Contro la beatificazione di Carlo d’Austria il timore per una Chiesa, "Madre dei santi"

Intervista al rettore della Libera Università Maria SS. Assunta (Lumsa)

Share this Entry

ROMA, giovedì, 6 gennaio 2004 (ZENIT.org).- Secondo il professor Giuseppe Dalla Torre le polemiche sollevate dalla beatificazione di Carlo I d’Austria (1887-1922) sono frutto di un’epoca segnata dalla secolarizzazione, che guarda con timore ad una Chiesa, come “Madre dei santi”.

In questa intervista rilasciata a ZENIT, il rettore della Libera Università Maria SS. Assunta (Lumsa) spiega come i malumori suscitati dall’elevazione alla gloria degli altari dell’ultimo sovrano della Casa d’Asburgo, nell’ottobre del 2004, siano legati all’ “accusa rivolta a Carlo di essere stato politicamente incapace, quasi che il giudizio della Chiesa riguardasse l’abilità politica e non l’eroicità delle virtù e l’esemplarità della vita cristiana”.

Come mai la beatificazione di Carlo I d’Austria ha suscitato così tanta polemica?

Prof. Dalla Torre: Credo che le ragioni delle polemiche siano state diverse, ma vorrei innanzitutto osservare che delle polemiche si sono avute non solo in occasione della beatificazione. Anche nel passato ve ne furono, a cominciare dagli anni immediatamente successivi alla morte di Carlo, quando si cominciò a parlare di introduzione della causa di beatificazione.

Per quanto attiene al passato, non c’è dubbio che per molto tempo le polemiche sulla causa canonica siano state alimentate da un’opinione pubblica laicista ed anticlericale, diffusa in diversi paesi europei; un’opinione pubblica la quale era sostanzialmente la stessa che impedì a Carlo di portare a termine i suoi progetti di pace all’esterno e di riforme all’interno dell’impero austro-ungarico, e che lo condusse alla perdita del trono, all’esilio, fino alla sua precoce morte in terra straniera.

Morte che, è bene ricordarlo, avvenne anche a causa delle condizioni di estrema difficoltà economica, e di abbandono da tutti, in cui Carlo e la sua famiglia vennero a trovarsi. Si trattò di una pagina che non fece onore alle potenze europee e che rimane tale nel taccuino della storia.

In sostanza contro Carlo si appuntarono gli strali di tutte quelle forze ideologiche, massoneria compresa, che volevano la fine dell’Austria in quanto Stato cattolico e che vedevano nel giovane imperatore quasi l’incarnazione del detestato modello di sovrano cattolico.

Alle polemiche non furono estranei motivi di più basso rilievo, quali il permanere di un atteggiamento culturale ostile di una parte influente dell’opinione pubblica italiana, che per molto tempo mantenne impresso nella memoria il ricordo dell’Austria quale nemico storico dell’Italia.

Ma vi sono state anche ragioni più recenti, che sono apparse con particolare vivacità in occasione della beatificazione. Tra queste l’ostilità alla “politica” delle canonizzazioni che caratterizza il pontificato di Giovanni Paolo II, mal sopportata da alcuni che in essa vedono il rigoglioso manifestarsi, in tempi di secolarizzazione, della Chiesa – per dirla con Manzoni – come “Madre dei santi”; ovvero l’ accusa rivolta a Carlo di essere stato politicamente incapace, quasi che il giudizio della Chiesa riguardasse l’abilità politica e non l’eroicità delle virtù e l’esemplarità della vita cristiana.

Ma si è giunti addirittura all’infondata ed infamante accusa di aver tenuto una vita dissoluta. Voglio augurarmi che questa accusa sia venuta non ad arte, ma per semplice ignoranza storica. Una ignoranza che ha portato a confondere tra Carlo e suo padre, l’arciduca Ottone Francesco, la cui vita conobbe esperienze moralmente riprovevoli. Semmai nel caso si dimostra, ancora una volta, che i santi possono nascere anche da persone meno raccomandabili.

In quali aspetti la spiritualità di Carlo era fuori del comune?

Prof. Dalla Torre: Penso soprattutto nel ricondurre tutta la sua vita quotidiana, sia quella privata e familiare, sia quella pubblica, in una prospettiva di fede. Grazie ad essa Carlo traduceva ogni azione in preghiera ed ogni determinazione in costante sottomissione alla volontà del Signore.

La sua sensibilità per il male che attraversa il mondo lo induceva a porre ogni prova – dalle più piccole fino a quelle più gravi ed estreme – a sconto delle colpe non solo proprie, ma anche degli altri. Particolarmente viva fu in lui, come dimostrato fino agli ultimi giorni della sua vita, la devozione per il Santissimo Sacramento.

La sua vita manifesta anche lo sviluppo di una spiritualità coniugale e familiare non comune, di singolare attualità in un tempo, come il nostro, che ha ridotto matrimonio e famiglia a meri luoghi di utilità personali.

Il miracolo che ha reso possibile la beatificazione è avvenuto in Brasile, terra lontana dal contesto dove visse Carlo d’Austria: c’è una particolare devozione al beato lì?

Prof. Dalla Torre: Non sono in grado di rispondere al riguardo, ma non mi meraviglia una diffusione in altri continenti della devozione al beato. Ciò in ragione della considerazione che, come accade per ogni fedele che ha toccato i vertici della perfezione spirituale ed ha dato esempio di santità, la testimonianza di Carlo non è vincolata ad un luogo, ad una comunità, ad una realtà culturale, ma è potenzialmente diffusiva e naturalmente ha portata universale.

Attraverso l’esercizio delle virtù e un itinerario spirituale di conformazione a Cristo, l’ultimo imperatore d’Austria ha messo in evidenza come a tutti – europei e non – sia possibile emanciparsi dai condizionamenti delle debolezze e dei vizi, realizzare compiutamente la propria umanità ed aspirare alle vette della santità.

Le sembra positivo il fatto che vengano beatificate persone laiche e impegnate nella politica? E per quale ragione?

Prof. Dalla Torre: Il Concilio Vaticano II ha chiaramente richiamato l’attenzione sulla chiamata di tutti i fedeli alla santità: dunque non solo dei sacerdoti o dei religiosi, ma anche dei laici.

E se i beati ed i santi sono proposti dalla Chiesa come modelli da imitare, mi pare del tutto normale, anzi necessario, che vi siano anche beati e santi laici, modelli di una perfezione spirituale conquistata nella vita ordinaria: in famiglia, nel lavoro, nella cultura, nel tempo libero, quindi anche nell’impegno sociale e politico. D’altra parte Paolo VI non definì l’impegno nella politica una più alta forma di carità?

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione