TOLEDO, martedì, 22 agosto 2006 (ZENIT.org).- Sullo sfondo del V Incontro mondiale delle famiglie, recentemente svoltosi a Valencia, Jaime Antúnez, Direttore di “Humanitas”, rivista di antropologia e cultura cristiana della Pontificia Università Cattolica del Cile, ha svolto un’approfondita intervista con il cardinale Antonio Cañizares, Arcivescovo di Toledo, Primate di Spagna e Vicepresidente della Conferenza episcopale spagnola.
Pubblichiamo di seguito la seconda parte di questa intervista (la prima parte è stata pubblicata il 21 luglio 2006).
Vorrei adesso toccare il tema dell’educazione, in rapporto ovviamente a quello della famiglia. Si tratta di una questione che si va estendendo all’intero mondo iberoamericano. Quando in quei Paesi si parla di ciò che avviene in questo settore in Spagna, si parla di una realtà che è paradigmatica, un modello per il resto del mondo di lingua ispanica. È quindi molto importante conoscere le sue valutazioni su ciò che sta avvenendo in Spagna nell’ambito dell’educazione.
Cardinale Antonio Cañizares: Il progetto culturale che si sta sperimentando in Spagna è più propriamente una “rivoluzione culturale”. Nel settore dell’educazione il Governo socialista attuale e quello precedente rispondono ad un unico progetto. Un progetto culturale che comporta l’instaurazione del laicismo nella società, come criterio e misura di ogni cosa. Per una società in cui Dio non conti, in cui Dio rimanga relegato alla dimensione strettamente privata.
Già nel 1976, poco dopo la morte del Generale Franco, vi era stata una iniziativa in tal senso, da parte del “Colegio de Licenciados y de Doctores”, formulata nei seguenti termini: scuola unica, pubblica, neutra, laica (aggiungeva anche autogestita, ma poi con la crisi e la caduta del Comunismo questo termine era stato soppresso). Il piano è stato portato avanti a partire dal 1982, ma mancava qualcosa per concludere questo progetto, ed in tale contesto si inserisce la nuova legge sull’educazione, la Legge organica di educazione, la LOE, dove chiaramente predomina la ragione del calcolo e per questo grande importanza viene data all’educazione alla convivenza.
L’educazione alla convivenza è semplicemente un’educazione laica che pervade l’intero progetto educativo e che ha tra i suoi elementi fondamentali l’insegnamento dell’educazione alla cittadinanza. Secondo questa impostazione, per il cittadino non conta assolutamente nulla la realtà di Dio, ma conta solo come essa si deve svolgere. Conta solo la ragione strumentale e la ragione del calcolo. Di conseguenza, tutto ciò che è relativo al senso della vita deve scomparire, e si spiega allora come l’insegnamento della religione non possa integrarsi armonicamente nel contesto dell’educazione. Inoltre, in questo modo, la libertà d’insegnamento arriva solo fino ad un certo punto. Perché tutti i centri educativi, siano essi statali o di iniziativa sociale o religiosa, devono impartire questo programma educativo, devono impartire la materia dell’educazione alla cittadinanza, coartando così la libertà di insegnamento. Perché è quindi lo Stato che decide l’ispirazione che deve avere l’educazione.
Io definisco questa situazione in modo schematico: ciò che si sta affermando in Spagna è che non importa che l’uomo sia buono, ma che egli funzioni bene. Una posizione che si fonda su un laicismo radicale, perché la fede rimane nella sfera privata, la fede non ha nulla da dire sul mio rapporto con l’altro, con l’economia, con la politica, ecc. Rimane relegata al mio interiore.
La legge naturale viene sostituita da alcune “regole sulla circolazione”…
Cardinale Antonio Cañizares: Sì, ma queste “regole sulla circolazione” le definisce il potere e nessun’altro. Pertanto ci troviamo di fronte ad un regime totalitario, ad una falsa democrazia. E anche ad una libertà apparentemente aperta, ma che è la libertà del pesce nell’acquario. Il pesce continua a muoversi, sembra avere molta libertà, ma non ne ha affatto.
I Vescovi spagnoli si sono riuniti in plenaria a fine giugno per analizzare la situazione della Spagna. Analisti stranieri molto autorevoli hanno osservato che la Spagna si trova davanti alla possibilità di diventare il primo Paese d’Europa che si “decostruisce”. Qual è il suo parere?
