ROMA, mercoledì, 12 aprile 2006 (ZENIT.org).- E’ trascorso quasi un anno da quando Benedetto XVI è stato eletto Vescovo di Roma e già ci si interroga su quali siano i gesti e le parole che hanno caratterizzato finora il nuovo Pontificato.
Per rispondere a queste domande ZENIT ha voluto intervistare Andrea Tornelli, vaticanista de “Il Giornale”, nonché autore di numerosi libri, tra cui “Benedetto XVI, il custode della fede” (Edizioni Piemme, 235 pagine 12,50 Euro).
E’ passato un anno dall’elezione a Pontefice di Benedetto XVI. A suo avviso, quali sono le principali differenze con il Pontificato di Giovanni Paolo II?
Tornielli: Ci sono delle differenze oggettive dovute all’età, Ratzinger è diventato Papa a 78 anni, Wojtyla a 58, e alla formazione. Ratzinger è un teologo che viveva in Curia da 23 anni, Wojtyla un filosofo che arrivava da una diocesi. La differenza che mi colpisce di più è il tentativo di Benedetto XVI di far risplendere la luce di Cristo non la luce del Papa, come ebbe a dire all’indomani dell’elezione nel suo messaggio Urbi et Orbi nella cappella Sistina: questo significa ridurre le apparizioni pubbliche del Papa, ad esempio, non facendo più le beatificazioni, e soprattutto introducendo una pratica come l’adorazione eucaristica al termine delle grandi celebrazioni, come avvenuto, ad esempio, alla Giornata Mondiale della Gioventù.
Benedetto XVI ha cambiato anche il modo di governare la Curia: studia personalmente tutti i dossier delle nomine episcopali; ha ripristinato le riunioni dei Capi di Dicastero per discutere temi che gli stanno a cuore; tratta talvolta direttamente, bypassando la Segreteria di Stato, con le Congregazioni, che hanno riacquistato protagonismo. Wojtyla parlava di più con i gesti, Ratzinger con le parole. Wojtyla era espansivo, Ratzinger è più misurato. Wojtyla era più proiettato in una dimensione planetaria, Ratzinger sembra guardare più all’Europa e al rischio che essa perda la sua identità. Ma dal punto di vista dottrinale c’è una continuità assoluta.
<b> Quali saranno le linee portanti del Pontificato di Benedetto XVI?
Tornielli: Io credo che siano il nuovo annuncio della fede cristiana come un avvenimento di salvezza e non come una serie di dogmi, di norme morali, di divieti o di riti: lo si è visto bene a Colonia lo scorso anno. Il dato saliente è quello della gioia, della quale il nuovo Papa parla continuamente. Il cristianesimo è l’incontro con la bellezza, è la possibilità di una vita più vera, più bella, più entusiasmante. Il cristiano non abbandona nulla di ciò che è davvero umano, non deve rinunciare a qualcosa, ma trova una vita più piena.
Come valuta l’Enciclica “Deus caritas est”?
Tornielli: E’ stato un inizio eccezionale. Molti di coloro che vogliono “arruolare” Ratzinger al fine di farne la bandiera per progetti politici tendenti a riaffermare l’identità culturale europea e ad innalzare muri contro l’islam, si attendevano un’Enciclica programmatica contro il relativismo o in favore dell’identità cristiana. Invece il Papa ha spiazzato tutti parlando dell’amore di Dio. Amore e misericordia sono l’altra faccia della parola gioia.
In che modo l’attuale Pontefice cambierà il governo della Curia?
Tornielli: Lo ha detto e scritto più volte in questi anni: la Curia romana si è troppo ingigantita e burocratizzata. Ci sono organismi che per giustificare se stessi devono pubblicare documenti e così aumenta la mole di carta. “Il verbo si fece carta”, recita una battuta che ben s’adatta alla Chiesa dei giorni nostri.
Benedetto XVI, che ha annunciato in un’intervista televisiva di non voler fare molti documenti considerando un suo compito quello di far assimilare il magistero del suo predecessore, non ha pubblicato quest’anno la “Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo” ed ha invece cominciato una ristrutturazione della Curia accorpando due Pontifici Consigli. Immagino che proseguirà con accorpamenti e snellimenti, per liberare energie male utilizzate tra le scartoffie e soprattutto rendere la Curia romana più “leggera” e funzionale.