India: al via una missione di pace formata da indù e cristiani

Composta da 150 persone, andrà porta a porta

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NUOVA DELHI, mercoledì, 3 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Il Vescovo incaricato di restaurare la speranza dopo la più grave ondata di violenza anticristiana che ha sconvolto l’India nei tempi moderni spera che la missione di pace che inizierà questo giovedì permetta almeno a migliaia di sfollati di tornare nelle proprie case.

Un comunicato dell’associazione caritativa Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) inviato a ZENIT spiega che decine di migliaia di persone nello Stato dell’Orissa sono ancora troppo spaventate per tornare nei propri villaggi tre mesi dopo che gli estremisti indù hanno ucciso 500 cristiani e distrutto almeno 4.000 abitazioni e più di 100 chiese e cappelle nel distretto di Kandhamal.

In un’intervista rilasciata ad alcuni esponenti di ACS, l’Arcivescovo Raphael Cheenath di Cuttack-Bhubaneshwar ha auspicato che la missione di pace a Kandhamal guidata da funzionari indiani persuada le comunità indù a riconciliarsi con i loro vicini cristiani.

La missione, composta da 150 persone e che coinvolge insegnanti e funzionari sia nell’Orissa che a Nuova Delhi, progetta di recarsi casa per casa per incontrare la gente e fugare le paure suscitate dai militanti indù che dipingono i cristiani come una minaccia allo stile di vita locale, con lo scopo di convertire le persone.

Secondo l’Arcivescovo, la missione offre un raro raggio di speranza, anche perché è composta sia da indù che da cristiani.

“La missione di pace è qualcosa che deve essere fatto – ha affermato –. L’aspetto più promettente è che l’iniziativa è nata non dalla nostra comunità, ma da altri, inclusi altri gruppi religiosi”.

“I progetti stabiliti dai coordinatori della missione si basano sul fatto che il 50-60% degli indù a Kandhamal – e altrove – è estremamente rattristato per ciò che è accaduto e vuole cooperare in ogni modo per riportare la normalità”.

La crisi è scoppiata dopo l’uccisione, nell’agosto scorso, dell’estremista indù Swami Laxmanananda Saraswati, che ha suscitato un’ondata di odio contro cattolici e protestanti.

Contrariamente ad alcune voci secondo le quali le atrocità sono state una reazione spontanea alla morte dell’estremista, è stata predisposta un’iniziativa pianificata con cura in cui gli estremisti hanno spinto gli indù di Kandhamal a prendere le armi contro i loro vicini.

Fino a questo momento, pochissimi cristiani di Kandhamal sono tornati nelle loro case. I funzionari governativi li esortano ad abbandonare i campi di rifugiati.

“Vogliamo disperatamente che la gente possa tornare nelle proprie case, ma perché ciò avvenga deve esserci protezione – ha affermato l’Arcivescovo Cheenath –. Chiediamo alla polizia di rimanere nella regione”.

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ZENIT Staff

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