Cardinale Antonio Cañizares: Se la Spagna si disgrega, se la Spagna si frammenta, se la Spagna si “decostruisce”, dovrà cercare altre radici, altre fondamenta per la costruzione di questa nuova Spagna o di qualunque cosa sarà. Quindi le comunità che chiedono una certa autodeterminazione o una autodeterminazione piena, dovranno trovare degli elementi d’identità che non potranno più essere quelli dell’identità cristiana, quella identità che ha unito tutti i popoli della Spagna a partire dal terzo Concilio di Toledo, con San Leandro, nel VI secolo. Dovranno trovare qualcosa che li differenzi, ma che certamente non potrà essere la fede, non potrà essere la radice cristiana, perché questa è stata sempre un fattore unificante.
Le posso chiedere di soffermarsi sulla portata unificante di quel terzo Concilio celebrato nella diocesi primate di Spagna, che lei oggi presiede?
Cardinale Antonio Cañizares: L’ha spiegato bene lo stesso Papa Benedetto XVI, il quale ha detto in un’occasione che il terzo Concilio di Toledo è fondamentale per l’Europa, che a partire da esso inizia in qualche modo a crearsi l’Europa. Perché esso dimostra che è possibile l’unità tra popoli contrapposti, quello visigoto e quello romano, e dimostra anche che è possibile l’unità di credi contrapposti come quelli ariani e quelli fedeli a Roma. E tutto questo all’interno di un’unità di spirito che definisce l’identità della Spagna.
Con l’invasione musulmana, la Spagna subisce una prima “decostruzione”, che però recupera proprio tornando alle radici cristiane. La Reconquista non è esattamente riconquista di territori, quanto riconquista della fede, o meglio, di territori per la fede. E questo è ciò che fanno poi, nel secolo XV, i re cattolici, nonostante le divisioni e i contrasti che esistevano tra i diversi regni – Regno di Castiglia, Regno di Leon, Regno di Aragona, Regno di Navarra, Principati di Vizcaya, Guipuzcoa, Alava – nell’integrarsi in una unità che è l’unità della fede. È proprio per questo motivo che oggi giorno non si vuole parlare dei regni cattolici. È per questo motivo anche che si vuole – da parte di alcuni gruppi – tacere sulle radici cristiane dei primi secoli, come se quella comunità iniziasse ad esistere semplicemente a partire dall’invasione musulmana: è il caso dell’Andalusia.
L’intenzione attuale di rompere l’unità della Spagna, di “decostruire” la Spagna fondata su questa unità di spirito – di cui parlava il Papa Giovanni Paolo II nel suo ultimo viaggio del maggio 2004 – è un qualcosa che sta dietro questo progetto culturale disgregante. Tutto va inquadrato nell’ambito del medesimo progetto culturale.
Eminenza, lei è entrato a far parte del Collegio cardinalizio nell’ultimo Concistoro ed è diventato quindi uno di quei membri della Chiesa chiamati a collaborare più strettamente con il Papa. Ci vuole dire qualcosa sulla persona di Benedetto XVI?
Cardinale Antonio Cañizares: Dico che l’attuale Papa è un uomo di fede, un uomo di Dio, “un grande amico di Dio” usando un’espressione teresiana. È uno che cerca la verità, una verità che è inseparabile da Dio; come a sua volta la verità dell’uomo è inseparabile da questa verità che è Dio. La verità è una costante nel pensiero del Papa Benedetto XVI e lo ha espresso magnificamente nella sua lettera “Deus caritas est”. Potrei dire, sulla base dell’esperienza personale, che il Papa è in u
n certo senso il Papa di quell’enciclica. Lui è così. Se poi ci ricordiamo, quando ha iniziato il suo pontificato, quell’omelia splendida, emozionante – “non ho alcun programma se non quello di fare la volontà del Signore, di non perseguire le mie idee ma quelle di Dio” – tutto questo significa che Dio è l’unica cosa fondamentale, ma non un Dio astratto, bensì un Dio rivelato in Gesù Cristo, fatto carne e crocifisso in Gesù Cristo. Che è amore. E questo è il futuro. Il Papa è quindi un uomo che va sempre all’essenza, a ciò che è più importante.
