“Dal 1972 celebriamo la Pasqua nella stessa data con i fratelli ortodossi”

Intervista al presidente della Conferenza Episcopale di Grecia

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SYROS (Grecia), domenica, 30 aprile 2006 (ZENIT.org).- Piccoli segni di unità tra cattolici e ortodossi arrivano dalla Grecia. La celebrazione della Pasqua nella stessa data ne è un esempio.

Frangkiskos Papamanolis, ofm Cap, presidente della Conferenza dei Vescovi di Grecia, Vescovo di Syros e Santorini e Vicario Apostolico dell’isola di Creta, ha spiegato come da 34 anni in Grecia si sia scelto di omologare la Pasqua con i fratelli ortodossi.

In questa intervista concessa a ZENIT, monsignor Papamanolis rivela i rapporti quotidiani dei cattolici greci con i credenti ortodossi e spiega come con l’allargamento dell’Unione Europea il numero dei cattolici sia aumentato del 700%. In Grecia i cattolici non arrivano a rappresentare l’1% della popolazione, e di questi i cattolici di origine greca sono solo il 18%.

La Chiesa cattolica in Grecia celebra la Pasqua insieme ai fratelli ortodossi in tutto il Paese o è una scelta?

Mons. Papamanolis: E’ una scelta che hanno fatto i nostri Vescovi negli anni 1968 – 1972. Il primo a chiedere il permesso alla Santa Sede nel 1968 è stato l’allora Arcivescovo di Corfu’ Mons. Antonio Varthalitis. Ha dato seguito l’ allora Arcivescovo di Atene e Amministratore Apostolico di Tessalonica, Mons. Benedetto Printezis, nel 1970. I Vescovi delle isole Cicladi, di Naxos-Tinos e quello di Syros e di Santorini, vedendo il buon clima che aveva creato questa iniziativa, hanno chiesto anch’essi il permesso alla Santa Sede di celebrare la Pasqua insieme ai fratelli ortodossi, e così dal 1972 la Pasqua la celebriamo nella stessa data con i fratelli ortodossi.

Nell’ isola di Creta però, dove il numero dei fedeli cattolici era ridotto ai minimi termini – circa 60 fedeli a Canea, 4 a Rettimno e una ventina a Hiraklion –, il Vescovo di Syros, che era pure Amministratore Apostolico della Diocesi di Creta, ha lasciato liberi i parroci di optare per l’una o l’altra data. Hanno optato di celebrare la Pasqua nella stessa data di Roma, perché essendo due parrocchie con molto turismo i turisti che partecipavano alle celebrazioni della settimana santa erano moltissimi. A Rethimnon non c’era neppure la messa nel giorno di Pasqua, non avevano sacerdote, la chiesa era semi-distrutta, i cattolici, o meglio le donne cattoliche, erano appena quattro. A Hiraklion c’era il sacerdote e i parrocchiani erano una ventina, mentre i turisti che partecipavano alle celebrazioni era la stragrande maggioranza. A Canea quasi lo stesso. Senza dubbio ora che a Creta i cattolici sono circa 3.500 anime, sparsi in tutta l’isola, bisogna ripensare il caso. E il responsabile Vescovo che lo deve ripensare sono io stesso come Amministratore Apostolico di Creta. Aspetto il momento propizio.

Come si potrebbe unificare la Pasqua con gli ortodossi a livello mondiale?

Mons. Papamanolis: Non vedo come si possa arrivare a celebrare la Pasqua nella stessa data. La Chiesa Cattolica, anche se vuole cambiare il modo di computare la data e decidere di seguire la Chiesa Ortodossa, si separerebbe dalle Chiese della riforma (i protestanti) e dagli anglicani, ecc. L’unica soluzione è che tutti i capi di Chiesa decidano lo stesso modo di computare la data della Pasqua, o scelgano una domenica di Aprile per celebrare tutti insieme la Pasqua.

Il Papa Benedetto XVI ha ricevuto poco tempo fa una delegazione dell’Apostolikí Diakonía e si è mostrato pronto al dialogo con gli ortodossi. Quali problemi e quali vantaggi ha per voi questo dialogo nella vita quotidiana?

