Da una ricerca condotta da ZENIT, risulta che il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace nutre particolare devozione per Francesco di Paola, un santo tanto coraggioso quanto caritatevole.
Nel corso dell’omelia (25 gennaio 2004) per la presa di possesso della Chiesa di San Francesco di Paola ai Monti in Roma, il cardinale Martino aveva ricordato la frase: “Guai a chi regge e mal regge”, che il santo calabrese scrisse nel febbraio del 1447 all’amico Simone Alimena in difesa della gente di Paola, colpita dagli esattori del fisco del Re di Napoli, Ferrante di Aragona.
Di fronte a Ferrante di Aragona il santo spezzò in due una moneta d’oro, che gli veniva offerta per le necessità della sua Congregazione religiosa e ne fece sprizzare fuori Sangue vivo, e guardando fisso negli occhi il sovrano, disse: “Sire, questo è il Sangue dei sudditi che tu opprimi e che grida vendetta al cospetto di Dio”.
“Parole che avrebbero mandato alla morte chiunque, – aveva spiegato Martino – ma il re aveva di fronte un uomo di Dio, un santo dedito al vangelo della carità, che si era fatto coscienza critica e dolente di un popolo impoverito e la voce di tutti gli ultimi, rimasti senza voce, senza storia e senza libertà”.
Il Pontefice Paolo VI in un discorso ai vescovi della Basilicata e della Calabria parlò di San Francesco di Paola, come di colui che “non temette di elevare la sua voce, denunziando apertamente le malversazioni dei potenti”.
Nel 1943 Papa Pio XII, in memoria di una sua miracolosa traversata dello Stretto, lo nominò protettore della gente di mare italiana.
Martino ha sottolineato che il santo ha sperimentato la grotta e il deserto e che “al primo posto nella sua vita troviamo sempre la ricerca di Dio e tutta la sua azione è un invito incesSante a ritornare a Dio”.
Noto per la severità della sua regola, visse cinque anni in una grotta come eremita, Francesco fu inviato dal Papa alla corte di Luigi XI, il re francese che seppur cristianissimo, mancava di senso di giustizia evangelica e della carità.
Luigi XI voleva Francesco vicino a sé per ottenere il miracolo della guarigione. Il santo non gli restituì la salute del corpo, ma quella dell’anima, conciliandolo con Dio. Prima di morire Luigi XI lo nominò direttore spirituale del figlio e del successore Carlo VIII.
Allora, il cardinale Martino concluse l’omelia su San Francesco di Paola ribadendo la sua “spiritualità penitenziale e quaresimale per ritrovare Dio e, in Dio, ritrovare noi stessi: una spiritualità che porta a stabilire una giusta distanza dai beni materiali e a considerarci pellegrini in un mondo che non ci appartiene ma che ci è stato dato solo in uso”.
In una preghiera al santo, il cardinal Martino ha scritto: “O Glorioso San Francesco di Paola, che percorresti strade impervie dell’Italia e della Francia per annunciare ai potenti il Vangelo della Carità, ottienici l’audacia cristiana di proporre alla nostra società moderna, sempre più disorientata e divisa, nuovi progetti di giustizia, di solidarietà, di pace”.