Quando già nel 1966, da poco concluso il Concilio, scrive un articolo sul vero rinnovamento della Chiesa, dice che esso non si trova nella riforma delle strutture, o nel riconsiderare ciò che noi facciamo della Chiesa, ma nel vedere cos’è che Dio vuole dalla Chiesa, nell’attenzione posta a ciò che Dio vuole. Ci ha detto che la Chiesa si rinnova tornando alla fonte, tornando alla grazia, e quando ha detto poi che la Chiesa necessita di una riforma, ha detto che la vera riforma è quella della purificazione, e la purificazione è quella del sacramento della penitenza, perché è Dio che purifica, è Dio che pota i rami secchi, è Dio che infonde la vita. È sempre la realtà di Dio, l’iniziativa di Dio, la grazia di Dio, l’azione di Dio, non l’iniziativa dell’uomo, non il mio pensiero, non le mie idee. È sempre Dio, appassionato all’uomo, un Dio che va incontro agli ultimi e ai più piccoli.
Chi sono oggi gli ultimi e i più piccoli?
Cardinale Antonio Cañizares: Il Papa Benedetto XVI ha una grandissima sensibilità per i poveri, ma non fa demagogia con la povertà. Si preoccupa della persona e sa anche che la povertà più radicale di cui l’uomo oggi soffre è quella dell’assenza di Dio. Lo ha ripetuto costantemente, in un modo o in un altro, e per questo dice anche, riferendosi all’Europa, che non è possibile uno Stato ateo, che uno Stato ateo si volge contro l’uomo. Dove manca la realtà di Dio – una realtà che conferisce intangibilità alla legge, intangibilità ai principi fondamentali, ai diritti, ecc. – non ci può essere una società libera.
Questo dell’assenza di Dio si pone in stretto rapporto con il problema che vive la famiglia, come lei ha ricordato.
Cardinale Antonio Cañizares: Quando Dio è assente nella famiglia, manca anche quell’abbondanza d’amore, e la famiglia allora entra in crisi, perché o la famiglia è amore o non è nulla. Una riflessione usata dal Papa è che un mondo senza Dio è un mondo infernale, è un inferno. E che a volte l’uomo viene portato all’inferno, riferendosi in quel caso alle questioni sulla vita che anche hanno a che vedere con la fede.
Le viene in mente qualche ricordo o impressione personale sul Papa che vuole riferirci?
Cardinale Antonio Cañizares: Benedetto XVI è un uomo molto semplice. Sebbene si dica sempre che è timido, non è vero, non è timido. È sempre molto attento alla persona. E su questo ricordo diversi aneddoti commoventi che mostrano l’atteggiamento che ha avuto con me sin dal 1987 quando l’ho conosciuto personalmente a Vienna.
Tanto per dirne uno, quando mi hanno nominato Vescovo di Avila, ero Segretario della Commissione dottrinale spagnola, e avevo un appuntamento con lui quattro giorni dopo che la mia nomina fosse stata resa pubblica. Sono stato nominato il venerdì e il martedì successivo avevo udienza da lui. L’incontro era fissato alle dieci meno un quarto. Mi disse il Segretario, monsignor Clemens, se potevo tornare alle dodici perché così il Cardinale Ratzinger mi avrebbe potuto dedicare più tempo. Torno alle dodici e anziché un quarto d’ora di udienza, in dieci minuti abbiamo liquidato la questione che gli portavo io dalla Spagna, e siamo stati fino all’una e mezza da soli a parlare di cosa significa essere Vescovo, a parlare di Avila, di come il Vescovo deve porsi di fronte all’attuale situazione della Chiesa nel mondo.
Questo è il Papa Benedetto XVI, con questa delicatezza verso la persona, sempre attento. I gesti che ha avuto con me li ha regolarmente con tutti, e questo gli viene dall’attenzione verso Dio; non potrebbe essere più attento alla persona e più gentile. È un uomo che non si impone, mai l’ho sentito con un una parola di condanna. Avrà detto che questa dottrina non si pone in linea con la Chiesa, ma questo non è condannare, è difendere l’uomo di fronte alla menzogna. Ho persino assistito ad un caso in cui ad un autore si doveva comunicare, da parte della Chiesa, il giudizio definitivo sulla sua dottrina. L’autore andando disse “vado con grande timore”. “Non avere timore” gli venne risposto. E alla fine disse: “è vero, avevate proprio ragione, ma il Cardinale Ratzinger non ha eguali, per la sua delicatezza, per aver voluto ascoltare le mie ragioni, ecc”. Questo è il Papa Benedetto XVI, campione della verità, ma della verità che ci rende liberi e che si realizza nell’uomo.
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Aug 22, 2006 00:00