Colombano, un santo per ricostruire l’Europa cristiana

Intervista a Paolo Gulisano

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ROMA, venerdì, 21 settembre 2007 (ZENIT.org).- È uscito in questi giorni in libreria il nuovo volume del saggista Paolo Gulisano, già autore di diversi volumi sulla storia del Cristianesimo, dal titolo “Colombano un santo per l’Europa” (Ancora, 186 pagine, 15 Euro).

Sul retro di copertina campeggia una frase di Robert Schuman, uno dei padri dell’unità europea: “San Colombano è il santo patrono di coloro che si prodigano per la causa dell’Europa unita”.

Lo scorso anno la Conferenza Episcopale d’Irlanda, terra di origine di san Colombano, portò all’attenzione del Santo Padre la proposta di proclamare san Colombano Compatrono d’Europa e Protettore di coloro che si impegnano alla costruzione dell’unità europea.

Per conoscere la storia e l’attualità di San Colombano, ZENIT ha intervistato l’autore del libro.

Chi era san Colombano?

Gulisano: San Colombano era un monaco irlandese del VI secolo che si fece ambasciatore e testimone del Vangelo di Cristo per tutte le terre d’Europa. Fu poeta, studioso, abate, predicatore, un santo che può essere annoverato tra i fondatori del monachesimo occidentale; fu inoltre, nel vero senso del termine, un santo europeo, il primo grande contributo dell’Irlanda alla comune patria europea.

Colombano a cinquant’anni di età lasciò il suo monastero irlandese e si fece pellegrino attraversando un continente dilaniato da guerre ed eresie, riportandovi la Fede. Alla fine della sua vita straordinaria, l’ultimo desiderio del grande abate irlandese era quello di concludere i propri pellegrinaggi proprio a Roma, sulla tomba degli Apostoli Pietro e Paolo, ma ormai stanco e avanti negli anni, si fermò sull’Appennino piacentino, a Bobbio dove rese la sua anima a Dio il 23 novembre 615, dopo aver edificato un cenobio destinato a diventare un faro di cultura e civiltà per l’Italia e l’Europa, che venne chiamato “la Montecassino del nord”.

Perché “un santo per l’Europa”?

Gulisano: La recente rinnovata consapevolezza dell’importanza dell’identità europea rende la vita e gli scritti di Colombano particolarmente significativi. Ogni europeo dovrebbe attingere ispirazione e coraggio dalle parole di questo pioniere del VI secolo, di lingua irlandese e orientato alla mentalità europea. San Colombano ci richiama anzitutto la questione delle radici cristiane dell’Europa. Da alcuni anni questo tema viene affrontato con crescente decisione e passione dai cristiani del Vecchio Continente, da una Chiesa che ha coscienza del terreno in cui la pianta della Fede gettò i suoi germogli, in un modo che non ha uguali, soprattutto nell’ambito della cultura europea contemporanea che non riesce a fare i conti con sincerità e onestà col proprio passato.

L’espressività più efficace dal punto di vista concettuale, linguistico e culturale del cristianesimo è stata realizzata proprio all’interno di quel tessuto territoriale e culturale che conosciamo come Europa.

Ciò grazie a coloro che potrebbero essere definiti non solo gli evangelizzatori, o i patroni, ma in qualche modo i patriarchi d’Europa. Ai nomi dei più noti di questi, Benedetto da Norcia, Cirillo e Metodio, Martino di Tours, si deve aggiungere quello dell’irlandese Colombano. Un nome certamente meno noto dei precedenti, ma il cui contributo all’edificazione non solo della Chiesa ma della stessa civiltà europea deve essere pienamente ricompreso dalla nostra memoria storica.

Nel suo libro, attraverso la figura di Colombano, emerge anche il grande ruolo, nella storia del Cristianesimo, dell’Irlanda…

Gulisano: Sì, parlo del contributo del Cristianesimo che si sviluppò a partire dal V secolo in una piccola ma significativa parte d’Europa: l’Irlanda, l’ultimo avamposto dell’antica civiltà dei Celti. Colombano affianca l’esperienza spirituale e culturale celtica a quella latina veicolata da Benedetto e a quella slava di Cirillo e Metodio, un’esperienza frutto dell’evangelizzazione operata dall’apostolo degli irlandesi san Patrizio, che non venne custodita gelosamente nell’Isola di Smeraldo, ma messa immediatamente a disposizione dell’intera cristianità attraverso l’opera di figure come Colombano, di monaci e missionari.

Colombano appartiene a pieno titolo alla sua Irlanda, ma anche ad ogni terra e paese che egli attraversò ed amò appassionatamente, senza mai identificarsi totalmente con ognuna: sarebbe difficile attribuirgli il nome di una località, per quanto in Italia – dove almeno una decina di paesi ripetono oggi il suo nome – venga detto San Colombano di Bobbio, e in Francia San Colombano di Luxeuil, per avere egli fondato questi due celebri monasteri. In realtà, la sua azione, che prese le mosse da una fondazione monastica dell’Irlanda settentrionale, Bangor, sita a pochi chilometri dall’odierna città di Belfast, ebbe carattere e importanza europea e fu di altissimo esempio a tutti i santi irlandesi che seguirono le sue orme.

E’ giusto allora richiedere che venga proclamato Compatrono d’Europa?

Gulisano: L’Europa nacque grazie al coraggio di missionari, di pellegrini come Colombano che attraversarono, percorsero, si presero cura e fecondarono terre ferite e desolate. Sulle rovine dell’impero romano fecero sorgere un nuovo soggetto storico, culturale e politico rappresentato dalla Chiesa, e attraverso essa crearono forme di autentica civiltà avendoli fatti diventare patrimonio di cultura e identità di popoli. Colombano, insieme a Benedetto, Cirillo e Metodio, ci ricorda e ci testimonia che l’Europa è nata cristiana, e solo nella misura in cui resterà tale potrà pensare di conservare a pieno le proprie idealità e il proprio apporto originale alla costruzione della nostra civiltà.

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ZENIT Staff

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