane degradate, di giovani e adulti senza alcuna discriminazione.

Una società veramente inclusiva richiede un’educazione parimenti inclusiva. La modalità proposta risponde alle aspettative della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, di cui celebriamo in questi giorni il 60º anniversario e che afferma: «Ogni individuo ha diritto all’istruzione… L’istruzione deve essere indirizzata  al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza,  l’amicizia  fra tutte le nazioni, i gruppi razziali e religiosi  e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta dell’istruzione da impartire ai loro figli» (Art. 26).

Signor Presidente,

i bambini e i giovani hanno varie esigenze di apprendimento. Inoltre, per esempio, in diverse aree geografiche, ragazze e donne hanno bisogno di politiche specifiche e di piani efficaci per le pari opportunità e l’integrazione sociale. In particolare gli Stati sono chiamati a svolgere il compito dell’integrazione e trovano indicazioni chiare nella cornice normativa internazionale sui principi da concretizzare e sugli obiettivi da raggiungere. In altre parole, tutte le nazioni del mondo e le loro agenzie specializzate devono impegnarsi  per «lo sviluppo integrale dell’essere umano, il progresso economico e sociale e lo sviluppo  di tutti i popoli».(1). Tutte le nazioni  sono chiamate a riconoscere «che la persona umana è il soggetto centrale del processo di sviluppo e che pertanto le politiche per lo sviluppo devono fare dell’essere umano il principale partecipe e beneficiario dello sviluppo» (2) Questo tipo di approccio «umano» e «integrale» dovrebbe informare di sé le politiche e i progetti volti a raggiungere il secondo degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio:  l’educazione primaria universale (iii, 19). Sono stati compiuti molti progressi. Tuttavia, nell’Africa sub-sahariana circa 38 milioni  di bambini in età scolare non frequentano ancora la scuola.  In tutto il mondo,  nella maggior parte dei campi profughi e dei centri di detenzione l’educazione dei bambini e dei giovani resta piuttosto inadeguata. Il Rapporto della Commissione Mondiale su Cultura e Sviluppo «La nostra diversità creativa» continua a dimostrarsi autentico: «In un mondo segnato dalle diseguaglianze, le sfide dell’educazione per i bambini vittime ed emarginati  richiedono approcci flessibili. L’educazione dovrebbe  raggiungere  chi non è ancora stato raggiunto e integrare gli emarginati» (3).

2. In particolare oggi la via verso l’integrazione favorisce lo sviluppo. Sebbene un’economia basata sulla conoscenza dia accesso a un impiego decoroso, è ancor più importante promuovere la coesione sociale, l’accettazione e l’apprezzamento reciproci nella diversità. La delegazione della Santa Sede condivide un approccio inclusivo all’educazione poiché non «relega la cultura nella posizione sussidiaria di mera promotrice di crescita economica» (4), ma dispone la persona all’incontro con gli altri e a tutte le aspirazioni del cuore umano: “Uno sviluppo separato dal suo contesto umano o culturale  è uno sviluppo senz’anima”»(5).

La Dichiarazione sull’Educazione Cristiana del concilio Vaticano ii afferma: «Tutti gli uomini di qualunque razza ed età,  in forza della loro dignità di persona hanno il diritto inalienabile ad una educazione, che risponda alla loro vocazione propria e sia conforme al loro temperamento, alla differenza di sesso, alla cultura e alle tradizioni  del loro paese, ed insieme aperta ad una fraterna  convivenza  con gli altri popoli, al fine di garantire la vera unità e la vera pace sulla terra». (6)

Nell’esperienza della Chiesa cattolica questo approccio inclusivo si traduce in migliaia di scuole, università e altre istituzioni educative, presenti in aree rurali e in centri urbani.

