Benedetto XVI ha riproposto come decisivo l’avvenimento cristiano

Monsignor Luigi Negri commenta il primo anno di Pontificato di Benedetto XVI

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ROMA, venerdì, 28 aprile 2006 (ZENIT.org).- “La forza e l’amabilità di Benedetto XVI sta nell’aver riproposto come decisivo l’avvenimento cristiano”, ha detto, in una intervista concessa a ZENIT, monsignor Luigi Negri, Vescovo di San Marino-Montefeltro, nel commentare il primo anno di Pontificato di Benedetto XVI.

Quali sono le linee fondamentali di questo pontificato?

Monsignor Negri: Innanzitutto quella che ho richiamato tante volte alla mia Diocesi. Una particolarissima vibrazione umana, affettiva, del Papa, che tutte le volte si offre e si propone alla vista e all’incontro con la gente: la sua amabilità. Riesce a fare amare il Mistero cristiano che porta. Riesce a farlo amare perché è evidente che il Mistero di cui è testimone e annunciatore costituisce la felicità profonda della sua vita, ed è quindi quella imperturbabile serenità che l’uomo di fede ha sempre di fronte alla vita. Perciò noi stiamo imparando ad amare il Mistero cristiano, ad amarlo come l’esperienza sostanziale della vita. Dentro questa amabilità, direi, è la sua forza, la forza con cui ha riproposto come decisivo l’avvenimento cristiano. Inoltre, e la cosa mi ha molto stupito, il perimetro di questo insegnamento è totalmente inserito nel perimetro del magistero di Giovanni Paolo II. E’ come se Benedetto XVI stesse aiutando la Chiesa, da un lato ad amare il Mistero di Cristo e dall’altro a comprendere più approfonditamente i contenuti che di questo stesso Mistero aveva già dato Giovanni Paolo II.

Eccellenza, crede che questo sia anche il segreto di quel fascino che esercita sui giovani?

Monsignor Negri: Il segreto del suo fascino presso i giovani è legato anche a qualcosa che è nei giovani. Incredibilmente, se si pensa a tutto quello che normalmente si scrive dei giovani a livello sociologico, c’è qualche cosa nei giovani che ha reso possibile questo incontro e gli ha dato una particolare vibrazione. E’ che in fondo Benedetto XVI è un grande insegnante; e un ragazzo, a una certa età della vita, ha bisogno di un insegnante, che gli insegni a vivere, e gli insegni a vivere attraverso le cose concrete.

Uno dei primi pronunciamenti con cui Benedetto XVI si è presentato è stato l’invito a superare il relativismo, come nemico fondamentale della vita e della fede.

Monsignor Negri: Il Papa ci parla di un duplice livello che ha individuato con estrema chiarezza: il relativismo come espressione della debolezza e quindi della crisi della ratio. E qui siamo in uno dei grandi riferimenti della Fides et ratio. La crisi della ragione, che fa seguito alla ipertrofia moderna della ragione, è appagata dal fatto che allora, piuttosto che certezze, è meglio l’equiparazione tra tutte le incertezze. Per salvare così la tolleranza, quella convivenza strana, estrinseca e individualistica, di gente che non vuole interferenze nella propria vita privata.

Ma il Papa ha anche chiarito che il relativismo copre una volontà di totalitarismo. Per questo pseudo-relativismo, in cui tutte le posizioni sarebbero uguali, ci sono alcune posizioni più degne delle altre, e sono le posizioni che detengono il potere, soprattutto il potere mass-mediatico. Per cui, alla fine dei conti, chi decide ciò che è veramente relativo e ciò che invece è meno relativo? Chi si mette a custodia di questo sistema relativista? I Mass-media, che servono sostanzialmente sempre la parte vincente, la forza, quindi la parte che in qualche modo si vuole imporre.

Da questo punto di vista il Santo Padre ha indicato anche un programma contro il relativismo, quando ha parlato di “valori non negoziabili”.

Monsignor Negri: Certamente. Che una persona dica libertà religiosa, capacità di presenza nella vita sociale, è il dischiudersi, potremmo dire con Giovanni Paolo II, della missione. Come un popolo che testimoni la novità della vita in tutti gli aspetti e in tutte le dimensioni dell’esistenza. Questa è la Dottrina sociale compiuta, la Dottrina sociale vissuta, che è la salvaguardia di tutte le capacità di operosità .

Lei ha detto spesso che in questo frangente è necessaria un’alleanza tra il popolo della fede e il popolo della ragione. Qual è secondo lei la risposta attuale degli uomini della ragione?

Monsignor Negri: La risposta di certi uomini della ragione a questa proposta di Benedetto XVI, si può riassumere in fondo nella grande espressione giovanpaulista: che è meglio credere che non credere; che è meglio vivere credendo che non credendo, come diceva Paolo VI. Che l’ipotesi che Dio esista è una ipotesi più positiva del fatto che Dio non esista. E’ al dilatarsi del merito di questo dialogo che è legato il futuro, non solo del Paese, ma probabilmente, come dice il Presidente del Senato Pera, il futuro della civiltà.

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ZENIT Staff

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