ROMA, lunedì, 23 aprile 2007 (ZENIT.org).- Benedetto XVI, a differenza di Giovanni Paolo II, “rivolge meno messaggi al mondo” e “parla di più alla Chiesa”.
E l’intuizione di Luigi Accattoli, vaticanista del “Corriere della Sera”, espressa venerdì scorso durante una tavola rotonda sulla religione nella stampa organizzata dal Centro Interdisciplinare sulle Comunicazioni Sociali della Pontificia Università Gregoriana (www.unigre.it).
Per Accattoli, che ha confessato di aver letto tutti i discorsi di Giovanni Paolo II “dal primo all’ultimo” e di Benedetto XVI, è chiaro che questo Papa parla soprattutto della fede. “Azzarderei che questo Pontefice tratti di meno i temi mondani e parli più di Dio, di carità e di Gesu”.
Questo si vede, ad esempio, dal fatto che il Santo Padre “riceve più Vescovi e riduce le visite dei politici”.
“Benedetto XVI parla di più alla Chiesa e meno al mondo”, afferma Accattoli, che ha aggiunto: “penso che a un certo punto lui stesso lo dirà”.
Secondo il vaticanista, può accadere che “se si riducono i messaggi al mondo ci sarà anche un minore interesse del mondo ai suoi messaggi”.
Il giornalista si è anche soffermato sull’informazione religiosa e i suoi limiti: “I luoghi comuni dell’informazione religiosa in Italia sui media commerciali sono due: l’eccesso di attenzione alla figura papale e l’interpretazione degli eventi sotto specie politica”.
“In questo momento è evidente l’influenza della seconda di queste chiavi, fino a livelli che potrebbero risultare anche fisicamente pericolosi: vedi scritte sui muri e minacce di morte al presidente della CEI”, ha osservato.
“Al di fuori del Papa e della valutazione politica, la notizia religiosa è utilizzata come materiale di alleggerimento: miracoli, visioni, paranormale, pronunciamenti sulla sessualità. Scontati questi limiti, il livello complessivo dell’informazione è buono e mediamente superiore a quello di altri Paesi”, considera Accattoli, che ha un blog personale (www.luigiaccattoli.it).
Per quanto riguarda il futuro dell’informazione religiosa in Italia, il vaticanista ha concluso sostenendo che secondo lui “si continuerà a parlare del Papa in forma stabile, ma si parlerà ogni volta di meno in chiave politica perché c’è una diminuzione dell’influenza della religione nella politica italiana”.