Secondo i dati diffusi dai mass media, la donna di 36 anni, alla ventitreesima settimana di gestazione, è stata colpita da un emorragia celebrale mentre si trovava in vacanza sulla riviera ligure ed è ora in coma irreversibile.

Per decidere come comportarsi, i medici si sono rivolti al comitato etico dell’ospedale. Al centro della discussione la questione se staccare o meno le macchine che tengono in stato di coma la mamma ed in vita il bambino custodito nel suo grembo.

Dopo quattro ore di discussione i sedici componenti del comitato etico, tra cui un sacerdote medico Luca Bucci, hanno deciso all’unanimità di affidare al marito della donna la decisione da prendere.

Il caso ha suscitato un intenso dibattito. Il Ministro della Salute Pubblica, Girolamo Sirchia, ha detto che è “giusto mantenere in vita questa donna e aiutare il piccolo a nascere”.

Il cardinale Tarcisio Bertone, Arcivescovo di Genova, ha invitato i medici dell’ospedale e i familiari della donna “a fare di tutto per salvare la vita del bambino, dal momento che non può essere salvata quella della mamma”.

In una intervista concessa al quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana “Avvenire” (28 gennaio 2005), il porporato ha precisato: “Rispetto le decisioni della famiglia, ma la invito a prendere una decisione che vada a favore della vita”.

“Anche dal punto di vista medico le probabilità sono buone, ci sono già dei precedenti: se non si dovesse staccare la fatale spina potrebbe sbocciare una vita a cui non mancherà la solidarietà dei buoni”, ha così aggiunto.

Padre Gonzalo Miranda, Preside della facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum (APRA), ha detto al “Corriere della Sera” (28 gennaio 2005) che se da una parte “è giusto cercare di salvare comunque una vita”, dall’altra “sarebbe ingiusto e condannabile il contrario”.

Padre Miranda ha raccontato che 4 anni fa è accaduto un caso simile in Spagna. Il piccolo è poi nato ed ora sta bene.

L’onorevole Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita italiano e membro del Comitato Nazionale di Bioetica, interpellato da ZENIT ha dichiarato: “In situazioni come questa, gravate da dolore ed in cui non si conoscono esattamente i termini medici, è doveroso usare molta cautela e comunque manifestare ai familiari i sentimenti di più viva vicinanza”.

“In quanto giurista vorrei sapere prima di tutto se la giovane donna è effettivamente già morta e il suo apparato vegetativo (sistema cardio-polmonare) è tenuto in funzione artificialmente al fine di far proseguire la gravidanza oppure se la morte cerebrale completa, relativa cioè non soltanto alla corteccia cerebrale ma anche al tronco encefalico, non è ancora avvenuta”, ha osservato.

“Nel secondo caso la vita in gioco non sarebbe solo quella del figlio ma anche quella della madre anch’essa da tutelare”, ha quindi chiarito.

“Per quanto poi riguarda la vita del figlio, ricordo che la stessa legge sull’aborto all’art.7 vieta l’interruzione della gravidanza quando vi è una possibilità di vita autonoma del feto e dispone che in ogni caso, se l’aborto avviene egualmente e viene estratto un figlio vivo, bisogna fare tutto il possibile per garantirne la sopravvivenza”, ha spiegato ancora a ZENIT.

“Nel caso in esame non vi è certamente un aborto ma vi è un feto per il quale sembra già ora possibile la capacità di vita autonoma”, ha affermato il Presidente del Movimento per la Vita.

“Poiché si sono già verificati casi di sopravvivenza in gravidanze avanzate come quella del San Martino, in alcuni ospedali, i protocolli prevedono come limite estremo per eseguire l’Ivg (interruzione volontaria di gravidanza, ndr) la 22esima settimana, mentre sembra che il bambino in questione abbia già superato la 23esima”.

“Se anche nel caso di un aborto volontario la Legge richiede di fare tutto il possibile per salvare la vita del feto, ove vi sia anche una marginale possibilità di vita autonoma, a maggior ragione niente deve essere lasciato intentato nel caso in cui non si tratti di un aborto ma di una dolorosa malattia della madre che tuttavia consente al figlio di continuare a svilupparsi anche se sopravviene la morte di lei”.

“Tanto più la spina non deve essere staccata se la morte della madre non è sopraggiunta. Perciò è auspicabile che l’affetto dei familiari e la scienza dei medici possano salvare almeno la vita del piccolo. Il Movimento per la Vita assicura la propria operosa solidarietà e disponibilità”, ha quindi concluso l’onorevole Carlo Casini.