Coro di proteste contro il paventato stop alle cure intensive per bambini prematuri

Intervista al neonatologo Carlo Bellini

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ROMA, giovedì, 6 aprile 2006 (ZENIT.org).- Ha suscitato molto scalpore l’annuncio a febbraio di un documento elaborato dal Comitato toscano di bioetica e dall’ Ordine dei medici della Toscana che invocherebbe uno stop alle cure intensive per i neonati troppo prematuri, perché considerate una pratica assimilata all’ accanimento terapeutico.

Il documento, annunciato dal professor Giampaolo Donzelli, Direttore della Clinica di medicina perinatale dell’ Università di Firenze, ha prodotto in particolare numerose critiche all’interno del mondo medico e delle associazioni di assistenza ai bambini a rischio disabilità.

Per conoscere le implicazioni etiche e pratiche di un documento di tale genere, e soprattutto verificare come cambia la cultura nei confronti dei bambini nati prematuramente, ZENIT ha intervistato il dottor Carlo Bellini, neonatologo che lavora al Dipartimento Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Universitario “Le Scotte” di Siena.

Il Comitato toscano di bioetica e l’Ordine regionale dei medici hanno chiesto di fermare le terapie intensive per i bimbi nati molto prematuramente e a rischio di disabilità. Qual è il dibattito attualmente in corso in Italia sull’eutanasia e sul non-curare i neonati gravemente a rischio?

Bellieni: Nel febbraio 2006 in seguito a questa presa di posizione di varie società scientifiche italiane, il quotidiano Repubblica titolava “Stop alle cure dei prematuri”. E scriveva: “Niente cure intensive per il neonato di 22-23 settimane, ma solo un accompagnamento dolce alla morte; trattamento intensivo per quello di 24 settimane solo se la rianimazione produce sforzi respiratori spontanei, frequenza cardiaca, ripresa del colorito”.

Come hanno reagito i medici, gli operatori sanitari, la società civile, le associazioni per la vita?

Bellieni: Queste affermazioni hanno colto di sorpresa le società scientifiche i cui Presidenti avevano stilato il documento in questione soprattutto per tre punti: 1) a 23 settimane 4 neonati su 10 sopravvivono, di questi molti avranno varie disabilità; a 24 settimane il tasso di sopravvivenza sale e cala il rischio di disabilità, dunque a 23-24 settimane non siamo per forza davanti a neonati morenti. 2) Chi potrebbe giurare sull’età gestazionale esatta di un feto alla nascita? 3) La prognosi di un neonato resta incerta per mesi. Vari Primari di neonatologia italiani hanno criticato il documento, associazioni mediche e di volontariato e anche rappresentanti delle famiglie degli ex bambini prematuri, indipendentemente dalla propria appartenenza religiosa o culturale, hanno levato un coro di disapprovazione: oltre 250 firme di neonatologi, ostetrici e pediatri sono state raccolte in pochi giorni, con un semplice passa-parola per sostenere apertamente un principio diverso.

Quale?

Bellieni: Che, come dice la lettera aperta che hanno scritto, “non esiste una ‘vita non giusta’, ogni nato ha diritto alle cure, e ogni famiglia di persona disabile ha già dalla nascita diritto alla massima assistenza da parte della Società e dello Stato. Queste cure si devono offrire a chiunque abbia serie possibilità di vita in seguito al nostro intervento, e un neonato dalle 23 settimane di età gestazionale ha serie possibilità di sopravvivere trattandolo come qualunque altro paziente. La missione del medico è sempre quella di curare e la rinuncia a salvare una vita umana in previsione di un ipotetico handicap è sempre una sconfitta”. Questo significa anche che non ci si deve accanire quando non c’è una seria possibilità di sopravvivenza.

Può altresì sorgere il dubbio se sia corretto rianimare questi bambini, conoscendo l’ipotetico rischio che essi dovranno convivere con un handicap.

Bellieni: Qualunque paziente ha diritto ad essere rianimato e assistito nel migliore dei modi, indipendentemente dal suo livello di abilità o disabilità. Anche negli Stati Uniti fu sollevato questo dibattito: è giusto rianimare un bambino Down come si rianimerebbe qualunque altro bambino? E la risposta della Corte Suprema fu: assolutamente sì. In realtà è oltremodo aleatorio stabilire un criterio in questo campo e ogni bambino reagisce a suo modo.

Recentemente hanno fatto molto scalpore le dichiarazioni del Ministro Carlo Giovanardi che ha paragonato la legge sull’eutanasia olandese alla legislazione eugenetica nazista. Qual è il suo parere in proposito?

Bellieni: Che il problema viene da molto più lontano: è un problema antico, e nei secoli c’è sempre stato chi ha definito qualcuno “vita di serie B”. Oltretutto, chi asserisce che la risposta al dolore del neonato possa esserne la soppressione, non si rende conto che oggi abbiamo tali farmaci e trattamenti analgesici che fa inorridire vedere quanto poco questi, invece, vengano usati, come abbiamo mostrato in una recente ricerca nazionale.

Ora, passato il tempo delle discriminazioni razziali o sessuali, non vorrei che invece di aiutare si preferisca in futuro nascondere, censurare, eliminare. Ma i tempi fanno vedere che i sentimenti del popolo stanno cambiando. Bisogna che cambi di conseguenza anche la cultura e si incrementino in maniera importante i fondi che gli Stati destinano alle spese per la disabilità.

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ZENIT Staff

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