Atene, nuova tappa nel cammino ecumenico

Bilancio del rappresentante vaticano alla Conferenza Mondiale sulla Missione e l’Evangelizzazione

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ATENE, domenica, 15 maggio 2005 (ZENIT.org).- La 14ª Conferenza Mondiale sulla Missione e l’Evangelizzazione in corso ad Atene dal 9 al 16 maggio su iniziativa del Consiglio Mondiale delle Chiese (WCC, acronimo in inglese) è diventata una nuova tappa nel cammino ecumenico.

In questa intervista, il capo della delegazione vaticana all’incontro, il vescovo Brian Farrell, L.C., Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, trae alcune conclusioni sull’avvenimento.

Il WCC, nato nel 1948 ad Amsterdam (Paesi Bassi), riunisce 347 Chiese cristiane diffuse in 120 Paesi di tutti i Continenti. La Chiesa cattolica non vi fa parte, ma collabora con esso, tra l’altro, nella sua Commissione dottrinale “Fede e Costituzione”.

La Chiesa cattolica non aderisce al Consiglio ecumenico delle Chiese: come mai ha inviato una propria delegazione ufficiale?

Monsignor Farrell: E’ vero, la Chiesa cattolica non fa parte del WCC (in italiano CEC), ma dai tempi del Concilio intrattiene relazioni stabili con questo organismo. Bisogna ricordare che il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha propri rappresentanti a Ginevra e nella Commissione missionaria del WCC, che ha curato l’organizzazione di questa Conferenza. Anche nell’organismo Fede e costituzione sono presenti dodici teologi cattolici, nominati dal Pontificio Consiglio per l’Unità. Per completare il quadro, ricordo che esiste un Gruppo misto di lavoro tra WCC e Chiesa Cattolica, che dà continuità alla relazione.

Qual è l’atteggiamento del WCC nei confronti della Chiesa cattolica?

Monsignor Farrell: Negli ultimi anni c’è un notevole interesse da parte del WCC verso la Chiesa cattolica. Ma non solo. Come testimonia questa stessa Conferenza, il WCC sta cercando di coinvolgere nelle proprie iniziative il maggior numero di Chiese, comprese le realtà di matrice pentecostale e carismatica.

Qual è lo scopo di questa Conferenza, che per otto giorni ha riunito 600 cristiani da ogni parte del mondo?

Monsignor Farrell: Non è una riunione da cui devono scaturire documenti ufficiali. Si è voluto realizzare un incontro fraterno – a livello mondiale – tra Chiese diverse. In questo senso, la Conferenza è un appuntamento importante, perché favorisce la conoscenza e lo scambio reciproco, la riflessione pacata, il dialogo.

L’obiettivo è stato raggiunto ad Atene?

Monsignor Farrell: Sicuramente. La Conferenza ha offerto a tutti occasioni per incontrare i rappresentanti delle altre Chiese. In particolare, il luogo scelto per questo appuntamento ha reso possibile un’ampia partecipazione da parte ortodossa.

Dunque, il dialogo con gli ortodossi è stato agevolato?

Monsignor Farrell: La Chiesa Ortodossa di Grecia si è impegnata molto per assicurare il buon andamento della Conferenza. E il fatto che questa si svolga per la prima volta in un Paese di tradizione ortodossa non è un semplice dato geografico: riveste un valore simbolico, potenzialmente carico di sviluppi. Per di più, l’appuntamento cade in un momento propizio, a poca distanza dal rapporto finale della Commissione speciale sulla partecipazione ortodossa nel WCC, che ha inteso mettere a fuoco alcuni punti controversi.

Ci sono stati scambi informali con le altre delegazioni?

Monsignor Farrell: Sì, certamente. All’interno e a margine dei lavori della Conferenza abbiamo avuto molti contatti: con la Chiesa Ortodossa Greca e con le altre Chiese e organismi, con cui il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani ha rapporti di studio o collaborazione. Del resto, ogni momento della giornata ha permesso contatti e scambi tra i delegati delle varie Chiese.

Con quale metodo si sono svolti i lavori?

Monsignor Farrell: Rispetto al passato, ci sono state alcune novità. Il tema – Vieni, Spirito Santo, guarisci e riconcilia – non è stato approfondito con relazioni teoriche o sistematiche. Si è preferito un approccio che mettesse in evidenza la dimensione esperienziale, sulla quale poi si è voluto riflettere. Anche gli interventi che si sono succeduti ogni giorno nella tenda delle plenarie, non sono stati lezioni cattedratiche.

In più di un’occasione, si è trattato di contributi offerti in forma dialogica, finalizzati ad aprire prospettive più che a giungere a conclusioni condivise da tutti. Inoltre, si è data grande importanza alle cosiddette sinaxeis, cioè ai numerosi laboratori del pomeriggio nei quali sono stati discussi argomenti specifici. La cornice spirituale di questi scambi e approfondimenti è stata la preghiera, soprattutto l’ascolto della Parola di Dio in piccoli gruppi col metodo della Lectio Divina.

Una sua valutazione conclusiva…

Monsignor Farrell: Questa Conferenza offre la speranza che sulle questioni importanti della missione ci possa essere una convergenza. In un mondo come il nostro in rapida trasformazione, i cristiani sono obbligati a trovare una risposta comune e non cento risposte diverse in rivalità tra loro. Naturalmente, in una Conferenza con presenze così diversificate ci si rende conto della complessità del cammino ecumenico. Ma lo Spirito che guarisce e riconcilia è capace di trovare la via per far crescere la comunione tra le Chiese.

[Intervista raccolta da Giovanni Giuranna, Presidente dell’associazione la “Vigna di Nabot”]

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ZENIT Staff

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