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Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!
Rivolgo un cordiale benvenuto a tutti voi, riuniti per far memoria del carissimo Card. François-Xavier Nguyên Van Thuân, che il Signore ha chiamato a sé il 16 settembre di cinque anni fa. Sono trascorsi cinque anni, ma è ancora viva nella mente e nel cuore di quanti l’hanno conosciuto la nobile figura di questo fedele servitore del Signore. Anch’io conservo non pochi personali ricordi degli incontri che ho avuto con lui durante gli anni del suo servizio qui, nella Curia Romana.
Saluto il Signor Cardinale Renato Raffaele Martino e il Vescovo Mons. Giampaolo Crepaldi, rispettivamente Presidente e Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, insieme ai loro collaboratori. Saluto i membri della Fondazione San Matteo istituita in memoria del Cardinale Van Thuân, dell’Osservatorio Internazionale, che porta il suo nome, creato per la diffusione della dottrina sociale della Chiesa, come pure i parenti e gli amici del defunto Cardinale. Al Signor Cardinale Martino esprimo sentimenti di viva gratitudine anche per le parole che ha voluto rivolgermi a nome dei presenti.
Colgo volentieri l’occasione per porre in luce, ancora una volta, la luminosa testimonianza di fede che ci ha lasciato questo eroico Pastore. Il Vescovo Francesco Saverio – così egli amava presentarsi – è stato chiamato alla casa del Padre nell’autunno del 2002, dopo una lungo periodo di sofferta malattia affrontata nel totale abbandono alla volontà di Dio. Qualche tempo prima era stato nominato dal mio venerato predecessore Giovanni Paolo II Vicepresidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace di cui divenne poi Presidente, avviando la pubblicazione del Compendio della dottrina sociale della Chiesa.
Come dimenticare gli spiccati tratti della sua semplice ed immediata cordialità? Come non porre in luce la capacità che egli aveva di dialogare e di farsi prossimo di tutti? Lo ricordiamo con tanta ammirazione, mentre ci tornano in mente le grandi visioni, colme di speranza, che lo animavano e che egli sapeva proporre in modo facile e avvincente; il suo fervoroso impegno per la diffusione della dottrina sociale della Chiesa tra i poveri del mondo, l’anelito per l’evangelizzazione nel suo Continente, l’Asia, la capacità che aveva di coordinare le attività di carità e di promozione umana che promuoveva e sosteneva nei posti più reconditi della terra.
Il Cardinale Van Thuân era un uomo di speranza, viveva di speranza e la diffondeva tra tutti coloro che incontrava. Fu grazie a quest’energia spirituale che resistette a tutte le difficoltà fisiche e morali. La speranza lo sostenne come Vescovo isolato per 13 anni dalla sua comunità diocesana; la speranza lo aiutò a intravedere nell’assurdità degli eventi capitatigli – non fu mai processato durante la sua lunga detenzione – un disegno provvidenziale di Dio.
La notizia della malattia, il tumore, che lo condusse poi alla morte, gli giunse quasi assieme alla nomina a Cardinale da parte del Papa Giovanni Paolo II, che nutriva nei suoi confronti grande stima ed affetto. Amava ripetere il Cardinale Van Thuân che il cristiano è l’uomo dell’ora, dell’adesso, del momento presente da accogliere e vivere con l’amore di Cristo. In questa capacità di vivere l’ora presente traspare l’intimo suo abbandono nelle mani di Dio e la semplicità evangelica che tutti abbiamo ammirato in lui. E’ forse possibile – si chiedeva – che chi si fida del Padre celeste rifiuti poi di lasciarsi stringere tra le sue braccia?
Cari fratelli e sorelle ho accolto con intima gioia la notizia che prende avvio la Causa di beatificazione di questo singolare profeta della speranza cristiana e, mentre ne affidiamo al Signore l’anima eletta, preghiamo perché il suo esempio sia per noi di valido insegnamento. Con tale auspicio di cuore tutti vi benedico.
[© Copyright 2007 – Libreria Editrice Vaticana]