GERUSALEMME/BETLEMME, giovedì, 17 agosto 2006 (ZENIT.org).- Seguendo lo spirito di San Francesco d’Assisi, i suoi fratelli di Terra Santa hanno accolto 2.300 persone in fuga dalle loro case in seguito agli scontri fra Libano e Israele.
Una nota emessa giovedì dalla Custodia di Terra Santa ha confermato che, nel recente conflitto, le “Case Nove” – alberghi francescani per alloggiare i pellegrini cristiani – che si trovano a Gerusalemme e Betlemme hanno opsitato rifugiati provenienti dal nord della regione, come Haifa, Nazaret, Acre, Safet o Metula.
“Durante più di tre settimane, dal 20 luglio fino al 16 agosto, la Casa Nova di Betlemme – con quasi 1500 rifugiati – è stata quella che ha portato il peso più
grande nell’aiuto ai tanti bisognosi di accoglienza”, ha spiegato il Vicario della Custodia, padre Artemio
Vítores, Ofm.
Si è trattato di accogliere tante famiglie, “specialmente tanti bambini – libanesi/maroniti residenti nel Nord d’Israele, greci, cattolici, latini e altri – che sono dovuti fuggire dai loro paesi, abbandonando in fretta le loro case, che erano diventate pericolose”.
Questo gesto ha permesso di “dar loro un alloggio, qualche volta a tutta una famiglia in una stanza – a prezzi insignificanti, per aiutarli a superare – nel modo meno traumatico possibile – il loro ‘esilio’”, ha spiegato padre Vítores.
“Mettendo a loro disposizione la struttura, certo, ma soprattutto l’amore unito alla competenza professionale dei lavoratori – tutti arabi cristiani — che hanno visto in loro dei fratelli in difficoltà. Essi si sono fatti il dovere di far sentire i bambini accolti nella ‘propria’ casa, circondandoli di attenzione e di premure, ‘persone importanti’, perché veramente erano in una situazione di grande bisogno”, ha riconosciuto il francescano.
“E’ quello che San Francesco voleva facessero i suoi frati. Lo ricordava il papa Giovanni Paolo II: i frati ‘memori della loro vocazione primaria si sono prodigati nel servizio dei fratelli, sostenendo i poveri e i deboli… per amore di Colui che per primo ci ha amato’”. In questo modo, continuava il Papa, “hanno professato la loro fede e la loro speranza”.
“I ringraziamenti ricevuti dai sacerdoti responsabili di alcuni gruppi di cristiani rifugiati, dai genitori; la partecipazione devota di tanti di loro alla Via Crucis per la strade di Gerusalemme pregando per la pace; ma soprattutto il sorriso dei tantissimi bambini, tutto questo costituisce motivo di speranza per ‘una pace duratura’”, ha riconosciuto.
Con il ritorno dei rifugiati alle loro abitazioni, le “Case Nove” sono ora rimaste deserte.
“Aspettano ora, con premura, l’arrivo di tanti pellegrini, non importa il luogo di provenienza né la fede che li muove. Com’è successo durante tanti secoli, gli alberghi francescani offrono a tutti i pellegrini il ristoro del corpo e dello spirito per poter percorrere – con cuore appassionato – i Luoghi Santi della nostra redenzione, seguendo così le orme di Gesù”, ha poi concluso il francescano.
Uno degli aspetti più caratteristici – e fondanti la loro missione – della plurisecolare presenza dei francescani in Terra Santa, è tutto ciò che è legato all’accoglienza dei pellegrini che vengono a visitare il paese di Gesù.
Dal sec. XIV fino agli inizi del sec. XX, le “Case Nove” sono state praticamente gli unici luoghi di ospitalità per i fedeli cristiani che visitavano la Terra del Signore.
Tuttavia, le “Case Nove” sono state anche, e continuano ad essere, al servizio degli abitanti di Terra Santa, e specialmente dei cristiani.
Ciò è evidente in modo particolare in tempo di guerra e di conflitti e per questo talvolta gli alberghi francescani hanno vissuto circostanze drammatiche.