Mons. Papamanolis: Il dialogo fa sempre bene. Però che sia vero dialogo e non resti a livello di discussione, dove ognuno dice la sua, cerca di convincere l’altro ad accogliere la sua opinione e poi ciascuno resta dell’idea che aveva prima. E dicendo questo non penso solamente alla Chiesa ortodossa, ma anche alla nostra Chiesa cattolica. Non dubito del fatto che la Chiesa ortodossa abbia molte cose da correggere, ma anche la nostra Chiesa cattolica ha molto da correggere.

Nel Sinodo dei Vescovi del 2001 ho parlato apertamente e molto chiaramente. Per me il problema del dialogo tra le Chiese è un problema di Ecclesiologia. Noi abbiamo dei testi a cui riferirci, sono i documenti del Vaticano II. Se passasse nella prassi quello che hanno decretato i Padri del Vaticano II, ora avremmo fatto passi enormi verso l’unità.

Riguardo ai problemi e ai vantaggi che questo dialogo ha per noi nella vita quotidiana, senza dubbio ci crea dei problemi, ma i vantaggi sono di gran lunga maggiori. Il dialogo, anche se si trasforma in discussione, crea sempre un buon clima nei rapporti interpersonali, che è poi alla base di ogni dialogo.

Nella mia diocesi di Syros, ad esempio, ortodossi e cattolici viviamo in un clima molto armonioso, tanto che dicono che vogliamo creare una chiesa pilota di come vivrà la Chiesa unita. Ne’ io ne’ il mio omologo, Mons. Doroteos, abbiamo mai pensato a questo, ma se questo è il risultato ben venga.

Ieri, nella piccola chiesetta di Rettimnon, nella mia diocesi di Creta, di cui sono Amministratore Apostolico, alla fine della Messa Pasquale, con grande sorpresa del celebrante e dei fedeli, sono entrati il Vescovo Ortodosso di quella città, Mons. Anthimos, con il suo Vicario Generale e il Prefetto della Provincia di Rettimnon. Finita la Messa hanno chiesto al sacerdote celebrante di rivolgere gli auguri pasquali ai fedeli, cosa che hanno fatto, e loro, pur essendo ancora nella domenica delle Palme come ortodossi, hanno cantato il “Χριστός Ανέστη» (Cristo e’ risorto”).

Alcune parrocchie cattoliche greche hanno più fedeli non greci che autoctoni. Fa ancora parte della mentalità del cittadino greco pensare che essere greco significhi essere ortodosso?

Mons. Papamanolis: Sì, non solamente alcune parrocchie hanno più “stranieri” che autoctoni, ma in tutta la Chiesa cattolica in Grecia i non greci sono la maggioranza. Noi cattolici greci siamo una minoranza del 18% circa all’interno della Chiesa cattolica in Grecia.

Riguardo alla sua domanda se è ancora nella mentalità del cittadino greco pensare che essere greco significhi essere ortodosso, sfortunatamente devo dire di sì. L’ anno scorso, in un incontro al Ministero della Pubblica Istruzione e dei Culti della nostra Conferenza Episcopale con dirigenti dello stesso Ministero, una direttrice di una sezione del Ministero ha ripetuto proprio questo. E alcuni anni fa me lo aveva detto il viceministro della Pubblica Istruzione e dei Culti. Si immagini che cosa può pensare il popolo.

Quale sarebbe secondo lei la maggiore sfida dei cattolici greci, e in che modo la Chiesa universale può dare un mano in questo?

Mons. Papamanolis: La sfida maggiore in questo momento è incorporare i nostri fratelli cattolici che sono venuti da oltre i confini della Grecia, che ci hanno procurato un 700% (settecento per cento) di aumento del numero. A causa dell’apertura dei confini tra gli Stati membri dell’Unione Europea sono affluiti i fratelli dall’ovest. A causa della caduta del comunismo sono affluiti i fratelli dal nord, specialmente polacchi e albanesi. A causa dell’instabilità di pace nel Vicino Oriente sono affluiti i fratelli dall’est, e in parte dall’Africa.

Questo aumento è stato repentino e improvviso e ci ha trovati impreparati a metterci a suo servizio, specialmente in questo periodo in cui da una parte la mancanza di vocazioni sacerdotali e religiose si fa sentire acutamente, dall’altra non riusciamo a far comprendere il nostro problema a chi potrebbe, o anche dovrebbe, aiutarci.

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ZENIT Staff

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