3. L’integrazione opera attraverso la promozione di una società che rispetta la dignità di ogni persona umana e va oltre i criteri  di efficienza. L’attuale crisi finanziaria è una lezione concreta: solo la persona  che concepisce i rapporti con gli altri al di là dei criteri  di produttività e controllo  può valutare la realtà con equilibrio e assumersi la giusta responsabilità. Questo tipo di educazione può contribuire a formare individui e nuove generazioni alla partecipazione sociale, alla solidarietà, al superamento dell’esclusione e alla comprensione critica della realtà. Al contempo, un’educazione inclusiva  implica una pluralità di agenzie e attori educativi, tutti guidati dal principio di sussidiarietà che genera una sinergia fra famiglia, insegnanti, professori ed educatori, giovani stessi, organizzazioni non governative, chiese, comunità religiose e altre persone che, in modi differenti, contribuiscono al processo formativo. Mentre una società più umana e inclusiva dovrebbe prendersi cura dei più vulnerabili, e  l’attenzione delle politiche educative al diritto del bambino è un aspetto significativo di questo principio, la scuola dovrebbe essere un ambiente in cui gli educatori possano rispondere alle esigenze affettive e cognitive del bambino, non solo trasmettendogli nozioni, ma anche rendendosi significativi per i bambini in questa fase delicata  della loro vita. Dunque, gli educatori dovrebbero essere sempre consapevoli del fatto che svolgono il proprio servizio in collaborazione con i genitori, che sono la prima «agenzia educativa» e hanno il diritto e il dovere prioritari di educare i propri figli. Questa confluenza di sforzi è un’applicazione evidente del basilare principio di sussidiarietà.

4. Un altro obiettivo centrale di qualsiasi politica educativa dovrebbe essere quello di pensare e organizzare la scuola come un ambiente in cui vari membri della comunità scolastica intrattengano fra loro rapporti positivi. Questa comunità educativa è chiamata a promuovere una scuola che sia un luogo di formazione integrale attraverso rapporti interpersonali basati sul rispetto e l’accettazione reciproci. Da questo punto di vista, l’integrazione non è un’ideologia  che riduce tutte le differenze e perde di vista la situazione della persona concreta, il suo vissuto e le sue esperienze, e questo dovrebbe restare al centro di qualsiasi programma educativo. Di recente Sua Santità Papa Benedetto xvi ha osservato: «Ogni vero educatore sa che per educare deve donare qualcosa di se stesso e che soltanto  così può aiutare i suoi allievi a superare gli egoismi e a diventare a loro volta capaci di autentico amore. Già in un piccolo bambino  c’è inoltre un grande desiderio di sapere e di capire, che si manifesta  nelle sue continue domande e richieste di spiegazioni. Sarebbe dunque una ben povera educazione quella che si limitasse a dare delle nozioni  e delle informazioni, ma lasciasse da parte la grande dom
anda riguardo alla verità,  soprattutto a quella verità che può essere di guida nella vita»(7).

In tal modo, l’educazione inclusiva acquisisce un’altra importante dimensione che favorisce il dialogo tra persone, popoli e culture  nella loro «diversità creativa».

5. In conclusione, signor Presidente, un’educazione inclusiva comprende  tutti i bambini e i giovani nel loro contesto esistenziale e tutte le persone dedite alla loro formazione, che è un processo globale che combina trasmissione di conoscenza  e sviluppo della personalità. Infatti, gli interrogativi fondamentali che ogni persona si pone riguardano la ricerca del significato della vita e della storia, del cambiamento e della dissoluzione, dell’amore e della trascendenza. Al suo meglio l’educazione fornisce a tutti gli strumenti per contribuire  a una partecipazione creativa nella comunità, per riflettere  e dare una risposta appropriata agli inevitabili profondi interrogativi  sul significato, per vivere con gli altri e per scoprire la propria natura e  la dignità intrinseca di creature spirituali.

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1) Assemblea Generale, 1986, Dichiarazione  sul Diritto allo Sviluppo, Risoluzione 41/128, pp. 5.

2) Idem supra nota 1.

3) Rapporto  della Commissione mondiale su Cultura e Sviluppo: «La nostra Diversità Creativa», Unesco, Ctl-96/ws-6, 1996, p.32.

4) Idem supra nota 3, p. 14.

5) Idem supra nota 3, p. 48.

6) Concilio Vaticano ii, Dichiarazione sull’Educazione Cristiana,  Gravissimum educationis, n. 1965, 1.

7) Benedetto xvi, Lettera alla Diocesi e alla città di Roma  sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008.

[Fonte: “L’Osservatore Romano”]

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ZENIT Staff

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